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Mps e Antonveneta, dall’«Armageddon giudiziario» scompaiono le tangenti

Cronistoria dell'indagine sull'acquisizione dell'istituto. I pm inizialmente ipotizzavano tangenti, oggi dicono «non sono stati trovati comportamenti penalmente rilevanti»

Chiara Rizzo
01/08/2013 - 18:40
Interni
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Con l’avviso di chiusura delle indagini giunto ieri dalla procura di Siena, si è conclusa la prima tranche investigativa su Monte dei Paschi, quella legata all’acquisto di Antonveneta. L’avviso è stato consegnato dai pm senesi a 9 persone fisiche e 2 persone giuridiche (Mps e Jp Morgan): tra essi anche l’ex presidente Mps Giuseppe Mussari, l’ex direttore generale Antonio Vigni e Fabrizio Rossi, vicedirettore generale.
I reati contestati a vario titolo sono aggiotaggio, ostacolo agli organi di vigilanza, falso in prospetto e false comunicazioni sociali. A Mussari in particolare è contestato il reato di insider trading, per aver diffuso «informazioni relative alla stipula dell’accordo con Santander per l’acquisizione di Antonveneta» al sindaco e al presidente della provincia di Siena, oltre che a Enrico Bombieri responsabile investiment banking di Jp Morgan.
È stato proprio l’acquisto della banca veneta ad aver creato maggiore scandalo mediatico all’inizio di quest’indagine, tuttavia ieri si è anche appreso – ed questa è la principale notizia – che i pm non hanno trovato «tangenti né sono stati evidenziati vantaggi personali» relativi a questo acquisto. Lo ha specificato il pm Antonino Nastasi, e in questo modo cade nel nulla il mistero della plusvalenza da 2 miliardi di euro ma pure «l’Armageddon giudiziario» di cui aveva scritto Carlo Bonini su Repubblica qualche mese fa dando notizia su presunte tangenti.

I FATTI. Nel novembre 2007 Mps ha acquistato Antonveneta dal Banco di Santander per 9 miliardi e 300 milioni: Santander però avrebbe chiuso l’affare anche a 7 miliardi e, tra l’altro, ha acquistato solo pochi mesi prima, nell’estate 2007, a 6 miliardi la stessa Antonveneta dal precedente proprietario. Quell’autunno 2007 una prima tranche del pagamento per l’acquisto, da 7 miliardi, è stata versata da Mps direttamente alla banca spagnola. Una seconda tranche da due miliardi, invece, è stata pagata sul conto di una banca londinese collegato a Santander: secondo le prime ipotesi accusatorie – oggi ritenute non provate dagli stessi pm – quest’ultima cifra rappresenterebbe una “tangente”.
I pm Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso ne hanno scritto per la prima volta a febbraio scorso negli avvisi a comparire con cui hanno convocato i primi interrogatori a Mussari e Vigni. L’ipotesi dell’accusa all’epoca è stata che i due miliardi fossero stati suddivisi tra i manager acquirenti e venditori. Di questo, secondo quanto riportato dai principali quotidiani, tra cui il Corriere della sera, aveva parlato ai pm una fonte misteriosa, un funzionario di alto livello che aveva seguito personalmente l’affare: soprattutto l’ipotesi tangente sarebbe stata suffragata (almeno stando alle notizie riportate inizialmente sull’inchiesta) dai documenti del nucleo valutario della Guardia di Finanza guidato da Giuseppe Bottillo.

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ALLERTA INTERNO. Nel novembre 2007, poco prima dell’acquisto, il vicedirettore generale di Mps dell’epoca Giuseppe Menzi aveva inviato una mail all’ex dg Antonio Vigni, poi resa pubblica dal Corriere della sera lo scorso febbraio, in cui evidenziava fortissime «criticità dell’operazione», perché «Antonveneta è divisionalizzata male, la governance è concentrata su Amsterdam, bisogna riconsiderare gli accantonamenti del 2007, i crediti danno una crescita zero». Ma, come detto, nonostante questo allerta interno, Mps ha acquistato la banca a 3 miliardi in più di quanto l’aveva pagata Santander (e almeno un miliardo in più rispetto a quanto offrivano i concorrenti di Mps, Bpn, quel novembre 2007).
Ieri il pm Nastasi ha sottolineato che «nell’acquisizione di Antonveneta non sono stati trovati comportamenti penalmente rilevanti». Ora si attende la conclusione degli altri filoni dell’indagine della procura senese, in particolare quello sui derivati, come «Alexandria» gestito con Nomura: una serie di operazioni nate per ripianare i conti di Mps ma che hanno finito per creare buchi miliardari.

UNA BANCA SFORTUNATA. Nel 2005 Antonveneta era stato al centro della scalata di Bpi, quando è poi scoppiata Bancopoli, il processo che ha visto definitivamente condannati in Cassazione nel 2012 l’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio, l’ex amministratore delegato di Bpi Giampiero Fiorani e gli ex vertici della compagnia assicurativa Unipol (Ivano Sacchetti e Giovanni Consorte). Per intendersi, proprio Antonveneta è stata al centro anche della famosa intercettazione telefonica tra Consorte e Fassino, «abbiamo una banca» al centro di altri processi.
Dopo Bancopoli, Antonveneta è passata al colosso olandese AbnAmro e poi, nel 2007, è stata acquistata dalla cordata Bank of Scotland-Banco Santander-Fortis. L’istituto di credito veneto è quindi passato agli spagnoli, da cui l’ha acquistata Mps.

Tags: Antonio FazioantonvenetaGiuseppe MussarimpstangentiUnipol
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