
Primarie Pd. Perché se la Cgil avvisa gli iscritti di votare Cuperlo, stravince Renzi? «Perché ormai è irrilevante»
«Conto su di te, sul tuo impegno, per organizzare una consistente partecipazione l’8 dicembre al voto per le primarie [del Pd] a sostegno di Gianni Cuperlo». Non ha avuto seguito l’esortazione fatta dalla Cgil via email a tutti i suoi iscritti. Benché il sindacato possa contare su centinaia di migliaia di voti, alle primarie del Partito democratico Cuperlo ha ottenuto soltanto il 18 per cento dei voti ed è stato surclassato da Matteo Renzi. «Non mi sorprende che il braccio destro di Camusso, Carla Cantoni, si sia schierata con Cuperlo e abbia promosso raccomandazioni agli iscritti della Cgil-Spi», dice Michele Magno, collaboratore del Foglio, ex sindacalista e dirigente Pci. «E nemmeno la vittoria di Renzi mi sorprende. La sua elezione a segretario è segno che ormai le scelte politiche del sindacato sono irrilevanti».
La vittoria di Renzi è una sconfitta per la Cgil?
Sicuramente è la conferma di un dato che era parso evidente in anni passati. La Cgil non è in grado di influenzare l’orientamento degli iscritti. Già alcune rilevazioni dell’istituto Cattaneo e dello stesso sindacato confederale hanno messo in luce che da almeno 15 anni gli iscritti votano come gli pare. La maggior parte degli impiegati pubblici e solo la metà dei pensionati ascoltano i vertici, mentre i lavoratori nel privato sono autonomi. Ciò smentisce la vulgata giornalistica secondo la quale il Pd raccolga voti dal bacino della Cgil.
Perché è stata inviata una e-mail a sostegno di Cuperlo senza indicazioni ufficiali?
Una furbizia di Susanna Camusso che non ha pagato. Parlo di furbizia perché la segretaria della Cgil l’anno scorso, mentre erano aperte le urne per le primarie del Pd, disse nel programma di Lucia Annunziata che avrebbe votato Pier Luigi Bersani, sapendo che avrebbe vinto. Quest’anno Camusso ha dichiarato che non si sarebbe recata a votare perché sapeva che avrebbe vinto Renzi. Comunque, al di là del suo neutralismo apparente, il gruppo dirigente della Cgil è sempre stato ostile al sindaco di Firenze. Nessuno del vertice confederale e delle strutture territoriali si è dichiarato renziano.
Da dove nasce questa ostilità?
Il gruppo dirigente è in contrasto con ciò che ha detto Renzi in questi ultimi anni e con la sua volontà esplicita di sciogliere i residui vincoli fra Pd e Cgil. «Sindacato e partito, a ognuno il suo mestiere», ha ripetuto Renzi.
Guglielmo Epifani, ex segretario Pd ed ex segretario della Cgil è un po’ il simbolo di questa sovrapposizione tra vertici del sindacato e vertici del partito.
Ricordo che qualche mese fa Camusso spostò di 15 giorni la presentazione del famigerato “piano lavoro” della Cgil (a proposito, che fine ha fatto?) per offrire una tribuna abbastanza significativa a Pier Luigi Bersani. È solo un esempio. Il sindacato in questi anni si è comportato da braccio operativo del gruppo dirigente della sinistra, in particolare del Pd, e dei suoi leader. Ciò ha avuto un effetto di politicizzazione che ha concorso al declino della rappresentanza sindacale.
Ci sarà una rottura fra Cgil e Pd?
Con Renzi si assisterà a un’autonomia del partito rispetto al sindacato, più che a un’autonomia del sindacato rispetto al partito. Poi si vedrà. Bisogna aspettare le proposte del nuovo segretario sul piano occupazionale e vedere se proporrà di tamponare l’emergenza con i soliti incentivi oppure se chiederà una riforma contrattuale in grande stile, alla Pietro Ichino, per intenderci, con disboscamento delle regole per l’assunzione dei lavoratori. Aspettando il confronto sulla base della proposta della nuova segreteria del Pd, il gruppo dirigente della Cgil dovrebbe iniziare a cambiare rotta. Pensare di ritagliarsi un ruolo sulla base di innovamenti contrattuali invece di limitarsi a chiedere alla politica, come ha fatto in questi anni, di riparare i danni della crisi.
Quale sarà il ruolo della Cgil nel prossimo futuro?
La crisi politica sindacale è coeva alla fine della concertazione, avvenuta con il governo Monti. Il sindacato aveva poche risorse per negoziare con un governo che non poteva offrire né lavoro né investimenti. Oggi, in assenza di inflazione, il sindacato non può nemmeno proporre una politica di contenimento salariale, che è sempre stato un mezzo per negoziare con i governi. Dunque l’unica alternativa è l’inventiva sul terreno contrattuale e sulla politica produttiva nelle aziende private. Per risolvere il suo problema di autorevolezza, la Cgil dovrà porre rimedio alla crisi della rappresentanza, rivolgendosi a precari e disoccupati.
Articoli correlati
1 commento
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
poi sono sempre i cattolici e quelli che non si riconoscono in alcun modo nella sinistra ”quelli con l’anello al naso”. ma va a laurà, barbùna!