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«Omosessuale e spia israeliana». Hamas tortura e uccide uno dei suoi comandanti

I familiari di Mahmoud Ishtiwi, jihadista di ferro, attaccano il regime di Hamas: «Siamo figli di questo movimento. Ma ci avete tradito: pagherete davanti ad Allah»

Leone Grotti
02/03/2016 - 12:15
Esteri
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Era uno dei comandanti più in vista di Hamas, il gruppo di terroristi islamici che controlla Gaza, proveniva da una famiglia blasonata di fedelissimi che nel 2014 hanno combattuto contro Israele supervisionando la costruzione di tunnel per attaccare sul suolo israeliano. Aveva 34 anni, eppure un mese fa i suoi uomini dopo averlo torturato ripetutamente l’hanno ucciso in piazza con tre colpi di arma da fuoco al petto.

OMOSESSUALITÀ. Che cos’ha fatto Mahmoud Ishtiwi per meritare una simile morte? È stato accusato di depravazione morale. Tradotto, di essere omosessuale. Ishtiwi, che ha lasciato a Gaza due mogli e tre figli, non è il primo jihadista ad essere ucciso dai suoi stessi compagni ma ciò che è strano, riporta il New York Times, è il modo in cui i suoi familiari hanno denunciato pubblicamente l’ingiustizia e la barbarie del regime islamico di Hamas.

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LEADER ESTREMISTI. La famiglia Ishtiwi è famosa a Gaza per aver rischiato la vita ospitando in casa il comandante in capo delle brigate al-Qassam, il braccio armato di Hamas, Mohammed Deif, ricercato dall’esercito israeliano. Ma da quando Yehya Sinwar è stato eletto nel 2012 rappresentante politico delle brigate al-Qassam, non c’è più rispetto neanche per i veterani: «È ancora più estremista degli altri leader», spiega Ibrahim al-Madhoun, scrittore vicino ad Hamas, «vuole che l’esercito sia puro. I membri delle Brigate sono le persone più importanti di Gaza ma lui vuole far vedere che non sono intoccabili».

PEDIGREE JIHADISTA. Il pedigree jihadista di Ishtiwi era eccellente: nel 2001, a 19 anni, si è unito alle brigate al-Qassam, insieme a tre dei suoi cinque fratelli. Uno di loro, Ahmad, è stato ucciso da un bombardamento israeliano nel 2003. Dopo essere diventato comandante di Zeitoun, il quartiere di Gaza dove è nato, le bombe israeliane hanno colpito nel 2014 la casa della sua famiglia e quella della sua seconda moglie. Poi però è cambiato tutto, continua il Nyt dopo aver parlato con la madre della vittima e con undici dei suoi parenti.

«TELENOVELA DELLA TORTURA». Nel gennaio del 2015 è stato accusato di aver distratto dei fondi destinati alla sua unità e il regime islamico quando si tratta di queste cose usa la mano pesante. Dopo essere stato arrestato e imprigionato, Ishtiwi ha subito ammesso di aver trattenuto alcuni fondi e da quel momento «è iniziata la telenovela della tortura», spiega una delle sue sorelle: gli ufficiali di Hamas infatti si sono insospettiti per quella rapidissima confessione.

OMOSESSUALE E SPIA ISRAELIANA. Le indagini sarebbero arrivate a un uomo che ha ammesso di aver avuto rapporti sessuali con lui. I soldi trattenuti, secondo gli ufficiali, sono stati usati per pagare rapporti sessuali e non far parlare il suo amante. Dopo l’accusa di omosessualità, è arrivata quella di spionaggio per gli israeliani, i quali gli avrebbero estorto delle informazioni sensibili minacciando di rivelare appunto la sua omosessualità. Ishtiwi ha confessato tutto ma a marzo ha rivelato a suo fratello Hussam di averlo fatto dopo ripetute torture. Alle sue mogli ha aggiunto: «Mi hanno quasi ucciso. Ho confessato cose che non ho mai fatto in tutta la mia vita. È un’ingiustizia». Due delle sue sorelle, Buthaina e Samia, visitandolo in prigione a giugno l’hanno visto piangere a dirotto. Diceva solo: «Sono vittima di un’ingiustizia».

PROTESTE PUBBLICHE. Le due sorelle si sono recate a giugno dal leader di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, chiedendogli se il fratello poteva avere un avvocato. «No». Poteva essere visitato dalla Croce Rossa? «No». Il suo caso poteva essere rivisto da una commissione interna? «Forse». Ma la commissione non è mai stata istituita e a luglio decine di parenti e vicini si sono recati sotto la casa di Haniyeh per inscenare una rarissima protesta pubblica ma sono stati mandati via e picchiati dagli uomini della sicurezza.

«FIDUCIA TRADITA». A quel punto, Buthaina ha raccontato a tutto il mondo il caso di suo fratello su Facebook: «Siamo figli di questo movimento [Hamas]. Pensavamo di poter risolvere tutto tra di noi. Invece la nostra fiducia è stata tradita». Ad agosto dell’anno scorso la famiglia ha per l’ultima volta visto Ishtiwi. La madre ha addirittura registrato un video di otto minuti indirizzato a Deif, il capo delle brigate al-Qassam, nel quale lo implora di salvare suo figlio e gli ricorda di come la sua famiglia ha rischiato la vita per proteggerlo in casa dalle bombe israeliane. «Fatemi vedere mio figlio, liberatelo», piange, «o pagherete davanti ad Allah il giorno del giudizio».

ZULUM. Ma non c’è stato niente da fare. L’ultimo tentativo i familiari di Ishtiwi l’hanno fatto il 6 febbraio, parlando nella loro casa di Zeitoun fino alle due di mattina del giorno seguente con un importante imam di Hamas. Tutto inutile: lo stesso 7 febbraio, più tardi, dopo la preghiera della sera, Ishtiwi è stato ucciso con tre colpi di proiettile. Sul suo petto, dicono i familiari, si era inciso con un coltello la scritta “zulum”: vittima di ingiustizia.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: Brigate al-QassamgazahamasIsraelenew york timesTerrorismo Islamico
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