
Su Formiche Biagio De Giovanni dice: «Ma il Pd è fatto solo di correnti, ogni esponente ha una sua corrente. Il problema non è però tanto questo, per me il problema principale del Pd è il fatto che c’è una maggioranza del partito ancora viva, meno di prima, ma ancora viva, che pensa che il suo destino sia l’alleanza con i Cinque stelle. Io ho sempre pensato che il Pd avrebbe avuto una prateria davanti se avesse lanciato un’Opa verso il centro liberale. Naturalmente mantenendo la caratteristica di un partito di sinistra e riformista. L’errore grave è stato, ed è, mettersi a ridosso di questo Movimento che non si sa che cosa sia: governano ora con la Lega, ora con il Pd, ora da soli. Conte a mio parere è un avventuriero della politica. Se il Pd si affida a queste forze veramente non ha più ruolo. Deve staccarsi, il Movimento 5 stelle è un nemico politico. Io l’ho definito in alcuni scritti il “cancro” della democrazia italiana: per come è nato, per come agisce, per come cambia. Per come la vedo io, al di là delle correnti, il Pd non dovrebbe esitare nel definire la propria identità rilanciando il liberalismo democratico che è in una crisi drammatica, criticando in maniera aspra la politica dei Cinque stelle, e provare così a vedere quale pezzo di società riesce ad aggregare con questa politica. Non è detto che sia un successo, lo capisco. Ma sarebbe una bella battaglia. Migliore di quella di mettersi sul carro senza qualità del M5s».
Il dramma della sinistra italiana sopravvissuta al 1992 è stata la rendita di posizione che gli ha garantito parte rilevante dell’establishment nazionale e del sistema di influenze internazionali. Ciò ha esentato ex comunisti ed ex dc da una vera riflessione critica. Ora questa rendita di posizione (almeno tendenzialmente) si è esaurita, anche perché la sua fondamentale sponda internazionale è stata impacciata dalla divisione tra Washington e l’asse Parigi-Berlino. E dunque si dovrà affrontare la realtà. Certo, resta sempre la droga politica a 5 stelle (con annessa Elly Schlein) per rimandare una vera resa dei conti, ma come tutte le droghe porterà rapidamente all’estinzione chi ne farà uso.
* * *
Su Open Vincenzo De Luca dice: «Immagino che molti di voi avranno visto il Festival di Sanremo. Bene, avete avuto davanti agli occhi tutto il campionario degli infelici di questo mondo. Avrete avuto modo di vedere gli sfessati, gli sciamannati, gli sfrantummati. Ecco, questa è la gerarchia dell’umanità che si è presentata su quel palco. La cosa incredibile è che pensano di essere moderni, ma questi sono imbecilli. Comunque sia, sono opinioni. Hanno detto che era un festival di sinistra. No, era un festival di cafoni, volgare. Forse una cosa apprezzabile è stata qualche discesa di scalinata da parte di qualche donna del mondo dello spettacolo obiettivamente apprezzabile, diciamo così».
Quel filone del comunismo italiano, innanzi tutto napoletano e tendenzialmente riformista, che sapeva guardare in faccia la realtà, capire il popolo e dire pane al pane e vino al vino, dovrebbe essere recuperato da Stefano Bonaccini se vincerà le primarie e cercherà di ricostruire una sinistra legata al mondo del lavoro.
* * *
Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «La Cina di Wang Yi vuole colmare il vuoto di potenza che potrebbe aprirsi sia in Asia Centrale, sia anche nell’Indo Pacifico (Vladivostok non è solo il prolungamento della Siberia ma anche una sorta di penisola russa sul Mar della Cina, come dimostra la storia del potere in Corea del Nord) se la Russia fosse irreversibilmente esclusa dal governo a geometria variabile del mondo. Il declassamento della Russia dal suo ruolo di grande potenza (fragilissima certo, ma grande potenza nucleare ancor oggi e tanto grande territorialmente quando pericolosamente debole demograficamente) non potrebbe essere sostenuto dal sistema internazionale».
Quando perdete di vista la complessità e spesso la contraddittorietà dello stato effettuale delle cose internazionali, chiedete soccorso a Sapelli che vi darà alcune chiavi per capire cosa sta succedendo nel mondo.
* * *
Su Dagospia si riprende un articolo di Rino Formica per Domani dove si scrive: «È questo l’obiettivo mancato da Meloni, quello che, al di là delle influenze e malattie provvisorie, l’ha indebolita in Europa. Ed è il cuore della sua difficoltà. Il fallimento dimostra la precarietà del suo progetto di nuova guida del conservatorismo pseudo democratico, ma in sostanza autoritario, dell’Europa. E coincide con il momento in cui il clima di guerra diventa più surriscaldato».
Ci sono alcuni vecchi protagonisti della Prima Repubblica, pur acuti e intelligenti (in questo caso sia Formica sia Carlo De Benedetti, quest’ultimo ancor più inacidito dal considerarsi tradito dai figli), che sono condizionati dalla propria sconfitta e così non riescono a cogliere la nuova realtà politica che sta emergendo anche in Europa, e che vede delinearsi un articolato fronte conservatore, che potrebbe anche favorire la formazione di una sinistra finalmente liberale e riformista. A questo sforzo preferiscono invece opere di demonizzazione spesso fondate sul nulla. La questione dell’astensionismo è un problema complesso nelle democrazie moderne e in particolare in quella italiana (basta ricordare che Stefano Bonaccini fu eletto dal voto del 36 per cento degli emiliani nel 2014 o esaminare le recenti elezioni politiche francesi), e non può essere attribuito infantilmente/senilmente al “fallimento” di Giorgia Meloni.