Credereste mai che lo Stato dispone di due miliardi e mezzo di euro cash e li tiene in un cassetto? Nel 2008 uno dei primi provvedimenti del governo dell’epoca (nel “pacchetto sicurezza”) è stata la costituzione del fondo unico giustizia (Fug), alimentato dalle risorse liquide confiscate alla mafia, gestito dal Tesoro e destinato per il 49 per cento al ministero dell’Interno e per il 49 cento a quello della Giustizia. Mentre era in carica quel governo, qualche centinaio di milioni di euro è stato erogato a scadenze ricorrenti; nel periodo successivo, su mia sollecitazione, la Ragioneria dello Stato ha riferito che all’inizio del 2012 le risorse del Fug ammontavano a 2 miliardi e 212,88 milioni di euro. Un importo di tutto rispetto.
OSTACOLI E INTOPPI. Peccato che il percorso di utilizzo sia a ostacoli: secondo la stessa Ragioneria, una metà della somma non sarebbe disponibile, in quanto costituita da titoli. E perché mai un titolo finanziario non può essere venduto se è nella disponibilità dello Stato, ricavandone il cash permesso dalle quotazioni del mercato, come può fare qualsiasi risparmiatore? Non basta. Sempre la Ragioneria spiega che dalla metà del totale, sottratti i titoli, non possono conteggiarsi altri 343 milioni: servono per eventuali restituzioni nei casi di revoca delle confische. E infine i restanti 700 milioni possono essere utilizzati solo per spese una tantum, non quindi, per esempio, per compensare i tagli della spending review alle forze di polizia e all’organizzazione giudiziaria.
SERVE UN GOVERNO. È una rinuncia all’esercizio di precise responsabilità, connessa al non voler comprendere che si tratta di uno snodo cruciale nel contrasto della mafia. Rivedere una impostazione così ottusa è un dovere. È però una illusione pensare che possa accadere senza un governo dotato di pieni poteri, rispetto al quale la burocrazia la smetta di fare da freno.