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Prete, deputato o magistrato poco importa: tutti devono obbedire al regime in Cina

L'ambasciatore americano per la libertà religiosa dichiara che dalla firma dell'accordo tra Cina e Vaticano la persecuzione dei cattolici non è diminuita. Come potrebbe? Tutti i cinesi sotto il regime hanno un destino comune

Leone Grotti
14/03/2019 - 2:00
Esteri
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«Da quando è stato annunciato l’anno scorso l’accordo provvisorio tra Cina e Vaticano, gli abusi contro i cattolici in Cina non si sono fermati. Non ci sono segnali che qualcosa cambierà nel prossimo futuro». Così ha parlato l’ambasciatore americano per la libertà religiosa, Sam Brownback, ai corrispondenti stranieri a Hong Kong durante un convegno di due giorni organizzato da Stati Uniti e Taiwan sulla libertà religiosa.

PERSECUZIONE DEI CATTOLICI

L’ambasciatore ha esposto in modo dettagliato in che cosa consiste questa persecuzione: divieto ai minori di 18 anni di entrare in chiesa, divieto di praticare la fede per comunità sotterranee protestanti e cattoliche non registrate, centinaia di chiese e croci distrutte nel Zhejiang, pressioni fatte sui cristiani perché abiurino la fede, pressioni su sacerdoti e vescovi perché aderiscano a quell’Associazione patriottica, emanazione diretta del partito comunista, che Benedetto XVI (mai smentito) ha definito «inconciliabile con la dottrina cattolica».

Le parole dell’ambasciatore Brownback non devono destare stupore alla luce delle recenti dichiarazioni dei massimi esponenti a capo delle organizzazioni religiose guidate dal partito. Xu Xiaohong, leader del Movimento delle tre autonomie, che riunisce le chiese protestanti ufficiali, ha dichiarato lunedì che «le forze occidentali cercano di usare il cristianesimo per influenzare la società cinese e rovesciare il governo». Ha inoltre aggiunto che «solamente continuando a portare avanti i valori principali del socialismo il cristianesimo può veramente adattarsi alla società socialista».

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«LA BANDIERA ROSSA SVENTOLI NELLE CHIESE»

Xiaohong, in sostanza, ribadisce quello che il partito comunista ha sempre sostenuto: una qualsiasi istituzione, per essere accettata, deve seguire il verbo e obbedire pedissequamente al volere del partito comunista. Parole simili erano state utilizzate a gennaio da Wang Zuoan, direttore dell’Amministrazione statale per gli affari religiosi: «La massa dei fedeli della Chiesa Cattolica deve continuare a studiare il “socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era” di Xi Jinping. La bandiera rossa a cinque stelle sventoli alta nei cortili delle chiese».

Anche Joseph Ma Yinling, presidente della cosiddetta Conferenza episcopale cinese, non riconosciuta dal Vaticano perché non comprende i vescovi sotterranei nominati dalla Santa Sede ma mai riconosciuti da Pechino, gli ha fatto eco affermando che insieme all’Associazione patriottica «lavoreremo duramente nel nuovo anno, uniti come un solo cuore, per fare progressi sulla via dello sviluppo della sinicizzazione».

Il vescovo di Kunming, che era stato scomunicato e poi perdonato da papa Francesco dopo la firma dell’accordo, non ha fatto una piega quando Wang ha dichiarato davanti a lui che la Chiesa in Cina «deve fare progressi sulla strada dell’indipendenza» dalla Santa Sede e dal Papa.

«LA GIUSTIZIA SALVAGUARDI IL REGIME»

L’atteggiamento dei massimi esponenti della Chiesa cinese non si discosta affatto da quello dei responsabili di altre istituzioni nel regime comunista. Durante l’annuale riunione del “Parlamento” cinese a Pechino, il presidente della Corte suprema della Repubblica popolare, Zhou Qiang, ha ad esempio dichiarato che l’obiettivo del sistema giudiziario in Cina è «lavorare per salvaguardare la stabilità del regime e del sistema politico». Il procuratore generale Zhang Jun ha aggiunto che «la cosa più importante è salvaguardare la sicurezza politica del paese».

L’ESEMPIO ILLUMINANTE DI SHEN JILAN

La stesso zelo richiesto a magistrati e fedeli è ovviamente un prerequisito anche per diventare parlamentare. In questo senso la storia di Shen Jilan, raccontata dal famoso attivista Teng Biao su China Change, è illuminante:

«La donna 89enne è stata eletta al Parlamento per la prima volta a 18 anni e poi per 13 volte consecutive: è l’unica persona a detenere questo riconoscimento. Lei ha sostenuto il Grande balzo in avanti, la Comune del popolo e la Rivoluzione Culturale. Si è battuta contro Liu Shaoqi e contro Deng Xiaoping. In seguito, è stata d’accordo nel denunciare il Grande balzo in avanti e la Comune del popolo, nel denunciare le riforme e nel riabilitare Liu e Deng. Ha sempre alzato la mano in favore di tutte queste posizioni contraddittorie per decenni. “Il compito dei rappresentanti”, ha spiegato, “è ascoltare il partito comunista, ecco perché non ho mai votato contro”».

LA CHIESA NON SARÀ MAI LIBERA

Il principale obiettivo del partito comunista, fin da quando ha preso il potere in Cina nel 1949, è garantire la stabilità, cioè mantenersi al potere con ogni mezzo. Di conseguenza, nessuna istituzione può essere esentata dall’obbedire al partito e dal seguirne i dettami; nessun professionista, a prescindere dall’ambito in cui opera, può opporsi. La Chiesa cattolica – che è perseguitata al pari dell’islam, dei protestanti, dei buddisti tibetani e del Falun Gong – in questo senso non fa e difficilmente farà mai eccezione.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: Cinapartito comunista
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