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Policlinico Milano. Ecco come si cerca di sabotare una buona idea dando la colpa agli “affaristi ciellini”

L'ex Vitale accusa l'attuale presidente Cesana di voler " mettere le mani su beni pubblici". Ecco la lettera di risposta, che oggi non è stata pubblicata da Repubblica, in cui si spiega come stanno le cose

Emanuele Boffi
23/11/2014 - 9:57
Interni
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meeting-rimini-cesana-ca-granda1Ieri il Corriere della Sera titolava sulla prima pagina del dorso milanese: “Policlinico, scoppia il caso Cl”. Secondo il quotidiano, infatti, l’assessore alla Sanità lombarda, Mario Mantovani (Forza Italia), avrebbe messo in dubbio il progetto di affidare la gestione del patrimonio rurale del Policlinico di Milano alla Fondazione Sviluppo Ca’ Granda creata dall’ospedale. In realtà, lo stesso Mantovani ha smentito questa versione, sia dichiarando l’approvazione al progetto, sia ricordando che è stato approvato all’unanimità dalla Giunta regionale con apposita delibera l’11 luglio 2014. Ma ad essere messa in dubbio, a questo punto non si capisce da chi, era anche la candidatura a direttore generale della Fondazione di Achille Lanzarini, marito della portavoce di Giancarlo Cesana, attuale presidente della Fondazione IRCCS Ca’ Granda e che in questi anni ha lavorato proprio al Policlinico come coordinatore dell’Ufficio del patrimonio, ottenendo non pochi risultati.
Per questo, Cesana, difendendo la sua scelta, ha ricordato che la candidatura di Lanzarini nasceva da meriti ed esperienze acquisite sul campo: lo sgombero degli stabili di viale Montello e via Canonica, occupati abusivamente, e la loro vendita, ha portato nelle casse del Policlicnio 17 milioni di euro con cui è stato autofinanziata la costruzione del nuovo pronto soccorso; la creazione di un fondo immobiliare di social housing, con il quale viene finanziata la costruzione del nuovo Policlinico (un’opera da 200 milioni di euro) e che ha già portato nelle casse dell’Ospedale 100 milioni di euro; infine, il progetto della Fondazione Sviluppo Ca’ Granda il cui scopo è valorizzare l’attuale patrimonio rurale del Policlinico. Patrimonio che, fino all’arrivo di Cesana e Lanzarini, stava andando in malora. Come sottolinea un comunicato dell’ospedale, sono stimati danni per milioni di euro di mancate manutenzioni e, grazie al rinnovo dei contratti scaduti, i canoni sono stati riportati ai valori di mercato.
Per queste ragioni Cesana è stato molto netto nel difendere il suo collaboratore: “Queste sono le ragioni della candidatura di Lanzarini, non altro. Se lui non va bene perché è di Comunione e Liberazione, non vado bene neanche io”.

TUTTA COLPA DEGLI AFFARISTI CIELLINI. Su Repubblica, sempre edizione Milano, ieri apparivano due articoli. Il primo, a firma Emilio Randacio, era titolato: “Stessa casa, stessa metratura: ma l’affitto è doppio” e raccontava di due inquilini di via Cavaleri a Milano. La proprietà, scriveva il quotidiano, “è stata, fino alla settimana scorsa, la fondazione Policlinico Ca’ Granda”. Il primo proprietario “lo ha ottenuto in affitto nel gennaio 2006 semplicemente rispondendo al bando pubblicato online”. Per l’appartamento “sborsa ogni mese una cifra intorno ai 700 euro. Il secondo inquilino ha stipulato un contratto nel gennaio 2012 e “paga circa 267 euro al mese, più le spese di riscaldamento e di portineria”.
Il secondo articolo che appariva su Repubblica era un’intervista a Marco Vitale, economista ed ex commissario straordinario del Policlinico, che lanciava accuse pesantissime contro Cesana (“La storia si ripete da troppi anni. Cl va all’assalto del patrimonio”, era il titolo di Repubblica). “Bisogna dire le cose come stanno – spiegava Vitale: Cl vuole mettere le mani sul patrimonio, molto allettante , del Policlinico. E per farlo con eleganza, camuffa questa operazione dichiarando di voler puntare a una gestione privata, più agile e snella, delle proprietà del Policlinico, che valgono complessivamente più di un miliardo e mezzo. Ma la storia dell’efficienza è solo un alibi. La verità è che i manager di Cl vogliono fare gli affari loro, mettere le mani su un bottino molto ghiotto. Fermiamoli finché siamo in tempo”. I ciellini, diceva l’economista, vogliono “saccheggiare i beni pubblici” secondo ragioni che “non hanno nulla a che vedere con l’efficienza e la rendicontazione trasparente. I motivi sono altri. Si vuole acquisire un patrimonio enorme, mettere le mani sulla ‘torta pubblica’ circondandosi di uomini di fiducia”. “Io mi domando – concludeva Vitale – come si può affidare grandi ospedali come il Policlinico ai ciellini, ben sapendo che il loro modo di fare è sempre quello: mettere le mani su beni pubblici. E non tanto per renderli più efficienti ma per scopi ben diversi da quelli dichiarati”.

LA LETTERA DI CESANA. Cesana ha scritto una lettera a Repubblica che doveva apparire oggi sul quotidiano – cosa non avvenuta – e che qui di seguito riportiamo per intero:
“Caro Direttore,
Sono francamente stupito del clamore, con cui il suo giornale, che ha sempre seguito con obiettività, per quanto critica, le nostre iniziative, sta denunciando la pericolosità della Fondazione Sviluppo Ca’ Granda. Vorrei contribuire a riportare il confronto e la discussione in un ambito meno gridato e più costruttivo. Le condizioni precarie dei patrimoni pubblici e la burocratica passività con cui vengono gestiti sono note a tutti. Con il Fondo di Social Housing e la Fondazione Sviluppo non solo io, ma l’intero e unanime Consiglio di Amministrazione della Ca’ Granda sta cercando di introdurre maggior efficienza e agilità nella gestione, separandola da quella dell’ospedale e ottenendo, senza svendere e senza debito, i fondi per la riqualificazione dell’ospedale medesimo. Questa è la trasparenza richiesta già nel 2002 da una ispezione ministeriale che incitava a creare un’azienda dedicata alla gestione di un patrimonio così ingente. Lanzarini è stato protagonista delle citate iniziative, ampiamente discussa con i responsabili della Regione, che manifestatamente approvano, e le organizzazioni sindacali, che hanno approvato o comunque non hanno obiettato. Fondo e fondazione sono stati messi a punto con la collaborazione di professionisti di grande valore, anche ordinari di diritto e con provenienze culturali diverse. La Fondazione Sviluppo, in particolare è uno strumento di gestione, cui viene conferita non la proprietà, ma l’usufrutto sotto lo stesso controllo del CdA dell’Ospedale. Nessuna appropriazione quindi e nessun perverso disegno, tenuto conto che l’attuale CdA, me compreso, tra un anno decade. Come ho avuto occasione di dire in diverse occasioni, io non ho intenzione di ripresentarmi e anche il direttore della Fondazione Sviluppo decadrà con l’attuale CdA e dovrà essere rinominato da quello nuovo. Le iniziative che abbiamo messo in campo, non sono equazioni di matematica con risultato predeterminato, ma tentativi ragionevolmente fondati di migliorare le cose: verranno continuate e quindi verificate da amministratori che potranno essere – e per quanto riguarda me sicuramente saranno – diversi. Più trasparenti di così, si muore.
Vorrei infine dire due parole sull’articolo di Randacio e sull’intervista al prof. Vitale.
Le differenze di affitto riportate dal primo, come detto senza chiarire dall’articolista, sono dovute al fatto che un affitto è a “canale libero”, di mercato, e l’altro è a “canale concordato”, secondo uno storico accordo con i sindacati degli inquilini, teso a riaffermare il principio dell’equo canone per difendere le fasce più deboli. Il patrimonio del Policlinico ha anche una funzione sociale.
Le parole del prof. Vitale sono inqualificabili e degne di querela, che valuterò con Lanzarini. Al prof. Vitale, tutte le volte che sente CL e Policlinico gli va il sangue agli occhi: perde il lume della ragione, arrivando a una ostilità di tipo razziale. Mi spiace solo, come succede per le calunnie, che possa ostacolare chi fa. Lui, che è stato sì quattro anni al Policlinico, ma poi se ne è andato sbattendo la porta perché il cambiamento era impossibile. Infatti non ha lasciato traccia”.

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Tags: Comunione e Liberazionegiancarlo cesanamario mantovaniregione lombardiasocial housing
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