«Popolo delle paritarie, adesso fatti sentire»

Di Emanuele Boffi
16 Maggio 2020
Intervista al presidente della Cei Gualtiero Bassetti: «La chiusura degli istituti liberi sarebbe un’ingiustizia per migliaia di genitori (non solo cattolici), privati di un diritto costituzionale»
Gualtiero Bassetti

Articolo tratto dal numero di maggio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Tra i vari ambiti messi in crisi dall’emergenza coronavirus vi è certamente il mondo della scuola, in particolare quello delle paritarie. Nonostante le numerose sollecitazioni, sia da parte di alcuni politici, sia da parte di alcuni dirigenti scolastici (sul sito di Tempi è recuperabile la lettera che, su iniziativa del liceo Don Gnocchi di Carate Brianza, una settantina di istituti paritari hanno inviato al ministro Lucia Azzolina), sia da parte della Chiesa cattolica, il governo non sembra disposto a venire incontro alle richieste che provengono da queste scuole e dalle famiglie degli alunni che le frequentano. Famiglie che, ovviamente, si trovano in difficoltà nel pagare le rette. È chiaro che il rischio che molte scuole paritarie possano chiudere è concreto. A questo proposito, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha accettato di rispondere ad alcune domande di Tempi.

Eminenza, cosa perderebbe il nostro paese, a livello educativo, da una loro eventuale scomparsa?

Perderebbe una preziosa libertà per le famiglie e la società italiana: la possibilità di scegliere l’educazione dei figli. Si aprirebbe una lacuna gravissima. Le scuole paritarie rappresentano, infatti, una garanzia autentica di pluralità, in uno dei settori che più contano, quello dell’offerta formativa. Una garanzia riconosciuta dalla Costituzione, ma attuata, di fatto, da pochi decenni con la legge sulla parità. Purtroppo è una parità solo teorica perché è sin troppo facile notare come il numero delle scuole paritarie abbia cominciato a scendere in coincidenza con l’inizio della crisi economica, segno che questa parità non è reale ma esiste solo per chi se la può permettere. Tra l’altro, si tratta di un’anomalia tutta italiana, perché all’estero le scuole non statali godono di varie forme di sostegno pubblico e le famiglie hanno una libertà di scelta senza dubbio maggiore rispetto al nostro paese. Numerose dichiarazioni internazionali impegnano gli Stati a rispettare la libertà dei genitori di scegliere scuole non statali per i propri figli. La stessa Costituzione italiana, nell’articolo 30, riconosce ai genitori il «diritto» (oltre che il dovere) di istruire ed educare i propri figli, ma nella realtà questo diritto non è garantito fino in fondo.

Gualtiero Bassetti

Perché la Chiesa ha sempre difeso questa pluralità educativa, non solo cattolica, secondo il motto che «pubblico non è solo statale»?

L’educazione non è un servizio qualsiasi: nell’affidare un figlio a un’istituzione educativa, ci si aspetta che vi possa trovare continuità l’educazione avviata in famiglia. La scelta della scuola è dunque determinante e dovrebbe essere assolutamente libera. Quanti genitori si trovano invece nell’impossibilità di scegliere liberamente? Sicuramente molti sceglierebbero la scuola statale, ma qualcuno farebbe una scelta diversa, e questa opportunità deve essere garantita, anche se si trattasse di una ridotta minoranza. Il Concilio Vaticano II ha affermato con forza tale libertà educativa per i genitori e, in nome del principio di sussidiarietà, ha escluso qualsiasi monopolio scolastico statale. La Chiesa non lo chiede solo per le istituzioni cattoliche, ma per tutte le scuole che liberamente intendono rispondere alla domanda educativa delle famiglie. Per la Chiesa, la libertà è un valore fondamentale, perché rispecchia la natura della persona umana. E la libertà non si circoscrive alla sfera individuale, ma si estende all’ambito sociale. Non sarà inutile richiamare la Gaudium et spes quando afferma che la cultura «ha un incessante bisogno della giusta libertà per svilupparsi e le si deve riconoscere la legittima possibilità di esercizio autonomo secondo i propri princìpi». Se le scuole, che sono indiscutibilmente luoghi di cultura, non hanno la facoltà di rispondere alla domanda educativa dei genitori e di elaborare una proposta culturale commisurata alle nuove generazioni, evidentemente qualcosa non funziona e siamo tutti meno liberi.

Ai genitori degli alunni che frequentano queste scuole, cosa si sentirebbe di dire?

Il momento che stiamo attraversando non è facile. La crisi innescata dalla pandemia di coronavirus si aggiunge ad altre difficoltà sociali, economiche e culturali che già hanno prodotto la chiusura di tante scuole paritarie negli anni recenti. Ai genitori che mandano i loro figli in questi luoghi educativi vorrei poter dire una parola di fiducia e di speranza, anche se le prospettive non sono rosee. Capisco perfettamente la posizione di coloro che non si sentono più in dovere (o, peggio, nella possibilità) di pagare le rette delle scuole scelte per i propri figli, ma queste scuole vivono – faticosamente – proprio di quelle rette e sostengono costi fissi (a cominciare dagli stipendi dei dipendenti) che non possono essere sospesi. A questi genitori suggerisco di far giungere il loro appello – come cittadini – ai decisori politici, perché la loro condizione non sia ignorata. Solo una parte delle scuole paritarie sono cattoliche; posso parlare riguardo a queste ultime, dicendomi sicuro che cercheranno di assicurare in tutti i modi il servizio che finora hanno offerto, lavorando il più delle volte in perdita. La chiusura di questi istituti sarebbe estremamente dolorosa e sarebbe vissuta come un’ingiustizia da parte dei genitori, privati da un giorno all’altro di una libertà garantita, per non parlare delle decine di migliaia di dipendenti, privati del posto di lavoro. È per questo che non ci si deve stancare di far sentire la propria voce, perché la crisi che si sta aprendo, come del resto il virus che ci ha aggredito, colpisce tutti e per uscirne dovremo rafforzare, e non indebolire, l’impegno di tutti, in particolare nell’ambito educativo.

Foto Ansa

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