Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Stefan Pan, imprenditore di Bolzano di 57 anni, è arrivato alla vice presidenza di Confindustria direttamente dai vertici della territoriale dell’Alto Adige, dove assemblee e riunioni si tengono in italiano e in tedesco. È entrato nella squadra di Vincenzo Boccia come vice presidente di diritto dopo essere stato eletto alla guida del consiglio delle rappresentanze regionali, l’organo che esprime l’evoluzione di quel comitato Mezzogiorno che rischiava di risultare anacronistico nell’attuale contesto europeo. Oggi Pan, che per origine è in Italia più a Nord di tutti – l’impresa di famiglia produce 35 chilometri di strudel al giorno e conta su una storia antica di 125 anni –, è l’uomo che all’interno dell’associazione di viale Astronomia ha il compito di rafforzare lo spirito associativo per superare quel divario tra Nord e Sud, e tra Nord e Roma, che talvolta sfocia in dialettiche interne dai toni accesi.
E a sentire le parole risuonate al Teatro alla Scala durante il discorso di insediamento di Carlo Bonomi alla presidenza di Assolombarda, che ha riproposto il tema di una «questione settentrionale», di lavoro Pan ne ha tanto da fare. A partire dalla delicata partita del rilancio del Sole 24 Ore, il terreno su cui in questa fase si stanno misurando i rapporti di forza interni. Nel migliore dei casi, le parole di Bonomi sono apparse come un invito all’attuale presidenza a schierarsi con un Nord capace di fare autocritica, poiché sul Sole «l’azione di Confindustria», questo ha detto esattamente Bonomi, «è apparsa poco incisiva proprio nell’esercizio di quelle funzioni di controllo e di sana gestione che noi tutti chiediamo per il nostro paese». In quest’intervista a Tempi, Pan spiega come cercherà di proiettare Confindustria in un contesto di relazioni europeo. E sul Sole 24 Ore ha una convinzione: «I presupposti che hanno fatto grande e autorevole questo giornale esistono ancora».
Il Sole 24 Ore cambierà assetto azionario dopo cinquant’anni. Pur restando socio di maggioranza, Confindustria avrà dei partner esterni come editore. Che cosa cambierà per il giornale?
C’è tutta la volontà di ridare forza a un asset straordinario come il Sole 24 Ore. Per questo Confindustria ha deliberato di partecipare all’aumento di capitale, perché ritiene strategico che il quotidiano contribuisca a diffondere la cultura economica e industriale del nostro paese.
Lei che cosa pensa della vendita della minoranza dell’area formazione ed eventi da cui sono arrivati incassi superiori alle attese?
È la conferma che la società ha rilevanti asset patrimoniali.
Nonostante il maggior valore non previsto di 20 milioni di euro, serviranno comunque nuovi investimenti oltre all’aumento di capitale.
Il Consiglio di amministrazione ha fatto tutte le valutazioni e messo in campo le azioni per affrontare il percorso di risanamento e rilancio del gruppo e dotare la società delle risorse necessarie a sostenerlo. L’assemblea ha approvato nei giorni scorsi la ricapitalizzazione proposta. Le premesse ora ci sono tutte. Sta al management realizzarle.
L’arrivo di un cavaliere bianco o di soci terzi potrebbe avere un impatto sulla linea editoriale del giornale?
Noi abbiamo deliberato di sottoscrivere l’aumento di capitale rimanendo azionisti di maggioranza proprio perché riteniamo fondamentale che il Sole, come dicevo, continui a diffondere la cultura economica di cui il paese ha bisogno.
Che tipo di cultura economica?
Di un paese che sta in Europa e che esprime eccellenze imprenditoriali in tutte le regioni che lo compongono. Basta saperle cercare e valorizzare.
Lei che è di Bolzano non ci dica che ora l’Alto Adige è come la Sicilia o la Campania…
Per la verità, negli ultimi tempi sono andato spessissimo in Campania per partecipare alle diverse manifestazioni in occasione del centenario di Unindustria Napoli e ho incontrato un forte dinamismo in questa regione.
Che idea si è fatto?
La Campania e tutto il Sud hanno un potenziale incredibile, una gioventù con tanta voglia di fare. Quest’area del paese sta crescendo, dallo scorso anno tutti gli indicatori dell’indice sintetico sono tornati positivi, come emerge anche dalle ultime rilevazioni che abbiamo fatto in collaborazione con il centro studi di Intesa Sanpaolo. Nel Mezzogiorno, nel primo semestre, sono nate circa 18 mila nuove imprese di capitali, di cui oltre un terzo nella sola Campania. Queste realtà vanno scoperte, raccontate, irrobustite e messe in connessione con altre aree, del Nord e del resto del paese, in modo che ricevano stimoli alla crescita e allo sviluppo creando nuovi posti di lavoro sul territorio. Ma per fare tutto ciò occorre un approccio associativo di tipo inclusivo, che superi i campanilismi e i confini territoriali.
Quello che dice Bonomi esprime un sentimento, un senso di radicamento sul proprio territorio e la voglia di rafforzarlo. Ma lo stesso Bonomi non manca di fare riferimento al concetto di solidarietà, non si pone in un’ottica separatista. Ad ogni modo, mi pare abbia poco senso parlare di questione settentrionale, meridionale o cose del genere. Ha senso parlare di questione nazionale rispetto all’Europa che è fatta da 263 regioni e 27 nazioni. Ogni giorno l’Italia si confronta con diverse macro regioni nord europee e del bacino del Mediterraneo e ha la capacità di dialogare con entrambi questi mondi. Se si mettono insieme le aree di tutto l’arco alpino si scopre che generano più Pil di tutta la Germania. E se si guarda al Sud senza preconcetti, si capisce che rappresenta una piattaforma cruciale, che può dialogare con tre continenti. L’Italia può avere un ruolo doppiamente strategico, per questo è fondamentale essere fluidi e favorire gli interscambi tra realtà diverse.
Come si rifletterà questa visione sulla politica associativa?
Con un approccio che cerca di non essere autoreferenziale. Tutte le regioni devono dialogare con il vertice ed essere interconnesse, fare rete, superare il proprio giardino in un’ottica europea. Il compito del consiglio di rappresentanza delle regioni è proprio quello di essere la cinghia di trasmissione tra base regionale e vertice nazionale ed europeo. La scelta di avere due sedi è programmatica: le sedi di Confindustria sono a Roma e a Bruxelles.
Il presidente di Assolombarda, però, pone anche altri tipi di temi come le politiche fiscali e industriali, dice che non è più il momento di tacere su mala gestione e scandali bancari. E pone il tema del rilancio dell’area metropolitana di Milano che rischia di restare sulla carta, al di là dei progetti e degli annunci…
Sì, ma non con lo spirito di mettere dei muri. Sono certo che Bonomi spingerà nella direzione giusta.
Non le pare strano che venga sollevato un problema su Milano proprio alla vigilia dell’approvazione di una legge speciale che prevede un pacchetto di incentivi fiscali dedicati esclusivamente al capoluogo lombardo?
Tutti gli incentivi che rafforzano un territorio vanno bene, ma bisognerà verificare la fattibilità di questi provvedimenti all’interno del quadro delle regole europee.
Se però tutto andrà bene e sarà approvata la legge, Milano non avrà di che lagnarsi. Diventerà fortemente attrattiva per gli investimenti, che è quello che chiede da sempre senza neanche che a spingere ci sia un partito come la Lega.
La sfida è questa. Milano deve essere non un’isola felice o la prima della classe ma un laboratorio in cui sperimentare nuove soluzioni e nuove strade da estendere anche ad altre aree del paese. Inclusione, la parola d’ordine è inclusione.
Le elezioni sono vicine. Faccia una richiesta al futuro ministro dello Sviluppo economico.
Proseguire con le riforme per rendere competitivi i territori che oggi non lo sono pur avendo grandi potenzialità.
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