Perché De Bortoli sul Corriere spara contro Renzi? Massoneria, poteri forti o vittimismo? La terza che hai detto

Di Redazione
25 Settembre 2014
Il direttore del quotidiano di via Solferino ha lanciato un inedito attacco al presidente del Consiglio. Perché? Le ipotesi in campo

Che il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, abbia attaccato il premier Matteo Renzi, è già una notizia. Che abbia bocciato il governo dalla prima pagina del giornale, ieri, con un editoriale nel quale irride pesantemente l’operato dell’esecutivo lo è ancora di più. Il fatto acquista ulteriore peso quando a difendere Renzi è il primo azionista del quotidiano di via Solferino, la Fiat rappresentata da Sergio Marchionne, il quale ha commentato la notizia con una frase lapidaria – «Il Corriere? Non lo leggo normalmente».
L’opinione pubblica si interroga: Chi o che cosa ha spinto De Bortoli ad abbandonare il suo stile pacato per vergare un editoriale durissimo nei confronti del presidente del Consiglio? Si tratta di una iniziativa personale di un direttore a fine contratto (abbandonerà la direzione il 30 aprile) o lo hanno costretto qualcuno? Se non la Fiat, chi?

LE IPOTESI. Dagospia intravede l’ombra di anonimi burattinai, nell’editoriale di De Bortoli. Qualcuno vorrebbe a capo dello Stato l’ex uomo forte di Goldman Sachs, Mario Draghi, oggi a capo della Bce. Renzi però si frapporrebbe. Così, si starebbe tramando di cacciarlo da Palazzo Chigi, come si fece con Silvio Berlusconi nel 2011. Ecco allora il profilarsi del loro zampino, quando De Bortoli afferma che Renzi «non può pensare di far tutto da solo», che la sua squadra di governo è «in qualche caso di una debolezza disarmante», e ancora, che «un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un buon decreto», che «il marketing della politica se è sostanza è utile, se è solo cosmesi e dannoso», che in Europa sono «meno inclini di noi a scambiare la simpatia e la parlantina per strumenti di governo». Non solo. «In quel che resta dei poteri forti – spiega Dagospia – si fa strada l’idea, probabilmente condivisa da Drago Draghi, che solo la Troika possa rimettere in piedi lo Stivale. L’unico ostacolo è il Patto del Nazareno con l’odiato Berlusconi, sul quale il Corriere chiede improvvisamente chiarezza». Dagospia si riferisce al passaggio dell’editoriale nel quale De Bortoli afferma di sentire uno «stantio odore di massoneria», nel patto del Nazareno con Silvio Berlusconi, su riforme, legge elettorale e forse sulla lista di candidati per la successione di Giorgio Napolitano. Su quella lista, secondo Dagospia, il nome di Draghi non ci sarebbe.

VELARDI: MASSONERIA? CAZZATE. L’editoriale di De Bortoli? «È un pamphlet, piccolo e meschino, come il nuovo Corriere». A dirlo è l’ex consulente di D’Alema, il renziano Claudio Velardi. In una intervista a Linkiesta, in cui spiega che «il riferimento alla massoneria è una bega da cortile. Secondo Velardi si tratta solo di «qualche spiffero delle procure arrivato a De Bortoli». Il Corriere, osserva, «è stato il primo a usare in maniera scientifica nel 1994 l’avviso di garanzia contro Berlusconi. Al confronto il Fatto Quotidiano è l’asilo infantile delle procure, mentre il Corriere è Harvard». Per l’ex collaboratore di D’Alema, «De Bortoli si prepara a quando sarà sostituito da un candidato più gradito alla Fiat e meno critico nei confronti di Renzi». Ciò che l’ha spinto a scrivere un editoriale contro Renzi è banale: «Vuole passare da martire del renzismo, come fece un’altra volta con Berlusconi, quando se ne andò via la prima volta dal Corriere».

VITTIMA DEL RENZISMO. «De Bortoli se ne va dal Corriere della Sera. Se ne va dopo dieci anni e lo fa – spiega oggi il Foglio – per ragioni che hanno a che vedere col turbolento azionariato di Rcs, con la rissosa proprietà che gli ha garantito anche per questo un’adeguata buonuscita». Perché se la prende con Matteo Renzi? Per il quotidiano di Giuliano Ferrara, «De Bortoli sogna di andarsene da vittima, come quasi tutti i giornalisti italiani sognano. E dunque il corrierista sempre compassato adotta all’improvviso uno stile e un codice che non si conoscevano, parla di “odore stantio di massoneria”, e lui che per tutta la vita è stato uomo di garbo e di attenuativi, misurato ed elegante, felpato e indiretto, scopre d’un tratto il gusto contundente di iniziare l’editoriale principe del Corriere con queste recise parole. “Devo essere sincero, Renzi non mi convince”».
L’unica connessione fra Renzi e De Bortoli, spiega il Foglio, è il tramonto del “terzismo” alla Mario Monti e alla Enrico Letta, «di cui De Bortoli è stato uno dei principali interpreti». È proprio «il terzismo cancellato per sempre da un progetto politico egemone e spiazzante a sinistra, a rendere oggi inconsolabile l’ormai quasi ex direttore del Corriere».

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