Marracash non se la fa sotto
«Io tutto e io niente / Io stasera, ah, io sempre». Il 19 novembre, senza furbacchiate da gonfiati come la “prevendita dell’album”, ormai abusatissima tecnica commerciale, nascondiglio di chi ha il terrore (fondato) di non essere un vero artista, Marracash ha pubblicato Noi, loro, gli altri, senza avvisare nessuno. Coupe de theatre, coupe de dés che sebbene capolavoro, mai annullerà l’azzardo, ma Marra non è uno che se la fa sotto.
Lotta a squadre
Il disco inizia con un tuono e continua come una tempesta di parole allo stomaco, in cui il rapper della Barona rimane in piedi sul ring a dire sé stesso e gli altri, senza inchinarsi o chiedere il permesso a chi lo ascolta.
Risultato da un anno di lavoro, questo album è un nuovo frutto maturo dopo il precedente Persona (2020): «L’idea del disco è stata di uscire da me stesso, allargare il campo visivo rispetto a Persona, infatti il titolo occulto è Persone, Noi, loro, gli altri è “persone” diviso in tre. In questo momento siamo tutti molto divisi: c’è una divisione nella società incredibile per cui è come una sorta di lotta a squadre tra no-vax, vax, binari, non binari… ci sono rivendicazioni da parte di tutti di identità individuali, spesso legittime, che però creano più divisioni che altro. Questo Noi, loro, gli altri cambia sempre e, gira che ti rigira, siamo tutti Noi, loro, gli altri, siamo tutti persone».
Politici simili a influencer
Il principe di Barona non ha mai sotterrato la scimitarra affilata della parola caustica e arrogante, dei paragoni taglienti che mostrano il re nudo, con la sfrontatezza del ladruncolo che ride.
«Dio mi salvi dalle commedie, dai cosplayer/ Da chi sposa la causa solo quando gli conviene (Ah)/ Da politici sempre più simili ad influencer (Uh)/ Finché non candideranno loro direttamente (Ah)/ […] E da chi sceglie solo le proteste monetizzabili, hah / La popstar con gli occhi lucidi per il decreto (What?)».
Bianchi, neri, gialli, verdi
Colpi a destra e sinistra, in alto e in basso, senza risparmiare politici, religiosi, influencer, musicanti, opinionisti, lui più ne ha, più ne mette.
Quel che lo rende una “Maserati Levante” che dà asfalto da masticare a tutti gli altri parolieri coi guantoni, è l’agilità leggiadra di scavalcare il piano della contesa e fare la domanda che rivolta il banco: «Oggi che possiamo rivendicare di essere bianchi, neri, gialli, verdi/ O di essere cis, gay, bi, trans o non avere un genere/ Non possiamo ancora essere poveri/ Perché tutto è inclusivo a parte i posti esclusivi, no?».
Sei mai stato libero?
Il ragazzino col diamante all’orecchio picchia sempre duro dentro a quello che oggi, senza nasconderlo, è un uomo cresciuto, come è cresciuto l’orizzonte ultimo delle domande che pone: «Divergente, dipendente/ Lo sei diventato o lo sei stato sempre?/ Come se il passato non fosse presente. Parte piano, dissimulando da vero assassino, poi toglie il piede dal freno, fino a gridare, perché l’uomo che non finge, grida: C’è un antidoto, spingi, sono in bilico/ C’è un antidoto, spingi e sono libero/ Sei mai stato libero? Forse sono libero/ Sei mai stato libero? Sei mai stato—, ah» con una cassa grunge che sfonda lo stomaco e un urlo graffiante da Marylin Manson in Sweet Dreams.
Non ho tolto Elodie
Musicalmente una vera festa, specialmente la prima metà dell’album, dove salta da un genere all’altro come una donnola svelta che non riesci ad acciuffare. Fa ballare il subwoofer della macchina e mette alla prova le molle dei sedili, riprendendo da genietto tante famose hit vecchie e nuove (se Pagliacci di Leoncavallo può definirsi hit), trasformandole in basi suadenti senza svenderle.
Ladruncolo, spadaccino, donnola e anche storione, che sta bene solo se nuota controcorrente, risalendo il fiume verso la roccia della sorgente. Nella bellissima foto di copertina, insieme alla sua famiglia, c’è anche lei, la stupenda Elodie, ormai ex fidanzata, da quando la loro relazione si è interrotta qualche mese fa. «Non l’ho tolta da lì perché lei c’è e c’è stata, non credo nella cancel culture, per cui anche quando le cose non sono andate bene non vanno cancellate, ma bisogna farci i conti».
Mi spieghi una cosa?
La semplicità di un uomo bambino ancora capace di alzare la cornetta per chiamare l’amica Ornella Vanoni e chiedere: «Ma mi spieghi una cosa? Ma questa cosa dell’amore… perché non riesco a capire poi se alla fine sono che io non ci riesco… o è un po’ per tutti… come credere in Gesù Cristo, una cosa che poi…».
Elogio di Marra, il folle che voleva ancora fare musica per dire qualcosa.
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