La preghiera del mattino

Povero Pd, ridotto a parlare di politica estera per formulette retoriche

Elly Schlein e Enrico Letta
La vicepresidente della Regione Emilia Romagna Elly Schlein con il segretario del Pd Enrico Letta (foto Ans)

Su Formiche Gabriele Carrer scrive: «Per Weber riflettori puntati sulle elezioni politiche del 25 settembre. Ma non soltanto. Chi lavora alla sua agenda romana non esclude che la visita possa essere anche l’occasione per sondare il terreno in vista delle elezioni per il Parlamento europeo in programma nel 2024. Tra meno di due anni il Partito popolare europeo punta a confermare il suo primato a Bruxelles e Strasburgo nonostante oggi sia ormai fuori dal governo nei principali Stati membri dell’Unione Europea. Anche per questo, non può chiudere al dialogo con chi sta più a destra. Un discorso che vale anche in Italia, dove secondo gli ultimi sondaggi la famiglia popolare viaggia attorno al 10 per cento, con Forza Italia tra l’8 e il 9 per cento e Noi moderati attorno al 2 per cento. Weber ha un rapporto di consuetudine e amicizia con Raffaele Fitto, politico dalla storia popolare, co-presidente del gruppo al Parlamento europeo dei Conservatori e riformisti europei (di cui Giorgia Meloni è presidente), candidato capolista di Fratelli d’Italia in Puglia. Più tiepidi i rapporti con la Lega di Matteo Salvini. Un anno fa Weber spiegava che quello che serve all’Italia sono “persone che sanno di cosa parlano e che siano nel profondo del cuore europeisti, che siano consapevoli di una visione globale” rispondendo a una domanda sulla possibilità che il Carroccio diventi pro-europeista con Salvini come suo leader».

Quei poveri disperati del quotidiano La Repubblica si sognano che Weber sia venuto in Italia per separare la Lega dal resto del centrodestra e per sostituirla con Carlo Calenda: nel quotidiano degli Elkann, si discute approfonditamente della disinformatia ma non si impara niente delle più raffinate tattiche russe. Manfred Weber è il politico che da tempo sta cercando di ricomporre un rapporto tra conservatori moderati e conservatori radicali, a lungo corteggiando sia Viktor Orbán sia il Fpoe austriaco, e per questo motivo Angela Merkel ed Emmanuel Macron gli preferirono Ursula von der Leyen con l’aiuto decisivo di “Giuseppi”. Distorcere la verità per fini propagandistici non è molto decoroso per un grande quotidiano nazionale, ma andrebbe fatto almeno con un po’ di professionismo.

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Su Huffington Post Italia Sergio Cofferati e Gaetano Sateriale scrivono: «Altrettanto senso di responsabilità non hanno avuto le forze politiche che partecipavano al governo Draghi. Spesso più impegnate a ricavare una rendita di posizione dalla loro collocazione che non a condividere e sostenere e rafforzare nei territori (Regioni, Città metropolitane, Comuni) le decisioni strategiche e i provvedimenti approvati. Più a distinguersi quotidianamente su questo e quello che a coalizzarsi sulle scelte da assumere. Fino alla tragedia delle dimissioni estive e delle elezioni anticipate (di 6 mesi), fino alla farsa di presentarsi alle urne come gli eredi del governo Draghi e della sua “Agenda”».

Cofferati e il suo alter ego Sateriale dicono spesso cose di buon senso, ancora più spesso inseguono il senso comune, non riescono però mai ad approfondire l’analisi sul perché si è arrivati nella situazione in cui siamo (e che ruolo la Cgil cofferatiana ha avuto in queste nostre vicende).

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Su Dagospia si riprende la sintesi di un video pubblicato su la7.it dove si scrive: «Elly Schlein: “Non è con le armi che si risolve il conflitto. Ho visto il protagonismo di Usa e Cina, vorrei vedere un ruolo più forte dell’Unione Europea. Rapporti tra Lega e Putin? Sono preoccupata, anche delle interferenze nella campagna elettorale”».

Perché tanti giovani del Pd e la preziosa spalla “verde” di Stefano Bonaccini dicono così spesso la qualunque sui vari temi di politica estera, dall’Ucraina a Israele? Perché a sinistra da tempo manca una vera discussione politica, sostituita nelle parole da formule retoriche e propagandistiche, e nei fatti dalle regie di un ampio e sfiatato establishment, dai giochi di potere dei vari cacicchi e dai vari sistemi d’influenza straniera (americana, francese, tedesca, ma anche saudita e spesso cinese) che impediscono rapporti sostanziali con basi sociali reali. Quanto agli alleati, il Pd invece di avere a disposizione un movimento cresciuto sotto la guida di un gigante come Joschka Fischer, dispone gli eredi nanetti senza gloria del magnifico Marco Pannella, e avanzi non maturati (come invece lo sono i Grünen tedeschi) del ’68, nonché le truppe del pifferaio filocinese Beppe Grillo.

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Sulla Zuppa di Porro si scrive: «Bene. Di fronte a questa confusione tra “nazionale” e “locale”, oggi Giorgia Meloni ha provato a mettere un po’ di ordine. A Fuori dal coro su Rete 4, nella puntata che andrà in onda stasera, la leader di Fdi spiega: “I rigassificatori vanno fatti, nel tempo definito perché ci dobbiamo liberare dalla dipendenza dal gas russo. Se c’è, come sono pronta a verificare, un modo di fare il rigassificatore non a Piombino, che è una città che ha pagato molto per l’assenza di bonifiche e di compensazioni, non si fa a Piombino. Se non ci sono alternative a Piombino, per me ovviamente l’approvvigionamento energetico è priorità. Ma bisognerà parlare molto seriamente del Comune di Piombino e delle compensazioni, perché non possono essere sempre gli stessi a pagare”».

Un’impostazione seria della soluzione delle questioni che la situazione nazionale pone alla politica non deriva tanto o almeno soltanto dalla capacità personale di un singolo leader, quanto dalla saldezza delle radici socio-politiche di questo leader. Se invece di poggiare su persone in carne e ossa, rappresenti settori di un establishment sfiatato, logichine di poterino o sistemi d’influenza straniera, non avrai la base per fare vere scelte: queste saranno di fatto demandate a istanze esterne alla politica, che anche quando sono molto capaci, come Mario Draghi (e non bolliti come Mario Monti, avventurieri come Matteo Renzi/Carlo Calenda o personaggi inventati come Giuseppe Conte o Luigi Di Maio), logoreranno comunque e inevitabilmente il peso politico di un’Italia, per quanto fedelmente atlantica ed europeista sia.

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