La tremenda escalation della repressione di Ortega
Continua la persecuzione contro la Chiesa cattolica in Nicaragua da parte del presidente de facto Daniel Ortega, la cui dittatura si inasprisce ogni giorno di più, senza che la comunità internazionale riesca a fare nulla per fermarla. Dal 20 agosto scorso, infatti, il regime ha iniziato a tassare le offerte, le elemosine e le donazioni dei fedeli con aliquote comprese tra il 10 e il 30 per cento, a seconda del reddito di chi le riceve.
Ortega ha equiparato le parrocchie alle aziende private in silenzio e senza alcun annuncio, attraverso l’abrogazione di una legge che ha revocato le esenzioni perfino sulle elemosine, intensificando ulteriormente la sua guerra personale contro la Chiesa.
Ortega tassa le elemosine e ruba la pensione ai preti
L’eliminazione degli sgravi fiscali su offerte, elemosine e donazioni dei fedeli è avvenuta il giorno dopo che il regime aveva ordinato la chiusura di 1.500 organizzazioni no-profit, tra cui 678 associazioni religiose di confessione cattolica ed evangelica. Tra queste, la Caritas della diocesi di Granada e le chiese evangeliche più seguite in Nicaragua. Negli ultimi mesi, alcuni sacerdoti, anonimamente, hanno anche denunciato che la Direzione Generale delle Entrate e l’ufficio tributi di Managua stanno costringendo le parrocchie a pagare, illegalmente, un’imposta immobiliare. Un’ulteriore mannaia sulle capacità di finanziamento della Chiesa cattolica, la principale nel Paese centroamericano.
Un altro provvedimento ad hoc contro i sacerdoti rimasti nel paese centroamericano — il 25 per cento di essi è stato costretto a lasciare il Nicaragua dopo essere stato arrestato, minacciato e sottoposto a torture psicologiche — è stata la cancellazione, lo scorso lunedì 19 agosto, dell’Associazione pro Fondo di Assicurazione Sacerdotale (“Fondo de Seguro Sacerdotal” in spagnolo), con relativo furto da parte del regime di tutti i contributi che i sacerdoti versavano per la loro pensione. La decisione è stata presa dal Ministero dell’Interno di Managua, che ha cancellato 5.500 tra ong e associazioni da quando, nell’aprile del 2018, il regime mandò i paramilitari sandinisti a reprimere nel sangue la rivolta popolare contro l’aumento delle aliquote sugli stipendi. Vale la pena ricordare che tra 350 e 500 persone, quasi tutti studenti universitari, persero la vita durante quella repressione.
«Ho versato 300 dollari ogni anno per 20 anni. Il regime si è preso tutto»
Il “Fondo de Seguro Sacerdotal”, cancellato il 19 agosto scorso, è lo stesso i cui conti bancari erano stati congelati dalla dittatura nel luglio 2023, impedendo di fatto ai sacerdoti di ricevere la loro pensione. Un sacerdote, che ha parlato in condizioni di anonimato per paura di rappresaglie, ha spiegato al quotidiano La Prensa che ogni prete contribuiva al fondo con 150 dollari all’anno, versando altri 150 dollari alla parrocchia in cui esercitava il suo ministero. Un totale di 300 dollari versato da ogni sacerdote del Nicaragua, soldi che ora sono stati letteralmente rubati dal regime di Ortega.
«In cambio, ogni prete, a partire dai 65 anni, riceveva 200 dollari al mese o prima, se gravemente malato», ha dichiarato il sacerdote al giornale più antico del Nicaragua, oggi costretto a operare solo online e dall’estero. «Nel mio caso», continua il sacerdote anonimo, «ho pagato 300 dollari per quasi due decenni, ma dall’anno scorso ho smesso a causa del congelamento dei conti. Ora il furto è diventato ufficiale, un furto che ha colpito anche la parrocchia, che ci aiuta tanto».
Il messaggio di Ortega al Nicaragua
Il Fondo di Assicurazione Sacerdotale «non è propriamente un’assicurazione perché non copre le malattie e altre questioni di sicurezza sociale, ma è concepito come un fondo pensionistico», spiega a Tempi Martha Patricia Molina. L’avvocato, dall’esilio, aggiunge poi: «Oltre ai contributi versati dai preti, l’altro modo per contribuire al fondo era con la raccolta del Mercoledì delle Ceneri, una chiamata che la Chiesa cattolica fa ogni anno per donare direttamente alla parrocchia o depositando soldi su un suo conto bancario».
Ora tutto questo è finito. La strategia della dittatura sandinista è insomma chiara e si propone di indebolire la resistenza agli abusi di Ortega che, sinora, le istituzioni religiose hanno garantito. Saccheggiando il fondo per le pensioni, tassando le elemosine ed equiparando le parrocchie ad aziende private, il regime invia un messaggio forte e chiaro: chiunque non si allinea agli ordini del sandinismo verrà distrutto.
La folle riforma del Codice penale: oppositori perseguitati anche oltre confine
Ed è in tal senso che preoccupa molto anche la modifica di 27 articoli del Codice penale ordinata da Ortega, che dovrebbe essere approvata il prossimo 3 settembre. La riforma stabilisce infatti che le leggi penali del regime saranno applicabili anche ai nicaraguensi o agli stranieri che, dall’estero, commettano reati contro la pubblica amministrazione del Nicaragua. Con l’approvazione della riforma, il governo di Ortega potrà perseguire anche i nicaraguensi e gli stranieri che commettono tali crimini al di fuori del paese centroamericano, imponendo pene che vanno dalla confisca delle loro proprietà fino all’ergastolo.
Una riforma folle perché estende extraterritorialmente i presunti crimini usati negli ultimi anni in Nicaragua da Ortega per perseguitare gli oppositori del governo e per confiscare i loro beni, a cominciare da quelli della Chiesa cattolica.
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