
Il “ghetto per ricchi” non fa per Milano

Il dibattito generato dalla fugace protesta degli studenti sul caro affitti ha avuto il merito di riaccendere una domanda su cui ciclicamente Milano si interroga: qual è il modello di città che vogliamo perseguire? Questione che impone, innanzitutto, di definire il perimetro del problema, di collocarlo nella giusta scala. E la scala a cui cercare la risposta alla domanda abitativa non può essere quella della Milano intesa all’interno dei propri confini amministrativi ma, piuttosto, di una realtà urbana più ampia. Un territorio di dimensione metropolitana e regionale, una “città policentrica”, un’area con oltre 10 milioni di abitanti – comparabile con la Grande Parigi o la Greater London – in cui esistono connessioni fisiche e rilevanti spostamenti quotidiani di persone e merci. Quella che al di fuori dell’Italia è conosciuta come la Milano Area.
Concepire la città esclusivamente entro i propri confini amministrativi non può che produrre, infatti, una crescita continua del costo delle aree – la “materia prima” – e, di conseguenza, anche delle abitazioni – il “prodotto finito”.
Nel modello di città policentrica il fattore “tempo” prevale sul fattore “spazio”. Perciò il primo passo da compiere in questa direzione è il rafforzamento delle infrastrutture, per migliorare la mobilità delle persone, ridurre il tempo di viaggio, aumentare la frequenza delle corse, integrare le diverse modalità di trasporto pubblico e privato. Un esempio virtuoso è il sistema del Passante ferroviario, ideato già negli anni Sessanta e realizzato a partire dagli anni Ottanta, che permette un collegamento veloce tra Milano e i centri periurbani, dove il costo delle abitazioni è significativamente più accessibile. Le dinamiche del mercato immobiliare registrano, negli ultimi anni – anche per motivi esogeni, come le mutate esigenze abitative in fase post Covid –, un fenomeno di uscita di persone da Milano, proprio lungo le direttrici del Passante, in un arco di distanza temporale tra i 30 e i 60 minuti dal centro città. Una concezione opposta a quella della “città in 15 minuti”, che non fa altro che accentuare la creazione di “ghetti per ricchi” inaccessibili alla gran parte della popolazione.
La forza di Milano sta, da sempre, in una solida identità, ma soprattutto nella sua capacità di integrare il nuovo, non solo di contenerlo spazialmente dentro le sue mura. Continuare a crescere creando relazioni ampie e superando la sua storica propensione al monocentrismo è la condizione affinché questa città riesca nella sfida di rispondere a bisogni – come quello abitativo – che presentano un grado crescente di complessità e che richiedono un sistema di governance che contempli una forte collaborazione tra Comuni, Città metropolitana e Regione.
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Lorenzo Margiotta, autore di questo articolo, è architetto e dottore di ricerca in Composizione architettonica e urbana.
Una versione di questo articolo è pubblicata nel numero di luglio 2023 di Tempi. Abbonati subito per sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
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