Milano s’è persa?

Di Lorenzo Margiotta
01 Febbraio 2025
I dilemmi di una metropoli che in pochi anni si è conquistata un posto nella cerchia dei centri più attrattivi del mondo, ma al prezzo di tradire la sua identità fatta di inclusione e accoglienza. Uno stipendio “normale” non basta più per trovare casa qui
Panorama di Milano

Quando i parchi davanti alle principali università milanesi si riempirono di tende di studenti fuori sede che denunciavano il livello divenuto ormai insostenibile del costo degli affitti, molti storsero il naso. Quella protesta ebbe però il merito di accendere i riflettori su un problema reale, che nasceva da lontano e che oggi la città si trova tra le mani come una spina nel fianco.

Nel “maggio caldo” degli universitari – correva l’anno 2023 – usciva anche un libretto, L’invenzione di Milano. Culto della comunicazione e politiche urbane (edizioni Cronopio), della giornalista Lucia Tozzi, che dichiarava la crisi di un modello di città che in pochi anni era riuscita a trasformarsi da «cenerentola d’Europa» (Financial Times, 2009) a «the place to be» (New York Times, 2015).

L’invasione degli “short-term citizen”

Il “via” lo diede la riqualificazione dell’area di Porta Nuova agli inizi degli anni Duemila. Da allora, alcuni altri grandi interventi di scala urbana, come la conversione dell’ex Fiera nel nuovo quartiere di CityLife, la creazione di nuovi poli come la Fondazione Prada a sud dello scalo ferroviario di Porta Romana, insieme a una rigenerazione edilizia diffusa fatta di migliaia di piccoli e medi interventi immobiliari, hanno segnato le tappe di una crescita apparentemente inarrestabile, con Expo 2015 a fare da volano.

È così che Milano, negli ultimi 10-12 anni, è divenuta fortemente attrattiva per investimenti di fondi esteri, passando da 1,3 a 1,4 milioni di abitanti, con un aumento del 15 per cento degli under 35, del 50 per cento degli studenti fuorisede (da 45 mila a 70 mila) e del 41 per cento dei turisti (tra il 2010 e il 2019), con valori ulteriormente crescenti fino al 2024. Numeri da record, decantati dagli amministratori, che hanno significato investimenti, lavoro e benessere per molti.

Grafico: Andamenti dei prezzi degli immobili e delle retribuzioni a Milano
Andamenti dei prezzi degli immobili e delle retribuzioni a Milano (clicca per ingrandire). Fonte: elaborazione Oca (Osservatorio Casa Abbordabile di Milano metropolitana) su dati Omi (Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate), Mef (ministero dell’Economia e delle Finanze) e Inps

Al contempo, l’aumento degli “short-term citizen”, cittadini prevalentemente stranieri che si fermano per brevi periodi in città per ragioni di studio o lavoro, e l’aumento dei flussi turistici, con la riduzione della durata media dei contratti di affitto, hanno prodotto i tipici effetti della “gentrificazione”. Quartieri un tempo popolari, come Isola, “Nolo” (North of Loreto), Porta Nuova, Navigli, sono diventati mete delle nuove élite cittadine, sostituendo gli abitanti originari.

Basta qualche numero per fotografare l’emergenza. Secondo l’Osservatorio sulla Casa Abbordabile di Milano metropolitana, che monitora la sostenibilità dei costi abitativi rispetto ai redditi, nel periodo 2015-2021 i prezzi di vendita degli appartamenti in città sono cresciuti del 41 per cento e i canoni di locazione del 22 per cento, mentre i redditi e le retribuzioni sono aumentati in media del 13 per cento. In altri termini, Milano ha ormai costi europei ma stipendi italiani.

L’espulsione dei ceti medi

Negli ultimi 20 anni la città ha registrato un tasso di incremento di valore degli immobili del +132 per cento (quasi il doppio della media delle altre città italiane), diventando sempre più un mercato in cui fare investimenti, anziché una città in cui vivere. «Milano si sta via via allontanando dall’essere una città per lavoratori», commenta su Vita Massimo Bricocoli, direttore del dipartimento di Architettura e Studi urbani del Politecnico di Milano, «il che è un paradosso per la capitale economica del paese, che ha costruito la sua identità proprio come luogo di crescita ed emancipazione per molti. Oggi il reddito da lavoro non è più sufficiente a garantire una buona condizione abitativa», considerato che vivere in affitto a Milano costa in media la metà dello stipendio.

Chi non riesce a permettersi una casa non sono solo studenti fuori sede e giovani al primo impiego, ma anche un lungo elenco di lavoratori per i quali uno stipendio “normale” non basta più: infermieri, tranvieri, camerieri (bar, ristoranti e alberghi in città cercano diecimila addetti), guardie giurate, operatori ecologici o insegnanti… i cosiddetti “lavoratori essenziali”, che fanno funzionare la vita di una città e che rischiano di scivolare nella categoria dei “working poors”. Atm, per fare un esempio, è alla ricerca di almeno 300 autisti per bus, tram e metropolitane.

Tabella: Metri quadrati abbordabili a Milano in base agli stipendi medi dei lavoratori
Metri quadrati abbordabili a Milano in base agli stipendi medi dei lavoratori (clicca per ingrandire). Fonte: Oca – Osservatorio Casa Abbordabile di Milano metropolitana

Per Dario Di Vico «la globalizzazione milanese sta modellando una metropoli per soli ricchi che possono permettersi di spendere senza farsi troppi problemi, mentre i ceti medi sono respinti verso l’esterno». Solo nel 2023, più di 15.400 residenti milanesi hanno scelto di trasferire la propria residenza in provincia (+9,7 per cento sul 2019).

Un fenomeno non certo solo milanese, ma che riguarda dinamiche di inurbamento in continua crescita in tutte le grandi città del mondo occidentale, ma che a Milano, conosciuta come la città dell’inclusione e dell’accoglienza, è particolarmente sentito, come il segno del tradimento della propria identità.

«Questo mercato è impazzito»

Sulle cause di tale situazione il dibattito è più che mai aperto, ma sul problema tutti concordano: non solo i critici del “modello Milano”, ma anche chi ne è stato protagonista per molti anni, sia sul fronte pubblico che privato. Per Guido Bardelli, assessore alla Casa dal luglio 2024, «questo mercato abitativo è impazzito». Gli fa eco Regina De Albertis, presidente dei costruttori milanesi: «Milano non è più il sogno americano dell’Italia. Rischiamo di perdere quella fetta di popolazione che rende creativa la città».

Secondo Tozzi la nuova Milano splendente e attrattiva è l’effetto di una campagna di marketing senza precedenti, capace di produrre l’immagine di una metropoli globale del lusso, in cui gli stessi milanesi «vengono trattati alla stregua di turisti della propria città». Un modello «insopportabilmente provinciale» che sta inseguendo, fuori tempo massimo, quella di New York e di moltissime altre metropoli, e che rende la città «fruibile solo per due categorie di persone: i turisti e i ricchissimi».

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Tra i fattori che hanno favorito una trasformazione della città relativamente rapida, con evidenti benefici, ma anche con il conseguente aumento dei prezzi e dei valori immobiliari, vi è stata innanzitutto la grande disponibilità di aree dismesse da riconvertire e rifunzionalizzare, dovuta alla transizione dall’industria ai servizi. Il continuo afflusso di fasce benestanti dal resto del paese oltre che dei “cervelli” di rientro, grazie a un forte sistema di agevolazioni fiscali per gli italiani che sceglievano di tornare a lavorare in patria, ha concentrato importanti quantità di risorse investite in nuove abitazioni. Non da ultimo, l’aumento della speculazione e della rendita (si legga al proposito “La città non è un Hedge Fund” di Alessando Maggioni, Gli Stati Generali, gennaio 2024).

Ad alzare ulteriormente l’asticella, negli ultimi anni, ha contribuito fortemente anche l’incremento di quasi il 100 per cento del costo di costruzione delle case (da circa 1.000 euro a circa 1.800 euro al metro quadrato), dovuto alla crescita dei prezzi delle materie prime, all’aumento dei costi dell’energia, oltre che alle sempre più performanti prestazioni energetiche degli edifici richieste dalle normative europee.

Le inchieste della magistratura

Così, insieme all’ingresso di Milano nella cerchia delle città più attrattive a livello internazionale, con tutto quel che di positivo questo comporta, sono via via emersi “effetti collaterali” non previsti e non governati. Come una forte polarizzazione sociale sfociata anche in fenomeni di tensione e di protesta. È tale contesto di tensione, quasi da “lotta di classe” tra chi ha partecipato e beneficiato del cambiamento e chi se lo è visto passare davanti agli occhi subendone le conseguenze, il terreno fertile da cui prende le mosse il filone di inchieste che ha letteralmente paralizzato l’urbanistica milanese.

I magistrati hanno preso di mira imprenditori e professionisti ma anche tecnici e funzionari comunali, che ormai si rifiutano di firmare qualsiasi atto amministrativo, quando non chiedono di essere trasferiti. Centinaia i progetti bloccati e decine di milioni di mancati oneri di urbanizzazione incassati dal Comune. Oggetto di contestazione da parte dei magistrati è proprio il modus operandi di Milano: l’utilizzo di procedure edilizie semplificate (come la Scia) in luogo dei Piani attuativi (strumenti che prevedono un più lungo percorso di approvazione e maggiori ricadute di interesse pubblico); oltre all’applicazione di un concetto di ristrutturazione edilizia ritenuto dall’accusa troppo “estensivo”, seppur ampiamente legittimato da leggi nazionali.

Intanto il progetto di legge cosiddetto “Salva Milano”, che dovrebbe dichiarare legittimi gli interventi già approvati dal Comune e rimandare a una successiva revisione normativa di settore, è arenato in Senato, con ampie parti del Pd contrarie alla sua approvazione, nonostante il sindaco Beppe Sala abbia minacciato le dimissioni se la questione non trova rapida soluzione.

Tutti i “piani casa” in campo

In attesa che la paralisi normativa si sblocchi, il dibattito sull’abitare accessibile prosegue, con le prime proposte di soluzione. Ma servirà tempo, non esistono ricette pronte, ammesso che si voglia davvero correggere il modello.

Il Comune di Milano ha lanciato il Piano straordinario per la casa, mettendo a disposizione le aree gratuitamente, con l’obiettivo di realizzare in 10 anni 10 mila alloggi in locazione con canoni non superiori a 80 euro/mq anno (circa 600 euro al mese per un alloggio di 90 metri quadrati), per rispondere al fabbisogno abitativo della fascia di popolazione con reddito tra 1.500 e 2.500 euro al mese. Un Piano non economicamente sostenibile, secondo l’economista Carlo Cottarelli, autore di uno studio commissionato da diverse sigle del settore immobiliare (Lo sviluppo immobiliare a Milano: perché si costruiscono poche abitazioni?, presentato il 1° ottobre scorso), smentito da un “controstudio” firmato da Alessandro Maggioni, presidente del Consorzio Cooperative Lavoratori Milano, secondo il quale «i numeri annunciati nel Piano Casa sono un po’ ottimistici ma il documento segna finalmente una discontinuità». Ed è proprio dal mondo del privato sociale, che può garantire remunerazioni più contenute ai propri investitori, che il Comune si aspetta risposta al bando sulle prime quattro aree.

Cantiere del villaggio olimpico di Porta Romana, Milano, 20 agosto 2024 (foto Ansa)
Cantiere del villaggio olimpico di Porta Romana, Milano, 20 agosto 2024 (foto Ansa)

Nel dibattito non mancano le proposte provenienti dal mondo dell’architettura. Tra quelle che più hanno animato il dibattito c’è quella di Franco Guidi, amministratore delegato dello studio di progettazione Lombardini22, sulla “casa a 10 euro al giorno” per ciascun inquilino adulto (circa 600 euro mensili per una coppia). Una risposta “di mercato”, senza sussidi, che secondo Guidi si può raggiungere, a condizione di mettere insieme tutta la filiera: dalla finanza, in particolare investitori con orizzonti temporali di medio-lungo termine (i cosiddetti “capitali pazienti”) alla pubblica amministrazione, passando per progettisti, costruttori e operatori immobiliari.

Anche il mondo dell’impresa, che non riesce a trovare o trattenere lavoratori anche per l’eccessivo costo delle abitazioni, inizia a sperimentare strumenti di welfare aziendale “abitativo”. Alcune aziende se ne occupano in proprio, altre lo fanno attraverso accordi con il pubblico. Sul piano nazionale, il presidente di Confindustria Emanuele Orsini ha invocato un vero e proprio Piano Casa “pubblico-privato”, chiedendo al governo misure di defiscalizzazione per aiutare le imprese a trovare abitazioni per i nuovi assunti e la creazione di un Fondo centrale per l’abitare.

Allargare il perimetro

Ma un nuovo, grande “Piano Casa” – che rievoca il grande piano di Amintore Fanfani del dopoguerra, di cui la stessa città di Milano conserva numerosi e rinomati esempi – si farà, secondo molti osservatori, solo con un forte intervento dell’Unione Europea, con investimenti strutturali di programmazione finanziaria, ingenti fondi di coesione e capacità di attrarre risorse private.

Servono fondi, sì, e tanti, ma anche una capacità di governare le politiche abitative integrandole con quelle della mobilità, dei servizi, del welfare, secondo un approccio integrato che superi la dimensione cittadina del problema per guardare a un’area più vasta della città di Milano. Serve, forse più di ogni altra cosa, un’idea di città, che permetta una crescita sostenibile senza perdere per strada quel mix sociale e inclusivo che è la cifra della Milano di sempre.

Come domandava uno scrittore milanese, Luca Doninelli, nel lontano 2007, prima che avvenissero molte delle cose qui descritte, «qualcuno ha in mente quello che Milano deve diventare? Qualcuno ha un progetto? Intendo il progetto che risponde alla domanda cui solo i milanesi possono avere o non avere voglia di rispondere: cosa vogliamo farne di questa nostra città? Che vita vogliamo consegnare ai nostri figli, nipoti, pronipoti? Un progetto è innanzitutto la passione che una città nutre per se stessa, la sua sofferenza, il suo dolore, il suo orgoglio che diventano storie da continuare a raccontare. Una città che non si ama può solo subire progetti ma non ne ha uno, vero, suo».

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Lorenzo Margiotta, autore di questo articolo, è architetto e dottore di ricerca in Composizione architettonica e urbana.

Una versione di questo articolo è pubblicata nel numero di febbraio 2025 di Tempi. Abbonati subito per sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

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