Parla Thatcher Margaret. Detta TINA (There Is No Alternative)

Di Richard Newbury
09 Aprile 2013
«Ha occhi da Caligola, la bocca di Marilyn», diceva di lei Mitterand. «Negoziare con lei era come alternare docce fredde e bollenti», spiegava Kohl. Ritratto d'autore della lady di ferro

Margaret Thatcher è morta ieri all’età di 87 anni per un ictus. Ripubblichiamo un suo ritratto scritto per Tempi nel gennaio 2000 da Richard Newbury.

“Nell’arco della mia vita tutti i problemi sono venuti dal-l’Europa e tutte le soluzioni sono venute dal mondo anglofono” declamò Margaret Thatcher al Congresso del partito conservatore del 1999.

La società non esiste. Ci sono solo individui e famiglie
Eppure, nonostante questa sua insularità, come commentò Jim Callaghan, il primo ministro laburista da lei sconfitto nel 1979, quando anch’ella a sua volta capitolò – “più lontano si andava dalla Gran Bretagna più la si trovava ammirata” – il thatcherismo era come la stessa Thatcher una pianta locale, addirittura insulare, e piuttosto che una ideologia è una serie di istinti. Per Julian Critcheley – politico conservatore liberale e perciò un “morbido” e non “uno dei nostri” – come il marxismo, il thatcherismo è nei fatti zeppo di contraddizioni. Dal canto suo però la Thatcher è libera dal dubbio, è l’etichetta su una scatoletta di vermi (gioco di parole intraducibile: scatola di vermi significa un vespaio, un sacco di problemi Ndt). Per la stessa lady Thatcher “la mia politica si fonda su cose in base a cui io e un milione di persone come me siamo stati tirati su. Un’onesta giornata di lavoro per un’onesta giornata di paga; vivere secondo i propri mezzi; mettere da parte un gruzzolo per i tempi magri; pagare le proprie bollette in tempo; appoggiare la polizia”. In altre parole “i soldi non piovono dal cielo, devono essere gudagnati sulla terra” e “nessuno ricorderebbe il Buon Samaritano se avesse avuto solo buone intenzioni. Oltre a quelle aveva pure i soldi”. Ancora lei, lady di ferro: “La società non esiste. Ci sono solo individui, uomini e donne e ci sono famiglie. E nessun governo può far nulla se non attraverso la gente e la gente per prima cosa deve pensare a se stessa. È nostro dovere badare a noi stessi e poi badare agli altri”.

Mitterand diceva di lei: “Ha occhi da Caligola, la bocca di Marilyn”
Margaret Thatcher, la prima donna primo ministro in Gran Bretagna non è stata una femminista convenzionale. Essere una donna e perciò essere in grado di sposare un uomo ricco, evitando come i suoi rivali maschi di dover costruire la propria indipendenza finanziaria e mantenere una famiglia, così come l’essere la sola politica abile in mezzo poco più di una dozzina di rivali femminili, ammette che l’abbia indubbiamente aiutata nella sua carriera. Tuttavia preferiva la compagnia degli uomini e non sapeva di che cosa parlare con le loro mogli. Certo usò la sua femminilità per far sì che le fosse concesso di essere più abrasiva e diretta dopo aver preso una decisione, ma “isterica” e indecisa assai più di quanto gli uomini avrebbero perdonato ai loro colleghi. Aveva però un interesse femminile per la vita privata di coloro che lavoravano per lei. La sua opinione era che agli uomini, specialmente ai gentiluomini, mancava il suo rifiuto del compromesso. “In politica se vuoi che qualcosa venga detto chiedilo a un uomo; se vuoi che qualcosa sia fatto, chiedilo a una donna”. Il presidente Mitterand al suo nuovo ministro degli esteri Roland Dumas la descrisse come “una dagli occhi di Caligola e la bocca di Marilyn Monroe” mentre per Helmut Kohl “negoziare con lei era come alternare docce fredde e bollenti”.

La “purga thatcheriana”
Senza riserve ammise che “non mi importa quanto i miei ministri discutono, mi basta che facciano quello che dico io” e che “io sono estremamente paziente purché alla fine la spunti io”. Nondimeno continua a pensare che “qualche volta il primo ministro dovrebbe essere intimidatorio. Non serve a molto essere una cosa debole e moscia su una poltrona, non è vero?”. Non le piaceva “perdere tempo in litigi interni”. Come Mrs Thatcher disse al Congresso delle donne conservatrici nel 1980 in un momento in cui era il più impopolare primo ministro della storia britannica e la sua politica di non-intervento manteneva una sterlina ricca di petrolio a 2.30 dollari e così facendo finiva col chiudere il 20% dell’industria manifatturiera britannica: “Dobbiamo bilanciare la nostra produzione e i nostri guadagni. Non c‘è nessuna facile popolarità in quanto proponiamo, ma la cosa è fondamentalmente solida. Inoltre credo che la gente accetti che ‘there is no alternative’. Dando così vita all’acronimo thatcheriano TINA, non c’è nessuna alternativa.
La “purga thatcheriana” fu la deregolamentazione di lavoro e mercati del capitale, la privatizzazione di quelle industrie nazionalizzate che lo stato aveva assunto come risultato della guerra, depressione e ideologia socialista. Così ha descritto ciò che aveva raggiunto negli anni ’80: “Abbiamo ridotto il deficit governativo e abbiamo ripagato il debito. Abbiamo fortemente tagliato la tassa sul reddito di base e anche le tasse più alte. E per far ciò abbiamo saldamente ridotto la spesa pubblica come percentuale di guadagno nazionale. Abbiamo riformato la legge sui sindacati e i regolamenti inutili. Abbiamo creato un circolo virtuoso: tirando indietro il governo abbiamo lasciato spazio al settore privato e così il settore privato ha generato più crescita, il che a sua volta ha permesso solide finanze e tasse basse”. Conferma oggi: “Tutto ciò si basava su saldi principi fondati su una giusta comprensione della politica, dell’economia e soprattutto della natura umana”.

Testardo, fantastico realismo
“Il primo e forse il più importante discernimento è che il governo può fare poco di buono e molto che invece fa male e quindi il campo di azione del governo dovrebbe essere tenuto al minimo. Il secondo è la regola della legge che posso aggiungere in qualità di penalista non è gli avvocati al potere, e neppure, lo dico con il più grande rispetto è: i giudici al potere. I nostri grandi giudici in certi periodi si sono rivelati saggi ed eroici guardiani dei nostri diritti. Ma sta al Parlamento fare le leggi che danno forma alla nostra vita. Ora l’invasione da parte di un sistema alieno di legge della Comunità europea è ciò che procura più di ogni altra cosa causa di ansietà. L’autorità è succhiata via dalle nostre istituzioni nazionali democratiche e giudiziarie verso un’entità burocratica che sempre di più parla con i toni di un potere imperiale. Questo va fermato – anzi invertito. Il terzo principio è il possesso di proprietà che ha un effetto psicologico misterioso ma non per questo meno reale: il prendersi cura del proprio offre un addestramento nel divenire cittadini responsabili. Il possedere una proprietà dà all’uomo indipendenza contro un governo troppo invadente. I santi di una volta spesso rinunciarono alle loro proprietà in modo da rompere ogni legame e elevarsi sopra le preoccupazioni del mondo. Ma per la maggior parte di noi i nodi della proprietà ci costringono entro doveri che altrimenti potremmo scansare: per continuare con la metafora ci impediscono di cadere nell’emarginazione. Incoraggiare la gente ad acquistare proprietà e risparmiare era molto di più di un programma economico. Era un programma per porre termine a una società ‘basata su una sola generazione’ mettendoci al posto una democrazia fondata sul possesso di capitale”.

“Il sogno di Prodi? Non è il suo. È quello di una sinistra e destra continentali che sono due facce della stessa medaglia collettivista”
Questa filosofia la lady l’apprese dal padre adorato, Alfred Roberts che, lasciata la scuola a 13 anni salì nella scala sociale fino a possedere due negozi nella piccola città industriale di Grantham. Cosa però più importante usò dei suoi proventi di piccolo commerciante per occupare i non pagati lavori di assessore al bilancio, sindaco, giudice di pace, governor del liceo locale e, sopra ogni altra nella sua scala dei valori, di predicatore laico metodista.
Quella di Margaret fu un’infanzia di “aggressiva frugalità” con chiesa quattro volte alla domenica, ma anche costante dibattito e letture pur sotto i bombardamenti tedeschi. Il thatcherismo è stato il suo modo di onorare questo arbitro morale che ai suoi occhi non poteva commettere nessuno sbaglio, e la cui filosofia lei giudicava applicabile in tutto il mondo per non parlare dell’Europa. Il sogno di Prodi di un’Europa “con il suo persistente spostamento verso un’economia pianificata e controllata” non è perciò il suo. “Le idee di questi paesi europei continentali, le tradizioni, la storia sono fondamentalmente differenti dalle nostre. Il tipo di individualismo liberale che J.S. Mill descrive in ‘Della libertà’, per non parlare della libera economia di Adamo Smith ne ‘La ricchezza delle nazioni’ là non hanno mai preso piede. Le battaglie tra la sinistra e la destra europee sono state in sostanza battaglie tra due diverse marche di collettivismo e in gran parte lo sono ancora adesso. Inoltre in molti casi ci sono radicatissime tendenze alla burocrazia, all’autoritarismo e all’uso corrotto del potere”.
Il federalismo è una minaccia sia al governo limitato sia all’autogoverno con Bruxelles che non solo diminuisce i poteri nazionali ma che accresce i propri. La scelta è tra il tipo di unione di nazioni sovrane indipendenti che hanno dato al mondo l’Onu, il Fim e il Gatt e che in Europa potrebbe permettere l’ingresso dell’Europa dell’Est o il Federalismo “progressivamente diretto da Bruxelles unito da cittadinanza comune, armonizzato da regolamentazioni burocratiche, attrezzato con economia comune, comuni politiche estera e per la difesa, usante una moneta unica e acquistando così tutte le bandiere, gli inni e i simboli dell’essere nazione”.
Ma il concetto di nazione, da non confondersi con il nazionalismo, è vecchio quanto la stessa Bibbia: “La rettitudine crea una nazione” (Proverbi 14); “Nazione non solleverà la spada contro nazione” (Isaia 2). L’orgoglio nazionale combinato con la libertà e il dominio della legge rinforza potentemente il governo democratico. L’ingrediente vitale della democrazia – l’opinione pubblica – può allora aver luogo. La gente consentirà ad essere governata e accetterà i sacrifici comuni più prontamente se alle spalle c’è una storia comune, istituzioni simili e lealtà. Ma soprattutto una comune lingua e cultura.

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