La preghiera del mattino

Questa pericolosa idea che un governo sia espressione del voto popolare

Giorgia Meloni
La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni (foto Ansa)

Sul sito del Tgcom di Mediaset si scrive: «Una brutale aggressione si è consumata davanti alla Stazione Centrale di Milano alle ore 20 di venerdì quando ancora, complice l’estate, la piazza era piena di persone e illuminata dal tramonto. Un giovane, maghrebino, è stato colpito a calci in faccia da un uomo di colore. Le raccapriccianti immagini sono state registrate da una persona presente che ha poi condiviso il filmato sui social. Il video ovviamente è diventato virale».

La cronaca ci riporta al fondamentale dibattito che si è aperto tra due aquile della politica italiana: Chiara Ferragni e Beppe Sala. Con la prima che diceva: «C’è troppo violenza a Milano». Il secondo che commentava: «Non concordo con la Ferragni, ma la stimo». E l’influencer che replicava: «Anch’io stimo Sala, ho parlato solo perché avevo paura». Un confronto significativo che può offrire nuove prospettive alla sinistra italiana.

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Su Startmag Paola Sacchi scrive: «Chiosa Stefania Craxi, senatrice di Forza Italia, presidente della commissione Esteri: “È in atto da parte della sinistra e del suo circolo mediatico una campagna di terrorismo psicologico volta a prospettare chissà quali disastri in caso di vittoria del centrodestra. Tranquilli, non succederà niente”».

Dal 1994 una parte di uomini e donne di sinistra hanno votato per candidati di centrodestra convinti che l’uso unilaterale della giustizia partito con le indagini di Mani pulite avesse man mano consolidato un sistema che tendeva a rendere la sovranità popolare un elemento opzionale, consolidando una tendenza di lungo periodo (si consideri l’antigiolittismo in funzione anti Sturzo e anti Turati) di parte fondamentale dei nostri establishment a rifiutare una vera contendibilità del potere politico, cioè l’essenza della democrazia. La senatrice Craxi assistendo all’ennesima campagna di criminalizzazione – dopo quella contro Silvio Berlusconi, dopo quella contro Matteo Salvini – contro Giorgia Meloni, solo qualche settimana fa osannata perché si distingueva dai leghisti, ritiene che mettere in salvo l’essenza del sistema democratico sia una priorità nazionale. È più “lucida” lei o Renato Brunetta?

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Sulla Zuppa di Porro si scrive: «Oggi i giornali sono incredibili. Ed io che pensavo che Angelo Panebianco fosse, come dicono loro, una persona seria. Oggi mi sveglio e leggo il suo fondo del Corriere in cui dice che queste elezioni sono importanti come quelle del ’48: una scelta di fronte. Ma questi sono tutti impazziti».

L’idea che un governo sia espressione del voto popolare invece che delle opinioni corrieriste (o repubblicone) ha radici molto profonde.

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Su Open si riporta questa frase di Mara Carfagna: «Meloni ha tutto il diritto di proporre la sua premiership: se l’è guadagnata, guida un partito che ha ampiamente sorpassato la Lega e ha il triplo di voti di Forza Italia. A Draghi si è sempre opposta, per molti versi è la più coerente. Ma la sua idea dell’Italia non è la mia. Io penso che l’Italia non debba somigliare all’Ungheria di Orbán, ma alla Germania di Merkel».

Come è noto la Meloni non ha più veri rapporti con l’Ungheria di Viktor Orbán, dai troppi comportamenti ambigui verso Mosca, bensì ha una stretta intesa con la Polonia del Pis (partito del diritto e giustizia) che è la punta di lancia della coalizione filo Kiev e antirussa. Come è noto nessuno in Europa parla più di Angela Merkel, ritenuta responsabile di una politica verso la Russia fatta di cedimenti bottegai e priva di strategia. Forse frequentare troppo il nostro Talleyrand alle vongole, Luigi Di Maio, il nostro lucidissimo ministro degli Esteri come spiega Brunetta, non ha aiutato la Carfagna a farsi una precisa idea di quel che succede nel mondo.

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