La sfida delle cooperative a Cottarelli: «C’è margine per fare edilizia sociale a Milano»

Di Pietro Piccinini
03 Dicembre 2024
Un dossier di Ccl e Lum “corregge” lo studio dell’economista inteso a dimostrare la non sostenibilità di quote di Ers nei grandi progetti immobiliari. Questione di “aspettative di profitto”. Il dibattito è aperto (e ne riparleremo)
Panorama di Milano
Foto Depositphotos

Che il problema della casa e del suo prezzo sia divenuto un’emergenza a Milano è ormai chiaro a tutti anche per via della frequenza con cui certi titoli di cronaca ritornano a sollecitare l’opinione pubblica sul tema, dalle proteste in tenda degli studenti universitari fuori sede fino alle varie inchieste giudiziarie che stanno paralizzando tutto lo sviluppo immobiliare del capoluogo lombardo, in parte innescate da esposti di comitati di cittadini che dietro a un certo tipo di progetti di “rigenerazione urbana” vedono solo speculazione.

Soprattutto cresce costantemente di volume il brusio di fondo proveniente da una fetta sempre più larga di popolazione che si ritrova di fatto “espulsa” dalla città proprio per l’insostenibilità dei prezzi delle abitazioni. Una fetta di popolazione sempre più larga, ma anche sempre meno povera, perché non si tratta solo di disoccupati ed emarginati, bensì ormai anche di tanti lavoratori della classe media – dagli insegnanti agli operatori sanitari – che sono fondamentali per tenere in piedi i servizi indispensabili per la società.

L’impennata dei prezzi delle case

Qualche stortura, insomma, deve pur esserci se è vero che «Atm è costretta includere nei suoi bandi per la ricerca di personale l’offerta del “buono casa” perché a Milano non si trovano abitazioni a prezzi sostenibili». A metterla giù in questi termini è stato giovedì scorso 28 novembre Vincenzo Barbieri, presidente di Lum – Libera Unione Mutualistica, intervenuto accanto ad Alessandro Maggioni, presidente di Ccl – Consorzio Cooperative Lavoratori, alla presentazione di un dossier congiunto su “L’iniquità dello sviluppo immobiliare residenziale a Milano”.

Per delineare i contorni di questa “iniquità” il dossier Ccl-Lum utilizza i dati ricostruiti un anno fa «con metodo scientifico» dai ricercatori dell’Osservatorio Casa Abbordabile di Milano Metropolitana (Oca): «Nel periodo 2015-2021 i prezzi medi di vendita sono cresciuti del 41 per cento, i canoni di locazione del 22 per cento mentre i redditi e le retribuzioni solo del 13 per cento», e per qualcuno è andata anche peggio visto che «tali retribuzioni medie sono cresciute solo del 3 per cento per la categoria statistica degli “operai” e del 7 per quella degli “impiegati”». Tenuto conto che proprio il 2015 è l’anno in cui la percentuale di titoli edilizi rilasciati a soggetti cooperativi – ossia quelli storicamente operanti in un ambito di “mercato regolato e/o convenzionato” – si è praticamente azzerata (per poi risalire al 9,8 per cento nel 2021, comunque ben lontano dal 37 per cento del 2012), la deduzione di Maggioni è semplice: «Quando si è smesso di mettere in circolo un’offerta regolata, il mercato non ha funzionato benissimo».

Lo studio di Cottarelli

L’abbrivio per la redazione del dossier Ccl-Lum, ha spiegato Maggioni giovedì, è arrivato un paio di mesi fa con l’uscita di uno studio – ampiamente rilanciato dalla stampa – presentato da Aspesi, Assoimmobiliare e Assimpredil e affidato a Carlo Cottarelli. «Il titolo era “Alcune considerazioni sullo sviluppo immobiliare di Milano”», ha ricordato Maggioni. «Leggendolo, però, l’obiettivo si capiva chiaramente: arrivare a concludere che l’edilizia residenziale sociale così come il Comune di Milano se la immagina non regge».

Così ne ha sintetizzato le conclusioni il Corriere della Sera: «Se si vincola il nulla osta ai nuovi sviluppi alla realizzazione di una forte quota di Ers (edilizia residenziale sociale) nessuno certamente può essere costretto a dare il via ai lavori in un settore oltretutto oggi a forte rischio economico senza la prospettiva di guadagno. E ora i promotori immobiliari mettono nero su bianco anche i numeri che mostrano perché dal loro punto di vista non conviene. Per farlo si sono rivolti al professor Carlo Cottarelli, cui Aspesi Unione immobiliare, Assoimmobiliare e Assimpredil hanno commissionato uno studio sul “Perché si costruiscono poche abitazioni a Milano”».

La versione di Ccl e Lum

Al contrario dei committenti di Cottarelli, Maggioni è convinto invece che questo sia proprio il momento di «ripartire con una nuova stagione che promuova un tipo di edilizia più vicina alle possibilità della gente comune», come va ripetendo da mesi a chi gli chiede di indicare possibili vie d’uscita non solo dalla spirale del caro-casa di Milano, ma anche dal corto circuito politico-giudiziario che sta ingessando mezza città.

Il dossier firmato personalmente dall’architetto e urbanista che guida anche Confcooperative Habitat a livello nazionale, oltre al consorzio cooperativistico promosso da Acli e Cisl, prende in considerazione «il piano benchmark dello studio di Cottarelli, ben fatto dal punto di vista dell’impostazione logica» e ne effettua una revisione per correggerne le «molte imprecisioni» e arrivare a ribaltarne le conclusioni. Secondo Maggioni, infatti, con alcuni aggiustamenti dettati dalla realtà effettiva del mondo delle costruzioni e «validati dall’expertise di docenti del Politecnico e autorevoli advisor finanziario-immobiliari», proprio il progetto immaginato da Cottarelli, inteso a «dimostrare la non sostenibilità economica dell’inserimento di quote di edilizia residenziale sociale nella strumentazione urbanistica in corso di revisione da parte dell’amministrazione comunale», finisce per dimostrare il contrario.

«L’Ers regge anche in aree a “mercato forte”»

I calcoli e i dettagli tecnici sono tutti riportati qui. La sostanza della sfida lanciata giovedì da Maggioni e Barbieri è che anche con la previsione di un 30 per cento di edilizia convenzionata ordinaria, un piano considerato benchmark per i committenti del rapporto di Cottarelli garantirebbe comunque una buona redditività economico-finanziaria (Ebt rate a 9,62 per cento invece dell’8,6 calcolato da Cottarelli con solo “edilizia libera”).

Ma non è finita. Ccl e Lum nel loro dossier si sono spinti anche oltre, aggiungendo ai piani ipotetici dello studio voluto da Aspesi, Assoimmobiliare e Assimpredil i numeri e le coordinate di «un progetto vero, reale, in un’area cosiddetta “a mercato forte”, dove è previsto il 66 per cento di edilizia libera e il 34 per cento di Ers pura». Conclusione? Un Ebt rate che va addirittura da un minimo di 19,8 per cento a 24 per cento. «Non solo questo dossier dimostra che la convenzionata ordinaria regge, ma in area di mercato forte anche l’edilizia residenziale sociale rende».

Le proposte per la politica

Alla luce delle loro stime, Maggioni e Barbieri chiedono al regolatore non interventi diretti, ma piuttosto «il coraggio di redistribuire». Nel dossier sono indicate sei proposte molto precise. Come ad esempio quella di «destinare – per le aree tra i 5.000 e i 10.000 metri quadrati di superficie fondiaria – una quota del 30 per cento di edilizia convenzionata ordinaria». O quella di destinare, «in aree di “mercato forte” – indicativamente con prezzi di vendita superiori a 6.000 €/mq – il 30 per cento della superficie lorda a edilizia a prezzo calmierato di cui massimo 10 per cento in edilizia convenzionata ordinaria e almeno il 20 per cento Ers».

E ancora si propone «che in aree con superficie fondiaria inferiore a 5.000 metri quadrati, la quota di Ers possa essere monetizzata» anziché costruita, utilizzando come base per il calcolo i «soli costi di costruzione messi in evidenza dalla nota del prof. Cottarelli e dal presente dossier». Questi incassi da monetizzazioni potrebbero poi essere destinati proprio ad alimentare un fondo per l’edilizia popolare.

Per una «equa redistribuzione» delle rendite

Il dossier Ccl-Lum, ha tenuto a precisare Maggioni presentandolo, «non è indipendente ed è interessato, perché come cooperative siamo rappresentanti di interessi. Ciò non toglie che il tema della moderazione della rendita e dell’edilizia residenziale sociale si pone per tutta la città, e non solo a Milano, ma in tutte le città sottoposte alle spinte polarizzanti della rendita». Merito dello studio di Cottarelli è avere messo sul tavolo con onestà il tema del profitto così come concepito in un determinato ambito: «Mai ci saremmo permessi di occuparci delle aspettative di profitto della dimensione immobiliare», ha commentato Maggioni, «ma siccome ci è stata fornita l’occasione, non ci siamo tirati indietro».

E dunque dibattito sul profitto sia: «Non è vero», conclude Maggioni, «che per avere case abbordabili a Milano sia necessario un supporto di denaro pubblico. Quello, laddove vi è un mercato vivo come nella nostra città, serve per l’edilizia economica e popolare. Il nostro studio dimostra, invece, che attuando una moderata regolazione dei processi, unita una equa redistribuzione delle rendite – che restano comunque robuste – si può contribuire a realizzare case che possano rispondere maggiormente alle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici essenziali per Milano».

La discussione è aperta e non deve restare riservata agli addetti ai lavori. Davvero il tema dell’accessibilità della casa riguarda tutti i milanesi, perché la sua soluzione (o mancata soluzione) dipenderà direttamente dall’idea che Milano ha di sé. Ne riparleremo in un convegno che Tempi sta organizzando per fine febbraio. Non mancheranno aggiornamenti e ulteriori approfondimenti.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.