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Referendum acqua, Massarutto: «Ora tariffe più alte, Bersani mi fa pena»

Docente di Economia pubblica a Udine, Antonio Massarutto spiega che cosa succederà dopo la vittoria del sì ai referendum sull’acqua: «Le tariffe aumenteranno, non si faranno gli interventi necessari, si tirerà a campare e resteremo senza depuratori e fognature a norma». E sui politici promotori del referendum: «Ho quasi sempre votato per il Pd: ora Bersani mi fa pena e Di Pietro mi inquieta»

Leone Grotti
26/01/2012 - 8:58
Interni
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«I politici dovrebbero prendere gli argomenti che interessano alla pancia della gente, filtrarli con la testa e il cuore, e restituirli. Nel caso del referendum, hanno preso l’acqua e l’hanno filtrata con un orifizio che è molto vicino allo stomaco. E non cancelli questa frase». Difficile dire se Antonio Massarutto, autore de “Privati dell’acqua? Tra bene comune e mercato” (ed. Il Mulino), sia più arrabbiato o deluso dei risultati del referendum sull’acqua. Professore associato di Economia pubblica presso l’Università di Udine e studioso di politiche ambientali e organizzazione dei servizi pubblici locali, con particolare riferimento al settore idrico e dei rifiuti, Massarutto dipinge a Tempi il futuro prossimo del sistema idrico italiano con tinte fosche: «E’ già stato deciso che le tariffe aumenteranno, non si faranno gli interventi necessari, si tirerà a campare con quello che abbiamo e resteremo con quello che non abbiamo: cioè senza depuratori e fognature a norma, peggio della Bulgaria».

Professor Massarutto, ma se la situazione è come la descrive lei, perché la gente non l’ha capito?
La legge “fai da te” impera sovrana, la classe politica è del tutto delegittimata. La gente è andata a votare pensando che si stesse privatizzando l’acqua, una delle più grandi mistificazioni che si siano mai viste. Poi se la gente non ha capito, forse, è anche un po’ colpa nostra che non siamo riusciti a spiegarlo.

E come mai non si è riusciti a spiegarlo?
Un po’ perché il dibattito è troppo radicalizzato, un po’ perché parlare in termini scientifici è diventato impossibile. Se io spiego in televisione tutte le ragioni e i motivi per cui è assurdo votare “sì”, arriva un Marco Bersani qualunque – che, diciamocelo, è un signor nessuno – a dire l’opposto, che l’acqua verrà privatizzata e che le tariffe saranno più care, senza dare adeguate ragioni, e tutto viene ridotto a scontro di opinione, a doxa platoniana.

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E le cose che dice Marco Bersani non sono vere?
No. Si ragiona sull’acqua come sul calciomercato. Proprio come si chiede al presidente di comprare Ronaldinho, anzi lo si pretende perché tanto lui ha i soldi, così si pretende l’acqua senza dover pagare il servizio e la gestione. Difendendo il pubblico a priori, non lo si incoraggia di certo ad essere efficiente e la visione secondo cui il privato è il male, è assurda. Comunque, fino ad ora abbiamo pagato l’acqua con la fiscalità generale, ora non è più possibile ed è già stato deciso che nei prossimi vent’anni le tariffe si alzeranno. I cittadini, quindi, pagheranno di più anche senza privati. Succede così anche in altri paesi, dove l’acqua è pubblica. La gestione e il miglioramento del servizio idrico costano e qualcuno deve pagare. Ma questo l’elettore non l’ha recepito. I Comuni adesso non miglioreranno il servizio e quando l’Europa ci multerà perché ci sono 143 Comuni che, neanche fossimo in Bulgaria, non hanno fogne e depuratori in regola, i referendari non mi vengano a dire che a pagare non devono essere i cittadini.

Chi investirà i 60 miliardi che servono per sistemare la rete idrica italiana?
Nessuno. Il governo no di certo: già deve tagliare 45 miliardi, dove li va a trovare 60 per l’acqua? Il mercato finanziario poi sa che non vale la pena di investire nell’acqua italiana: ne succedono di tutti i colori. Prima è in un modo, poi si fa una legge e cambia, poi si fa anche un referendum e si torna come prima. Non c’è la stabilità necessaria per investire.

E senza gli investimenti che cosa succederà?
Faccio una previsione a medio termine. Non si faranno gli interventi necessari, si tirerà a campare con quello che abbiamo e resteremo con quello che non abbiamo: cioè senza depuratori e fognature a norma. Se il governo non ci metterà mano, infatti, neanche i governi locali lo faranno perché alzando troppo le tariffe la gente protesterebbe. Dal punto di vista degli affidamenti, con l’abrogazione del 23 bis, poi non cambierà nulla. Non ci sarà più l’obbligo da parte del pubblico di andare a gara con dei privati. Le gestioni in house, che dovevano morire con il decreto Ronchi, rimarranno. Le gestioni già affidate con gara, come in Toscana, resteranno immutate come, secondo me, anche quelle affidate alle società quotate in borsa. Insomma, il gestore locale continuerà a fare quello che vuole, senza alcun tipo di vincolo.

Cosa pensa dei politici che hanno appoggiato questo referendum?
La politica dà uno spettacolo miserevole. I politici dovrebbero prendere gli argomenti che interessano alla pancia della gente, filtrarli con la testa e il cuore, e restituirli. Nel caso del referendum, hanno preso l’acqua e l’hanno filtrata con un orifizio che è molto vicino allo stomaco. E non cancelli questa frase. Dico la verità: io ho votato Pd per la maggior parte della mia vita e vedere Pier Luigi Bersani difendere una cosa in cui non crede, mi fa una gran pena. Lui, fino a dieci mesi fa, sosteneva l’opposto. Vedere invece Di Pietro scagliarsi contro il decreto che nel 1996 lui stesso, da ministro dei Lavori pubblici, aveva firmato a favore della liberalizzazione, mi inquieta.

Tags: antonio massaruttoaumentobersanidi pietroInterniPdprivatopubblicoreferendumtariffe
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