Una famiglia di macachi negli stabulari dell’Università di Modena è diventata l’oggetto di un nuovo scontro tra animalisti e ricercatori, nell’ambito del dibattito mai sopito sulla sperimentazione animale. La scorsa settimana il deputato del Movimento 5 Stelle Paolo Bernini è entrato nei laboratori dell’ateneo assieme a Piercarlo Paderno, di Animal Amnesty, e i due hanno girato un video in cui mostrano i primati rinchiusi nelle gabbie, «piccole e praticamente prive di qualsiasi arricchimento che possa ricordare ai macachi il loro reale habitat», dicono loro, in un ambiente sporco e «dall’odore nauseante». Il video ha fatto molto scalpore, sebbene non mostri alcuna immagine di violenza o maltrattamento; piuttosto, a fare clamore è la battuta di una ricercatrice, che afferma che quel genere di ricerca sugli animali «ha il solo scopo di conoscenza», che secondo gli attivisti significa che non serve neanche a testare nuovi farmaci. «Ma in realtà senza ricerca di base non vi sarebbe quella applicata», spiega a tempi.it Paolo Frigio Nichelli, preside della facoltà di Medicina dell’ateneo modenese. Con il docente abbiamo cercato di fare chiarezza su questa faccenda, in vista della manifestazione che sabato prossimo porterà diversi animalisti nella città emiliana.
Professore, come rispondete al deputato del Movimento 5 Stelle Bernini che lamenta le pessime condizioni delle gabbie in cui vivono i macachi?
Mi permetto di dire che la sua è una valutazione personale, perché in realtà in questo settore ci sono degli standard da rispettare e che noi rispettiamo. La ricerca sugli animali è argomento serio con risvolti etici importanti, e per questo è controllata in tutte le sue fasi: nella progettazione e nella programmazione, poiché gli esperimenti vanno fatti con autorizzazione del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità; durante l’esecuzione, visto che l’Asl effettua periodicamente verifiche sullo stato di benessere degli animali; infine al termine, con la pubblicazione dei risultati. E tutto deve rispondere a requisiti stringenti: la normativa europea è molto chiara, e il nostro paese l’ha recepita addirittura ampliandola. Le dimensioni delle gabbie sono standard. Nella nota di Bernini si fa anche riferimento al fatto che ci sarebbe cattivo odore, ma d’altronde gli animali hanno quell’odore. Anche in una stalla c’è cattivo odore.
Ciò che poi ha suscitato molto scalpore è il fatto che questi primati vengano usati solo a fine di conoscenza. Che applicazioni derivano da questi studi?
Esiste ricerca di base e ricerca applicata. Si parte dal presupposto che ovviamente la ricerca di base sugli animali ha un senso solo nel caso in cui i quesiti che questa si pone non possono trovare risposta se non attraverso la sperimentazione sugli animali. È vero che la scienza ha avuto avanzamenti tali che hanno ridotto l’utilizzo di alcuni sistemi sperimentali, anche nelle neuroscienze. Tuttavia non sono stati sostituiti del tutto. Ad esempio, se bisogna studiare i circuiti cerebrali serve un modello animale da guardare. Dopodiché, da queste ricerche nascono le domande di tipo applicativo, e magari anche le risposte per i pazienti. Le posso fare alcuni esempi.
I neuroni specchio, che potrebbero essere il primo modello valido dal punto di vista scientifico per capire l’autismo, sono stati scoperti attraverso questo genere di ricerca sui primati. Un altro esempio sono i device o stimolatori che applichiamo su alcuni pazienti afflitti dalla malattia di Parkinson, e che ne correggono la situazione clinica. Ecco, questa operazione non sarebbe stata nemmeno pensata senza questa ricerca alle spalle. Infine, se pensiamo a questi giorni di Coppa del Mondo, il calcio d’inizio della prima gara è stato dato da un ragazzo paraplegico: dietro gli studi che hanno permesso questo “evento” c’è una serie di ricerche di neurofisiologia di base. È vero che non tutte le ricerche ha immediata applicazione su malattie specifiche, ma senza la ricerca di base non avremmo nemmeno una domanda per muoverci con una ricerca specifica.
E per quanto riguarda l’anestesia? Nel video una ricercatrice spiega che alcuni esperimenti sui cervelli dei macachi vengono fatti senza di essa.
Le direttive europee pongono la sperimentazione animale in una posizione tale per cui tutto ciò che va oltre una puntura deve essere fatto sotto anestesia, e noi rispettiamo completamente tali direttive. Questo genere di interventi viene fatto anche sull’uomo a scopi terapeutici, ad esempio quando si deve applicare un neurostimolatore. Vi è una prima fase nella quale bisogna creare una “breccia”, e queste operazioni vengono effettuate in anestesia generale, tanto nell’uomo quanto nell’animale. Dopodiché l’inserzione dell’elettrodo e la registrazione di quanto succede quando il macaco svolge un compito o l’altro viene fatta col soggetto sveglio, uomo o macaco che sia. Perché un elettrodo nel cervello non è doloroso, non ci sono nocicettori, non ci sono terminazioni dolorifiche. Oltretutto è necessario che il paziente possa rispondere: dalle sue risposte si capisce se è vero che sono attraversate proprio le strutture che intendevamo attraversare.
Tanti animalisti si sono dati appuntamento per sabato proprio a Modena. Protesteranno davanti ai vostri laboratori. Cosa vi aspettate? Temete che possa ripetersi un caso Green Hill?
È giusto che la gente esprima la propria sensibilità, mi piacerebbe che la gente comprenda il nostro lavoro ma capisco che ci possano essere altre posizioni su questo argomento, e le rispetto. Vorrei che si evitassero azioni estreme, che poi sono dannose non solo per la ricerca ma anche per gli animali. Penso ad alcuni episodi a Milano, o sempre qui a Modena: cavie che venivano liberate e poi finivano investite nel traffico. Così non credo si faccia il bene della scienza né quello dell’animale che si vorrebbe difendere.