Fu la gloriosa testata dell’anarchismo nostrano. Fino al 1922 quotidiano, capace di superare, in copie vendute, in alcune zone, il socialista Avanti!. Dal dopoguerra esce settimanalmente, con difficoltà sempre maggiore. Gli orizzonti rivoluzionari si sono ridotti ad una più contingente apologia del ribellismo presente su piazza. Umanità Nova, di questo stiamo parlando, ha sempre visto con simpatia il movimento No Tav, sempre cercando di dettargli delle parole d’ordine.
«GIOCARE CON VIOLENZA». Nell’ultimo numero presente on-line, propone un pezzo di giudizio e strategia. Vale la pena riportarne un passaggio (dove tra l’altro, al di là della retorica di altra parte del movimento antitreno, si riconosce il procedere spedito dell’opera). «La scommessa – scrive il settimanale anarchico – è ancora quella di creare le condizioni perché la valle di Susa torni ad essere ingovernabile. I sabotaggi sono il segno tangibile di una tensione forte a non arrendersi ai giochi della politica istituzionale, ma se restano patrimonio di pochi, cui i più delegano la lotta, possono rappresentare il canto del cigno del movimento. Occorre creare le condizioni perché i tanti che plaudono ma non si impegnano in prima persona si impegnino direttamente nelle azioni. Il cantiere di Chiomonte è il luogo scelto dallo Stato per giocare con violenza la propria partita: sinora i governi e la polizia hanno sbagliato poche mosse, facilitati da un terreno che li favorisce».
Ci sono, converrà il lettore, un sacco di passaggi interessanti. Colpisce l’attestazione del favore con cui, anche chi le azioni non le compie, nella generalità il movimento plaude ai sabotaggi. Si legge, infatti, poco prima che «anche alcune ditte collaborazioniste hanno dovuto fare i conti con le azioni dei No Tav: una ruspa e un paio di camion di ditte che hanno partecipato ai lavori per il cantiere sono stati danneggiati nelle ultime settimane. Una strategia che, nell’assemblea popolare No Tav dello scorso 13 giugno, è stata fatta propria dal movimento di opposizione alla Torino Lyon. Un passaggio simbolicamente molto importante, perché, a due anni dall’assunzione collettiva di responsabilità per la resistenza alla Maddalena e per gli attacchi alla zona occupata del tre luglio, il movimento, incurante del moltiplicarsi delle azioni repressive della magistratura, arrivata a formulare l’accusa di tentato omicidio per l’azione dello scorso 8 maggio, ha scelto di stare dalla parte di chi lotta e resiste attivamente all’imposizione violenta del Tav».
STRATEGIA PIANIFICATA. Vedremo se ci saranno dissociazioni da parte dei “trenocrociati” e dei loro referenti istituzionali. Nel frattempo, il senatore Stefano Esposito (Pd), rispetto ha queste affermazioni ha diffuso una dura nota. «Siamo di fronte a minacce non nuove – scrive il parlamentare, tra i più forti supporter dell’opera – perché ricalcano quanto annunciato diverse settimane fa dai leader del movimento No Tav. Gli attentati incendiari e gli atti vandalici che si sono verificati negli ultimi tempi dimostrano che non siamo di fronte a proclami deliranti ma a una strategia ben pianificata, di stile mafioso, volta a colpire con azioni mirate imprese, lavoratori e forze dell’ordine».
Il senatore si dice dispiaciuto di essere «ancora una volta, costretto a porre le stesse domande: fino a quando istituzioni e politica vorranno consentire a qualche gruppo di pseudo-guerriglieri di giocare a fare i partigiani in Valle di Susa con azioni violente e pericolose per l’incolumità delle persone attaccate? Fino a quando i Valsusini continueranno a permettere agli anarchici e antagonisti di strumentalizzare l’opposizione alla Tav e di tenere in ostaggio un intero territorio? Fino a quando la società civile continuerà a tacere di fronte ai gravi episodi che da anni si susseguono in Valle di Susa? Forse fino a quando un sabotaggio provocherà danni non a macchinari ma ad esseri umani?». Domande pesanti, certo, ma difficilmente derubricabili a retoriche.