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Prima di cantare vittoria, leggere bene il memorandum tra Turchia, Svezia e Finlandia

Di Rodolfo Casadei
01 Luglio 2022
In attesa che la Nato accolga la richiesta dei due paesi baltici, è utile rendersi conto che ciò che muove l'Alleanza atlantica non è la difesa della democrazia in Europa
Nato
Il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg (al centro), con il ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu (a sinistra), e il presidente Recep Tayyip Erdogan (foto Ansa)

Il memorandum d’intesa fra Turchia, Svezia e Finlandia sulle estradizioni di curdi accusati di terrorismo, sul non sostegno dei due paesi nordici a Pkk, Ypg e movimento Hizmet Gülen e sull’abrogazione dell’embargo sulla vendita di armi svedesi e finlandesi ad Ankara è sufficientemente vago da permettere a Erdogan di cantar vittoria, e contemporaneamente ai governi dei due paesi europei di affermare che non hanno ceduto su princìpi irrinunciabili in materia di diritti umani.

Altri summit e altri negoziati seguiranno, e finché la candidatura alla Nato di Svezia e Finlandia non verrà formalmente accolta, il regime turco potrà nuovamente agitare l’arma del veto se non gli saranno fatte le concessioni che chiede; a esse sono di fatto collegate anche richieste di natura politica e di forniture militari agli Stati Uniti, che pesano sul via libera di Ankara all’ingresso dei due nuovi paesi nella Nato tanto quanto le questioni legate ai curdi e agli oppositori turchi dell’Hizmet.
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