Può uno stragista riportare pace e ordine in Centrafrica?

Di Leone Grotti
18 Aprile 2019
Ali Darassa, leader della milizia Upc, ha ordinato il massacro di Alindao, ucciso centinaia di persone, razziato villaggi e bruciato chiese. Dopo gli accordi di pace di Khartoum, è il nuovo leader militare della zona di Bambari, riconosciuto da Onu e governo

Gli abitanti di Bambari erano estremamente «nervosi e infastiditi» lunedì, mentre assistevano alla nomina della nuova autorità militare della città situata nel cuore del Centrafrica. Sotto un sole cocente Ali Darassa ha posato sorridente davanti agli uffici del Comune, accerchiato dai responsabili dell’Onu, dell’Unione Africana e del governo. È dal 2014 che in città (e nel paese) regnano guerra e anarchia, e gli abitanti dovrebbero essere contenti che le istituzioni abbiano finalmente trovato qualcuno in grado di riportare l’ordine. L’unico problema è che Ali Darassa è l’uomo che ha fomentato prima, e approfittato dopo della guerra civile, bruciando interi villaggi, razziando le case della gente, trucidando centinaia di persone.

IL MASSACRO DI ALINDAO

Erano soldati dell’Upc (Unità per la pace in Centrafrica) guidati da Darassa quelli che il 15 novembre hanno assaltato la città di Alindao, uccidendo 86 persone, tra cui due sacerdoti, dando fuoco al presbiterio e alla cattedrale, saccheggiando il vescovado e radendo al suolo il campo profughi e le povere case degli abitanti. L’Upc non è appena una delle tante milizie che si contendono il potere in Centrafrica, ma uno dei gruppi estremisti nati dalla dissoluzione della coalizione islamista Seleka, autrice del colpo di Stato del 2013 che ha innescato una spirale di violenze senza fine.

Se Darassa, da criminale e impunito tagliagole, è diventato consigliere ministeriale e leader di fatto della città di Bambari, è per via degli accordi di pace di Khartoum. Firmati il 5 febbraio dal governo e 14 gruppi armati (che controllano l’80 per cento del territorio) sotto l’egida di Nazioni Unite e Unione Africana, gli accordi prevedono la cessazione delle violenze da parte delle milizie, la formazione di un governo “inclusivo” con membri delle milizie, la nascita di una Commissione per la verità, giustizia, riparazione e riconciliazione; infine, il riconoscimento del ruolo delle milizie nel mantenimento della pace.

«DARASSA È IL NUOVO LEADER DI BAMBARI»

Ali Darassa è stato dunque nominato a capo delle forze di sicurezza miste che governeranno Bambari e che riuniranno l’Upc, qualche gendarme centrafricano e i nemici dell’Upc stesso, le milizie anti-balaka. «È il nuovo leader di Bambari», dichiara senza mezzi termini una fonte Onu. Il sindaco della città, Abel Matchipata, è comprensibilmente preoccupato: «Il conflitto ha fatto molte vittime qui, la gente ha sofferto molto a causa delle milizie», ha dichiarato all’Afp. «Purtroppo non abbiamo alternative: dobbiamo fare delle concessioni se vogliamo cercare di raggiungere la pace».

Anche dopo lo svolgimento di regolari elezioni presidenziali nel 2016, che hanno ristabilito un’autorità legittima in Centrafrica, la zona di Bambari è rimasta sotto il controllo dell’Upc. Nel 2017 le forze Onu sono riuscite a cacciare la milizia dalla città, esultando per il «ritorno della pace e dell’autorità dello Stato». In verità, Darassa ha continuato a riscuotere illegalmente tasse e balzelli sulla compravendita di bestiame, sull’estrazione di oro e diamanti, istituendo check-point improvvisati e ordinando massacri. Nel 2018, l’Upc ha ricominciato a organizzare pattugliamenti in giro per la città alla luce del sole e a scontrarsi con i caschi blu dell’Onu.

ACCORDI DI PACE E AMNISTIA DI FATTO

Gli accordi di pace non hanno fatto dunque che riconoscere la forza militare dell’Upc, donandole una parvenza di legittimità, nella speranza che non ci siano abusi di potere. Thierry Vircoulon, esperto di Centrafrica presso l’Istituto francese di relazioni internazionali, ha denunciato «il sacrificio dell’esigenza di giustizia», accusando l’Onu di essere passato dalla «tolleranza zero verso l’impunità» alla «tolleranza zero verso la giustizia».

Negli accordi di pace si esclude formalmente l’amnistia, anche se di fatto la nomina di Darassa a leader militare la istituzionalizza. È improbabile infatti che la Commissione per la verità, giustizia, riparazione e riconciliazione lo riconosca colpevole dei crimini commessi.

Secondo alcuni esperti, l’amnistia di fatto non farà che aumentare la possibilità che scoppino nuove violenze. Per l’ex ambasciatore americano a Bangui, Jeffrey Hawkins, non consegnare alla giustizia chi si è macchiato di crimini di guerra rafforza le milizie armate, inducendole a pensare che la violazione degli accordi e future nefandezze potrebbero non essere perseguite. Altri sperano che le “brigate miste” funzionino.

L’esperimento di Bambari dirà molto sul futuro del Centrafrica, dove da troppi anni la popolazione attende il ritorno della pace e della giustizia.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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