Piero Ostellino non ne può più della magistratura politicizzata. E torna a denunciare i tentativi di “rivoluzione per via giudiziaria” condotti da certe toghe a danno della democrazia (e a spese dei cittadini). Nella sua rubrica sul Corriere della Sera di oggi, 7 settembre, l’editorialista risponde al presidente di Magistratura democratica, Luigi Marini, che aveva replicato con indignazione a un suo precedente commento accusandolo di essere «rimasto al Settecento».
CULTURA BOLSCEVICA. «Caro presidente – scrive Ostellino – si dà il caso che la cultura settecentesca sia quella che ci consente oggi di vivere liberamente nelle democrazie liberali, mentre quella di Magistratura democratica assomiglia molto alla cultura novecentesca dei bolscevichi». E qui il polemista liberale si lancia in una spietata critica del “partito di sinistra” delle toghe. «Come possano non essere “politicizzati” dei magistrati che fanno “politicità del fare giustizia” poteva venire in mente solo a un apprendista leninista in ritardo con i tempi», attacca.
TOGHE DI LOTTA. Sempre rivolto al leader di Md, Ostellino osserva che «a connotarvi come partito (rivoluzionario), non sono io, ma siete voi stessi. Marco Ramat, fondatore del movimento, aveva detto al congresso del 1975: “Il nostro compito consiste nella ricerca di una politica della magistratura e per la magistratura che sia capace di inserirsi utilmente nella lotta difensiva e offensiva condotta dal movimento democratico nel suo complesso”». Lotta difensiva e offensiva che «era poi il tentativo del Pci di sostituire, all’ombra della retorica resistenziale, l’autoritarismo fascista col totalitarismo comunista», ricorda Ostellino.
IL «NEMICO CAPITALISMO». Il giornalista del Corriere ha in serbo anche qualche bell’esempio per dimostrare che cosa intenda la sinistra togata quando dice di avere «un compito». Elenca Ostellino: «Se un vostro esponente, Elena Paciotti, si chiede se “vanno considerati uguali un imprenditore e un lavoratore”; se per un altro, Antonio Bevere “il capitalismo è il vero nemico della democrazia”; se Scarpinato e Ingroia auspicano “la creazione di interventi extra-istituzionali qualora le elezioni vengano vinte da gente non democraticamente affidabile” (leggi: non la sinistra); sono io che vi accuso o siete voi a essere politicizzati?».
RIVOLUZIONARI CON LA MUTUA. «Volete fare la rivoluzione stipendiati dallo Stato che intendete sovvertire», insiste il giornalista tornando su un argomento già affrontato nei mesi scorsi. Si tratta, secondo Ostellino, di un «paradosso»: «La rivoluzione non è un fatto giuridico, legittimato dall’Ordinamento esistente – la pasticciata Costituzione della quale citate, parzialmente, le parti di “socialismo reale” e non quelle di garanzia liberale – ma normativo, cioè, un tentativo di modificare l’Ordinamento esistente; che, da noi, bene o male, è ancora democratico, e sostituirlo con un altro (che dubito lo sarebbe)». La rivoluzione non si fa «a colpi di sentenze, interpretando in modo assai soggettivo la stessa Costituzione» e auto-eleggendosi «appendice sovra-ordinata del potere legislativo». «Siete degli aspiranti rivoluzionari con lo stipendio, la mutua, la pensione garantiti», conclude il polemista. «Almeno risparmiateci certe lettere ipocritamente indignate».