È dal 1998 che gli stati messicani di Tabasco e Sinaloa permettono alle donne di affittare il loro utero gratuitamente. Ma dopo che Thailandia e India hanno posto un freno al turismo procreativo, anche il Messico ha ristretto le maglie della legge. L’utero in affitto gratuito, come veniva chiamato, in realtà non è mai esistito e le cronache hanno ampiamente dimostrato come la legge venisse facilmente aggirata. Ora, con le ultime modifiche legislative, la maternità surrogata sarà accessibile solo alle coppie di uomini e donne residenti in Messico, sposati e infertili. Ma le cliniche si stanno già reinventando e il paese potrebbe rimanere ancora una delle mete più gettonate per figli low cost.
GARANZIE INESISTENTI. Dopo i paletti posti da India e Thailandia, le richieste a Tabasco e Sinaola erano aumentate e negli ultimi mesi sui giornali locali e stranieri sono venute alla luce molte storie di donne sfruttate. Nancy, 24enne residente nelle favelas di Città del Messico, ha raccontato al Guardian il suo viaggio nel sud del paese per partorire un figlio e consegnarlo a due uomini di San Francisco, in cambio di 7 mila dollari, mandando in frantumi la favola dell’altruismo. La storia di Alejandra Mendiola ha mostrato invece che le garanzie per le donne sono minime, se non inesistenti. La madre di quattro figli ha denunciato alla stampa la clinica che le ha impiantato in utero un embrione prodotto con lo sperma di un donatore sieropositivo.
«MEGLIO CHE PROSTITUIRSI». Un’altra donna, madre single di tre figli, che aveva accettato di portare in grembo un bambino su richiesta di un uomo norvegese, ha affermato che sebbene le agenzie non parlassero di pagamento, i soldi venivano passati alle surrogate con la dicitura “spese mediche”: «Sì, è come uno stipendio, ma ti è concesso solo se non lo definisci così», chiamandolo invece «”assistenza economica”». E ancora: «Io lo faccio per i mie figli. È un lavoro duro ma è meglio della prostituzione, che è l’unica altra cosa qui intorno che può farti guadagnare un po’ di più».
Carlos Rosillo, direttore di una clinica messicana specializzata in maternità surrogata, non ha nascosto sempre al Guardian che i soldi arrivano dalle coppie acquirenti sotto forma di «donazione». Così si è comportata anche una coppia omosessuale neozelandese che, dopo essersi indebitata, ha cercato di raccogliere fondi su internet per riportare a casa tre bambini concepiti con lo stesso seme e lo stesso ovulo, ma partoriti in Messico da tre donne diverse.
CLINICHE NON SI ARRENDONO. Dopo l’approvazione delle nuove norme, né le coppie omosessuali né quelle provenienti dall’estero potranno accedere alla pratica dell’utero in affitto in Messico. Eppure il Surrogacy Center Messico presta ancora servizio alle coppie dello stesso sesso o straniere, scrivendo sul sito che «abbiamo opzioni per voi in Messico, negli Stati Uniti e nella Repubblica della Georgia». Anche il Sensible Surrogacy Center conferma che tramite il gemellaggio Messico-Usa è possibile sottoporsi a processi di fecondazione artificiale a basso prezzo, per poi far partorire le madri surrogate negli Stati Uniti.
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