Mi scrive don Vincent Nagle, cappellano dell’ospedale di Attleboro (Usa): «Mi ha telefonato la mamma di una bambina di 8 anni che era stata portata in ospedale, colpita da arresto respiratorio. “Non portarmela via!” urlava la donna. Le ho detto di appoggiarsi a me. Il padre della bimba era seduto su una sedia, vicino al suo letto. Ci ha detto che il loro piccolo angelo li aveva lasciati. La madre ha emesso un urlo che è salito da una profondità che la maggior parte di noi mortali non oserebbe guardare. Suo marito è stato stupendo. L’ha stretta a sé. L’ha confortata. Le ha ricordato il Paradiso. Dopo pochi minuti la madre ha cominciato a chiamare Gesù e Maria. Li ha invocati per sua figlia, per se stessa e per la sua famiglia. Pregava con grande emozione. Tutte le altre volte che ho vissuto situazioni analoghe, la rabbia durava molto più a lungo, ancora di più l’incomprensione e l’incapacità di rapportarsi con la realtà. Qui, la madre stava già affidando sua figlia a un Altro. Noi tre pregavamo in silenzio, pensando ai miracoli che Dio ci aveva offerto nella vita. Ho guardato i loro volti. Contemplando il viso bellissimo della loro figlia morta, sorridevano».
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
Codice ISSN
online 2499-4308 | cartaceo 2037-1241
Direttore responsabile
Emanuele Boffi