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«Non abbandoniamo i cristiani d’Oriente». Scritto a Parigi nel 1897 (o ieri?)

In una piccola libreria di Istanbul ho trovato un vecchio libro francese che parla dei fratelli armeni. Ci sono pagine assolutamente sconosciute

Renato Farina
07/12/2018 - 2:00
Società
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Vittime del genocidio armeno in Turchia

Articolo tratto dalla rubrica “Il Molokano” di Renato Farina nel numero di Tempi di novembre

Sono andato a Istanbul alla ricerca di memorie. Istanbul è bellissima. Voglio bene ai turchi, sono persone gentili. Mi chiedo quale follia li spinse all’assassinio di massa dei fratelli armeni. Ma capitò ai tedeschi con gli ebrei, ai russi coi loro stessi parenti. È l’umanità ad essere malata, ma bisogna pur dirlo che è stata redenta. E c’è l’orrore ma c’è anche il perdono. La dimenticanza però non va bene, la negazione è la premessa di nuovi spaventosi crimini. Tutti conosciamo il genocidio perpetrato dagli ottomani contro gli armeni, in quanto cristiani, nel 1915-16, che causò un milione e mezzo di morti. Si dice che siano state fatte sparire le tracce libresche e le memorie vocali di questa strage. Eppure io ho cercato. E ho trovato.

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In una piccola libreria ho letto un titolo in francese: Livre d’or des Martyrs de la Charité. Ho pensato: incredibile, parlano di loro, dei fratelli armeni. Edizione, Paris 1897. Delusione meravigliosa. I martiri della carità non sono loro, ma 130 donne, ragazze, bambine bruciate vive nella capitale francese il 4 maggio del 1897. Al Bazar della Carità queste dame avevano organizzato una grande vendita di beneficenza. C’erano altezze reali e umili servette. Raccoglievano fondi per le “Oeuvre d’Orient”, una organizzazione impegnata per soccorrere i cristiani d’Oriente e la loro presenza. L’incendio si scatenò dalla saletta del cinema, attaccò le tende, le gonne, fu un rogo da cui si salvarono mille e più brave figlie ma 130 perirono. Il presidente Charmetant decise che il genio femminile bruciato vivo per amore dovesse essere onorato. Raccolse perciò la biografia delle defunte, gli articoli dei quotidiani del tempo, le cronache e discorsi, fotografie e ritratti delle eroine, e stampò questo volume. Con una noticina: «Vendita a profitto della sottoscrizione per le vittime dei massacri d’Armenia».

L’accostamento tra i due fatti occupa la prefazione, e ci sono pagine assolutamente sconosciute: una testimonianza francese nel cuore della Istanbul antica. Libro d’oro nella luce d’oro. Il sangue dei martiri è oro puro. Charmetant racconta dei «centotrenta corpi carbonizzati». Ed ecco il legame: se il sangue dei martiri armeni della fede lava il peccato orrendo di chi li ha uccisi, i martiri della carità, «le nostre Donne, patrone delle opere cattoliche francesi, non laveranno forse i peccati della nostra Patria?». Noi molokani lo sappiamo: non c’è una sola piccola lacrima che non si mescoli all’acqua uscita dal cuore del crocifisso, trapassato dalla lancia di Longino, che è conservata proprio dai fratelli armeni ad Echmiadzin. E qual era allora il peccato della Francia e dell’Europa? Quello di chiudere gli occhi, non vedere, non sentire, fingere non esistesse la persecuzione dei cristiani.

I massacri degli armeni (non era ancora stata coniata la parola genocidio) cominciarono allora. Furono trecentomila «vittime del fanatismo musulmano». Le notizie furono raccolte dal viceconsole inglese in un rapporto ufficiale. Charmetant si diffonde nel racconto di un eccidio «della cui barbarie la storia non offre alcun altro esempio». Nella cattedrale di Orfa, l’antica Edessa, tremila giovani spose (coi loro bambinetti) si erano rifugiate, dopo che i loro uomini erano stati fatti a pezzi a colpi di scimitarra. Non volevano essere carne da harem. Si nascosero nei recessi. Esse resistettero, non si consegnarono, non vollero rinnegare Cristo. «Maturò nei persecutori l’idea satanica di immolare in un sol colpo e in qualche istante tremila cristiane». Ammucchiarono mobili, tappeti, icone, versarono botti di petrolio e diedero fuoco. Chi cercò di saltare fuori dalle finestre fu abbattuto. «Mostri dal volto umano!». «Per molte ore, la città intera fu invasa dall’insopportabile odore di questa massa di carne umana bruciata, e per più di due mesi, l’atmosfera restò appestata dalle emanazione di 3.000 cadaveri in putrefazione».

LA COMPLICITÀ DELL’EUROPA

Charmetant grida: ci sono altri cinquecentomila che sono sopravvissuti e a cui è stato tolto tutto. «Sono vittime del fanatismo musulmano e del vigliacco abbandono dell’Europa. E oggi sono nell’orribile alternativa di rinnegare la loro fede o di morire di fame e di miseria, se non li soccorriamo». Sono scritte nel 1897 o ieri? Aggiunge: «Bisogna ridirlo: è con la complicità dell’Europa cristiana che l’islam ha potuto compiere, e ancora continua, quest’opera barbara di sterminio di tutto un popolo a causa della Fede». Promette: «Non ci stancheremo di ripeterlo: abbandonare questi cristiani è un crimine di lesa umanità che non può che attirare terribili castighi sulle nostre teste».

1897-2018, Istanbul.

Il vostro Molokano.

@RenatoFarina

Foto genocidio armeno da Shutterstock

Tags: armeniCristiani Perseguitatigenocidio armenoistanbulTurchia
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