Qualche mese fa, in un’intervista a Tempi, Antonio Funiciello, giornalista, scrittore e responsabile Cultura del Pd, aveva descritto Matteo Renzi alla vigilia delle primarie come un «corpo estraneo» ai leader del partito, che hanno governato il Pd con «un “patto di sindacato” che ha come obiettivo principale il mantenimento del potere conquistato». Sono passati undici mesi da quell’intervista, e adesso il vento soffia decisamente a favore di Renzi, in corsa per la segreteria Pd.
Funiciello, dirigenti storici del Pd come Franceschini, Fassino e Fioroni si sono schierati con Renzi. Che cosa ne pensa?
Mi ricordo quando Tony Blair venne nominato segretario del partito laburista e fece il suo primo discorso a Blackpool nel ’94. Parlando ai delegati disse: «Io lo so che molti di voi stanno con me solo per vincere». Ma non si fece spaventare, non arretrò sulla linea dell’innovazione e scelse i suoi “orchestrali” sulla base di chi era più capace di innovare. Anche noi che siamo con Renzi dalla prima ora, oggi non dobbiamo farci spaventare dalle nuove adesioni di chi sta con lui solo per vincere, ma non dobbiamo nemmeno arretrare sulla linea dell’innovazione e della critica severissima agli ultimi venti anni del centrosinistra.
È risaputo che Renzi voglia correre prima di tutto come premier. Piero Fassino, in un’intervista a Repubblica, conferma il suo appoggio per la corsa alla segreteria, ma lascia intendere che la premiership per ora non è all’orizzonte. Non è che nel Pd si lavora ad un “abbraccio mortale” al sindaco fiorentino, per nominarlo segretario oggi e lasciarlo fuori dalla corsa a premier domani?
Non mi pare che nessuno oggi nel Pd abbia la forza per fare una cosa del genere. Tutti i maggiorenti mi sembrano logori, affaticati e molto indeboliti dalla collezione di sconfitte di questi ultimi vent’anni. Noi renziani vogliamo cambiare il Pd per cambiare l’Italia, e naturalmente per farlo abbiamo bisogno del Pd come strumento di cambiamento democratico del Paese. Finora il Pd non è stato uno strumento di cambiamento, semmai il partito democratico di Pier Luigi Bersani è stato esempio e strumento di conservazione. Vogliamo che Renzi diventi segretario per poi diventare premier, come avviene, d’altra parte, in quasi tutte le democrazie occidentali dove le due figure coincidono: pensiamo a Tony Blair o a Ed Milliband o a José Zapatero.
Si sono rivelati neo sostenitori di Renzi anche l’attuale sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, o quello di Napoli, Luigi de Magistris, e quello di Bari, Michele Emiliano. Non esattamente dei riformisti…
Non c’è alcuna possibilità che la nostra sfida per il cambiamento passi da personaggi come Leoluca Orlando, che è la persona che ha accusato Giovanni Falcone, uno dei simboli su cui si è formata la generazione mia e di Renzi, di cose immonde prima che il giudice venisse ucciso dalla mafia. Noi dobbiamo riformare il servizio giustizia, che funziona molto male in Italia, per i cittadini e per le imprese, per cui non c’è spazio tra noi per la sinistra giustizialista. Non può essere imbarcata nel progetto di cultura liberal democratica che vuole Renzi, e che è incompatibile con la loro cultura massimalista.
Sì, ma intanto pare che Orlando abbia frequenti contatti con i renziani palermitani.
Finché Orlando partecipa al congresso Pd e va a votare nel segreto dell’urna per chi vuole, è una cosa. Il problema che si pone è: sceglieremmo Orlando come referente del nostro progetto? La nostra risposta è no. Ci mancherebbe proprio che noi caricassimo il politico che accusava Falcone. Ecco, quello a lui sarebbe un abbraccio mortale per Renzi.
Anche Emanuele Macaluso, storico esponente della sinistra riformista, si chiede come possano convivere il progetto riformista di Renzi e la cultura massimalista di Orlando &Co.
Voglio garantire a Macaluso, che è un grande maestro, che non faremo mai l’errore di allearci con questi politici, e assicuro anche che ci collegheremo alla grande tradizione della sinistra garantista di cui lui è uno dei più importanti esponenti.