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Ora il centrodestra non abbia paura di misurarsi col potere

I media attaccheranno, c'è da aspettarselo. Ma la destra ha un'occasione storica per piantare i piedi nelle istituzioni. Come? Qualche osservazione

Lorenzo Castellani
28/09/2022 - 6:30
Politica
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Da sinistra: Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Piazza del Popolo, Roma, 22 settembre 2022
Da sinistra: Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni. Piazza del Popolo, Roma, 22 settembre 2022 (Ansa)

Il centrodestra ha vinto le elezioni e ottenuto la maggioranza assoluta in Parlamento, nascerà il governo Meloni, la stessa coalizione governa 14 regioni su 19. Se la classe politica di questi partiti non pianterà bene i suoi piedi nelle istituzioni non lo farà mai più e perderà l’ennesima grande occasione dopo quelle offerte dalla stagione berlusconiana.

Il governo, per partire bene, si dovrà reggere su una considerazione: l’ambiente esterno sarà molto ostile, dimentichiamoci i tempi della pax draghiana. I grandi media italiani, quasi tutti spostati a sinistra, e feriti dalla bruciante sconfitta politica e culturale della propria parte non faranno sconti alla destra. La polemica, la drammatizzazione, il moralismo saranno all’ordine del minuto. Il dibattito pubblico, come i tempi di Berlusconi e Salvini ben testimoniano, tende a diventare molto più isterico quando non c’è il Pd al governo. Lo stesso isterismo troverà dei corrispettivi all’estero, indebolendo l’immagine del paese e irridendo la democrazia italiana, che invece è più sana e matura di quanto pensino stranieri e italiani stessi.

C’è poi la questione burocratica. Nel paese ci sono funzionari pubblici eccellenti, civil servants senza partigianeria e ci sono anche quelli di chiaro orientamento politico, in genere più vicino a quello della futura opposizione. Tutta la dirigenza pubblica, anche per colpe non sempre ascrivibili alla categoria, tende a rallentare la catena decisionale o a modificare il meno possibile le politiche pubbliche.

Ricorso a un bacino esterno

Traducendo questi due fattori: urgono ministri capaci, rispettati in Italia e all’estero, in grado di imporre la propria linea politica e di essere quanto più inattaccabili dai media. Non ci si può, pertanto, limitare a una distribuzione di posti politica, stile Cencelli, ma servirà qualcosa in più, il ricorso anche ad un bacino esterno. Anche perché i mercati finanziari osservano e si aspettano una destra normalizzata, stabile, favorevole al business.

Lo stesso discorso vale per gli staff dei ministeri e le nomine nei vari enti e società pubbliche – strutture sempre più centrali nella macchina del potere – dove bisognerà allargare oltre i confini dei partiti. Serve un patto con quel pezzo di establishment che non è aprioristicamente ostile al nuovo governo.

Cultura e media

Terza questione, la cultura. La destra italiana se ne è sempre disinteressata poiché la cultura popolare la facevano le televisioni di Berlusconi fino ad un decennio fa. Oggi è tutto cambiato sia per l’ascesa dei social network sia per la radicalizzazione della sinistra progressista. Nel mondo della cultura e nelle accademie gli spazi per coloro che non sono di sinistra si sono infinitamente ristretti. Tutto viene mascherato dietro la competenza, l’argomento di moda del momento, il linguaggio politicamente corretto ma in realtà c’è un meccanismo di affiliazione politica che domina certi ambienti. Senza una presa sull’agenda mediatica, politica e culturale è molto difficile lasciare il segno, costruire qualcosa che sia duraturo.

Dunque, anche qui le dinamiche di organizzazione, selezione, occupazione dei posti, organizzazione di eventi, iniziative editoriali e sviluppo di programmi di formazione sono fondamentali.

Il sistema delle spoglie nell’amministrazione e la pluralizzazione della cultura e dell’istruzione sono operazioni che non possono essere trascurate o lasciate a piccoli gruppi dei partiti, ma serve un impegno diretto di Palazzo Chigi e un allargamento delle personalità coinvolte nel progetto. Non si governa senza costruire una rete di potere ramificata e multilivello che coinvolga tutti i settori della società.

Costruire un piano diplomatico

Quarto punto, l’Europa. La Meloni ha l’opportunità di diventare un punto di riferimento di conservatori e sovranisti, ma limitarsi a questo è pericoloso. Si rischia di restare fuori dal cordone sanitario costruito dalle forze politiche che oggi governano Bruxelles, con conseguente marginalizzazione dell’Italia e schiacciamento sull’estremo.

C’è da porsi come ponte, o cuscinetto, tra i partiti nazionalisti e gli altri partiti europei, in particolare i popolari, i liberali e i verdi. La sfida è costruire sul piano diplomatico, sia con gli altri governi che con i gruppi parlamentari, non entrare in conflitto aperto col rischio d’indebolire se stessi e il paese. Ci saranno delle tensioni, ci saranno momenti di negoziazione, forse arriveranno risultati congiunti. L’obiettivo, in questo processo, è portare la destra italiana dentro la politica europea e non ai margini, facendo da collante tra i nazionalismi e gli europeisti.

Dunque, anche per questa operazione urgerà l’ammorbidimento di alcuni tic ideologici, troppo diffusi nella dirigenza dei partiti della nuova maggioranza.

Misurarsi col potere

In conclusione, spesso si è sentito dire che la destra è spaventata dal potere. Non c’è errore più grave di esserlo.

La destra deve misurarsi col potere, gestirlo con le categorie del realismo e dell’egemonia culturale, costruire una élite e mescolarsi con quella già esistente. Senza questo passaggio il rischio di deragliare nella radicalizzazione o di essere ridotti all’irrilevanza da poteri interni ed esterni è molto elevato.

Tags: Elezioni 2022Giorgia MeloniMatteo SalviniSilvio Berlusconi
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