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«Partita l’indagine per scoprire chi ha ucciso l’ambasciatore americano in Libia»

Intervista al direttore del Tripoli Post Said Laswad, che commenta la difficile situazione del paese: «Il Consiglio nazionale transitorio non ha fatto niente per fermare le bande armate, il nuovo governo riporterà la legge».

Leone Grotti
25/09/2012 - 8:33
Esteri
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«L’assemblea nazionale ha nominato un pubblico ministero, che ha già avviato un’indagine sulla morte dell’ambasciatore americano Christopher Stevens. Ancora però non si può dire con certezza chi sia stato ad ucciderlo». Spiega così a tempi.it, senza sbilanciarsi troppo, Said Laswad. Il direttore del settimanale libico Tripoli Post, attivo nel paese dal 1999, commenta gli avvenimenti che hanno sconvolto la Libia nelle ultime due settimane, ostentando sicurezza per quanto riguarda il tentativo di instaurare la legalità nel paese.

Il presidente dell’Assemblea nazionale Mohamed al-Megaryef ha lanciato un ultimatum di 48 ore, entro il quale tutte le milizie non autorizzate dallo Stato dovranno sciogliersi. Che cosa succederà?
Il presidente è l’unica autorità legittima del paese e ha il diritto di ordinare a tutte le milizie irregolari di sciogliersi e di lasciare subito gli stabili dello Stato, che stanno occupando. In Libia non ci possono essere autorità diverse dallo Stato, le milizie lo sanno e lo capiscono, per questo sono sicuro che obbediranno all’ultimatum.

Venerdì scorso a Bengasi, dove è stato ucciso l’ambasciatore americano Stevens, la gente durante scontri durati ore ha cacciato le milizie islamiste di Ansar al Sharia. Perché l’hanno fatto? 
Le milizie formate perlopiù da ex ribelli che hanno contribuito alla cacciata di Gheddafi minacciano la stabilità del nostro paese. Per questo la gente è contro di loro. Non li vogliono, vogliono che lo Stato assuma il controllo del paese ed è quello che sta succedendo dopo le elezioni.

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Dopo la demolizione da parte di estremisti salafiti nel centro di Tripoli di un antichissimo santuario Sufi senza che nessuno lo impedisse, il ministro degli Interni ha dichiarato che «queste bande sono armate e più forti di noi». Ieri il presidente al-Megaryef invece ha fatto dichiarazioni forti contro le milizie. Che cosa è cambiato?
L’11 settembre è stato nominato il nuovo governo, con a capo il premier Mustafa Abu Shagour. Il Consiglio nazionale transitorio libico era debole e non era scelto dal popolo: per questo non ha fatto niente per fermare le milizie, lasciando che si rafforzassero. La nuova Assemblea nazionale scelta dal popolo, che ha cominciato i lavori il 10 agosto, invece userà la forza per opporsi ai gruppi islamisti.

La Libia è dipinta dalla maggioranza degli osservatori come un paese insicuro e fuori controllo. È così?
Instabilità e insicurezza sono i due principali problemi della Libia, acuiti dal governo di transizione. Il governo attuale però è pronto e ha il sostegno del popolo per risolvere questi due problemi. 

A uccidere l’ambasciatore americano Stevens sono state le milizie di Ansar al Sharia?
Per quanto riguarda l’assalto all’ambasciata americana di Bengasi l’Assemblea nazionale si è scusata con gli Stati Uniti e ha nominato un giudice, che ha già cominciato una indagine. Ancora non c’è certezza però sul responsabile. All’inizio tutti hanno parlato di Ansar al Sharia come dei responsabili ma è difficile dirlo con certezza: ci sono diverse sigle attive nel paese, bisogna aspettare la conclusione dell’indagine.

Qual è la situazione dell’aeroporto di Tripoli? Tutti i voli erano stati sospesi, mesi fa era stato assaltato da alcune bande armate e oggi è giunta la notizia che una di queste bande che operava sulla strada per l’aeroporto ha accettato l’ultimatum.
Adesso anche l’aeroporto è stato messo in sicurezza dalla polizia e dall’esercito, che rispondono al ministro degli Interni e della Difesa. Io stesso arrivo a Tripoli proprio oggi dall’aeroporto e posso assicurare che la situazione è assolutamente sotto controllo.

Scongiurato il pericolo di una divisione della Libia in due? La Cirenaica da una parte e la Tripolitania dall’altra?
La Libia non si dividerà mai in due: chi ha parlato di divisione è solo qualche media occidentale che vuole esagerare la situazione. La gente sia della Libia orientale che occidentale non permetterebbe mai nulla del genere.

Come procede il processo del figlio di Gheddafi Saif Al Islam? Molti affermano che sia condotto da diverse milizie e che lo Stato sia del tutto escluso.
Il processo a Saif Al Islam è stato rimandato di cinque mesi ma lui è al sicuro. Il processo sarà condotto dal sistema giudiziario nazionale e non da qualche milizia in cerca di vendetta.

@LeoneGrotti

 

Tags: ansar al shariachristopher stevenscntgheddafilibiaprimavera arabasaid laswadtripoli
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