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La celebrazione di un centenario libera tutti dall’imbarazzo con cui bisognerebbe, per umiltà e saggezza, frenare l’eccitazione dello sproloquio con la cautela della modestia. In una sorta di babele, la sicumera ossessiva compulsiva dei maître à penser dei giorni nostri ci regala così un Pier Paolo Pasolini (1922-1975) avverso al potere, un poeta progressista o un intellettuale reazionario vicino alla destra.
Tutti sono legittimati a prender parte, perché il battito e le viscere del poeta di Casarsa sono talmente articolati e compositi che è sufficiente limitarsi a un piccolo particolare per sentirsi rappresentati o ferocemente distanti. Per pudore e rispetto di ciò che non ci appartiene (definizione che è possibile cogliere solo se si conosce il valore universale del sacro) dovremmo tutti usare solo un sostantivo: complessità.
A noi, “compagni” luinesi, riottosi di quella che già allora era la sinistra responsabile e politicamente corretta (infatti ci eravamo riuniti in un c...
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