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Il rispetto e la fermezza

«Il matrimonio non è una qualsiasi unione tra persone umane». Alcune importanti considerazioni firmate da Ratzinger (2003)

Francesco Botturi - Peppino Zola
01/02/2016 - 1:00
Chiesa
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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – A fronte delle questioni che ci travagliano in queste settimane, abbiamo riletto un autorevole documento di magistero della Chiesa cattolica, le Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, pubblicata il 28 marzo 2003 dal cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, con l’approvazione di Giovanni Paolo II. Tale atto, tuttora in vigore, contiene alcuni criteri di giudizio e risposte a obiezioni che ci sembrano attuali, chiari e coerenti. Crediamo che sia opportuno riproporli, nei passaggi principali del documento, come aiuto a essere presenti con retta coscienza nella circostanza storico-culturale di questi giorni. Titoli, disposizione e numerazione dei brani del documento sono a nostra cura.

A) Alcune considerazioni sul matrimonio in base alla Rivelazione
1. «L’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla complementarietà dei sessi ripropone una verità evidenziata dalla retta ragione e riconosciuta come tale da tutte le grandi culture del mondo. Il matrimonio non è una qualsiasi unione tra persone umane. (…) Nessuna ideologia può cancellare dallo spirito umano la certezza secondo la quale esiste matrimonio soltanto tra due persone di sesso diverso, che per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, tendono alla comunione delle loro persone».

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2. «Nella Sacra Scrittura le relazioni omosessuali sono condannate come gravi depravazioni (…). Questo giudizio della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di questa anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. (…) Secondo l’insegnamento della Chiesa (…) gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione».

3. Di conseguenza, «in presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali, oppure dell’equiparazione legale delle medesime al matrimonio con accesso ai diritti che sono propri di quest’ultimo, è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva. Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione di leggi così gravemente ingiuste, nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. In questa materia ognuno può rivendicare il diritto all’obiezione di coscienza».

B) Argomentazioni di ordine razionale a carattere legislativo, antropologico e sociale
1. Concezione della legge civile. «Il compito della legge civile è certamente più limitato riguardo a quello della legge morale, ma la legge civile non può entrare in contraddizione con la retta ragione senza perdere la forza di obbligare la coscienza. (…) Le legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali sono contrarie alla retta ragione perché conferiscono garanzie giuridiche, analoghe a quelle dell’istituzione matrimoniale, all’unione tra due persone dello stesso sesso. Considerando i valori in gioco, lo Stato non potrebbe legalizzare queste unioni senza venire meno al dovere di promuovere e tutelare un’istituzione essenziale per il bene comune qual è il matrimonio. (…) Ci si può chiedere come può essere contraria al bene comune una legge che non impone alcun comportamento particolare, ma si limita a rendere legale una realtà di fatto che apparentemente non sembra comportare ingiustizia verso nessuno. A questo proposito occorre riflettere innanzitutto sulla differenza esistente tra il comportamento omosessuale come fenomeno privato, e lo stesso comportamento quale relazione sociale legalmente prevista e approvata, fino a diventare una delle istituzioni dell’ordinamento giuridico. Il secondo fenomeno non solo è più grave, ma acquista una portata assai più vasta e profonda, e finirebbe per comportare modificazioni dell’intera organizzazione sociale che risulterebbero contrarie al bene comune. Le leggi civili sono princìpi strutturanti della vita dell’uomo in seno alla società, per il bene o per il male. Esse svolgono un ruolo molto importante e talvolta determinante nel promuovere una mentalità e un costume. Le forme di vita e i modelli in esse espresse non solo configurano esternamente la vita sociale, bensì tendono a modificare nelle nuove generazioni la comprensione e la valutazione dei comportamenti. La legalizzazione delle unioni omosessuali sarebbe destinata perciò a causare l’oscuramento della percezione di alcuni valori morali fondamentali e la svalutazione dell’istituzione matrimoniale».

2. Problemi antropologici. «Nelle unioni omosessuali sono del tutto assenti quegli elementi biologici e antropologici del matrimonio e della famiglia che potrebbero fondare ragionevolmente il riconoscimento legale di tali unioni. Esse non sono in condizione di assicurare adeguatamente la procreazione e la sopravvivenza della specie umana. L’eventuale ricorso ai mezzi messi a loro disposizione dalle recenti scoperte nel campo della fecondazione artificiale, oltre a implicare gravi mancanze di rispetto alla dignità umana, non muterebbe affatto questa loro inadeguatezza. (…) Come dimostra l’esperienza, l’assenza della bipolarità sessuale crea ostacoli allo sviluppo normale dei bambini eventualmente inseriti all’interno di queste unioni. Ad essi manca l’esperienza della maternità o della paternità. Inserire dei bambini nelle unioni omosessuali per mezzo dell’adozione significa di fatto fare violenza a questi bambini nel senso che ci si approfitta del loro stato di debolezza per introdurli in ambienti che non favoriscono il loro pieno sviluppo umano».

3. Obiezioni e conseguenze sociali. «La società deve la sua sopravvivenza alla famiglia fondata sul matrimonio. La conseguenza inevitabile del riconoscimento legale delle unioni omosessuali è la ridefinizione del matrimonio, che diventa un’istituzione la quale, nella sua essenza legalmente riconosciuta, perde l’essenziale riferimento ai fattori collegati alla eterosessualità, come ad esempio il compito procreativo ed educativo. Se dal punto di vista legale il matrimonio tra due persone di sesso diverso fosse solo considerato come uno dei matrimoni possibili, il concetto di matrimonio subirebbe un cambiamento radicale, con grave detrimento del bene comune (…). A sostegno della legalizzazione delle unioni omosessuali non può essere invocato il principio del rispetto e della non discriminazione di ogni persona. Una distinzione tra persone oppure la negazione di un riconoscimento o di una prestazione sociale non sono infatti accettabili solo se sono contrarie alla giustizia. Non attribuire lo statuto sociale e giuridico di matrimonio a forme di vita che non sono né possono essere matrimoniali non si oppone alla giustizia, ma, al contrario, è da essa richiesto. (…) Non è vera l’argomentazione secondo la quale il riconoscimento legale delle unioni omosessuali sarebbe necessario per evitare che i conviventi omosessuali perdano, per il semplice fatto della loro convivenza, l’effettivo riconoscimento dei diritti comuni che essi hanno in quanto persone e in quanto cittadini. In realtà, essi possono sempre ricorrere – come tutti i cittadini e a partire dalla loro autonomia privata – al diritto comune per tutelare situazioni giuridiche di reciproco interesse. Costituisce invece una grave ingiustizia sacrificare il bene comune e il retto diritto di famiglia allo scopo di ottenere dei beni che possono e debbono essere garantiti per vie non nocive per la generalità del corpo sociale».

C) Comportamenti dovuti
«Se tutti i fedeli sono tenuti a opporsi al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, i politici cattolici lo sono in particolare, nella linea della responsabilità che è loro propria (…). Nel caso in cui si proponga per la prima volta all’Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale». In presenza di una legge favorevole, il parlamentare cattolico «potrebbe legittimamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica, a condizione che sia chiara e a tutti nota la sua personale assoluta opposizione a leggi siffatte (…)».

Ci permettiamo di sottolineare la presenza nel documento di alcuni aspetti da non dimenticare.
Testimonianza. Il documento richiede a tutti e in particolare ai politici e ai parlamentari «un doveroso atto di testimonianza della verità», ove la parola testimonianza assume tutto il suo spessore di impegno privato personale e pubblico istituzionale.
Persona e famiglia. Di particolare importanza la sottolineatura circa «rispetto, compassione, delicatezza» nei confronti di persone con tendenze omosessuali. Le battaglie che si stanno facendo in questo periodo non sono “contro qualcuno”, ma “a favore dell’istituzione” famiglia.
Educazione. Le “considerazioni” richiamano la necessità che i giovani non siano esposti in modo inerme a una concezione erronea della sessualità e del matrimonio. Questa preoccupazione deve allertare tutti circa l’esigenza di mettere in atto una forte proposta educativa da parte delle comunità cristiane, delle famiglie, delle scuole, dei mass-media, qualunque sia l’esito legislativo.

Tags: Benedetto XVIFamigliaGiovanni Paolo IIMatrimonioomosessualità
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