Procreazione assistita e diagnosi pre-impianto, la Consulta esaminerà la legge 40

Di Chiara Rizzo
27 Gennaio 2014
Sollevato il caso di costituzionalità da una coppia di Roma. La madre è portatrice sana di distrofia muscolare e le sono state rifiutate la diagnosi e la fecondazione assistita. La Corte si esprimerà l'8 aprile

La legge 40 torna all’esame della Corte costituzionale. Il Tribunale di Roma ha sollevato la questione di costituzionalità sulla norma che disciplina la procreazione assistita, rispetto al divieto di accesso al trattamento e alla diagnosi preimpianto per le coppie portatrici di malattie geneticamente trasmissibili: un aspetto che la Corte esaminerà per la prima volta, dopo l’entrata in vigore della legge nel 2004. La Consulta si esprimerà l’8 aprile.

LA SENTENZA DI STRASBURGO. Non è la prima volta che sulla Legge 40 si abbatte la scure della magistratura: dello stesso tema oggi al vaglio della Consulta si è occupata la Corte europea dei diritti dell’uomo che ha condannato l’Italia per la violazione di due norme della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Secondo Strasburgo la legge pecca di “incoerenza”, in un sistema che con la legge 40 vieta alla coppia fertile portatrice di una malattia di ricorrere alla diagnosi preimpianto e che con la legge 194 sull’aborto consente invece l’aborto terapeutico se il fetto è affetto dalla stessa patologia dei genitori.

LA VICENDA. La questione di legittimità è stata sollevata in relazione al caso di una donna portatrice sana di distrofia muscolare Becker (ereditata dal padre) che si è rivolta alla prima sezione civile del tribunale di Roma. La donna e il marito avevano ricevuto un rifiuto all’accesso alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto da parte del Centro per la tutela della salute della donna e del bambino “Sant’Anna” di Roma, sulla base della legge 40.

MOTIVI DEL RICORSO. La coppia aveva deciso di interrompere una gravidanza spontanea alla dodicesima settimana perché era stata evidenziata la trasmissione della malattia genetica. La coppia si è rivolta al Centro Sant’Anna prima del trasferimento in utero dell’embrione, avendo appreso che la diagnosi della particolare malattia di cui è portatrice la madre può essere eseguita prima. Ma la struttura pubblica autorizzata ad eseguire la fecondazione si è rifiutata. I due coniugi si sono quindi rivolti all’associazione Luca Coscioni. Il Tribunale di Roma ha emesso un’ordinanza che conferma la legittimità della diagnosi preimpianto: il giudice ha motivato il ricorso alla Consulta spiegando che il divieto di accesso alle coppie fertili portatrici di patologie genetiche “viola l’articolo 3 della Costituzione, principio di uguaglianza tra chi è infertile con malattie genetiche e può sottoporsi a Pma con indagine preimpianto e chi è fertile e portatore di malattie genetiche che a causa della legge 40 non può effettuare tali indagini e evitare un aborto; viola l’art. 2 della Costituzione, il diritto di autodeterminazione nelle scelte procreative; viola l’art. 32 della Costituzione sotto il profilo della tutela della salute della donna; infine, viola l’art. 117 comma 1 Cost. e art. 8 e 14 della Carta europea dei diritti dell’uomo, sotto il profilo delle scelte e del principio di uguaglianza”.

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