«Ho taciuto per non sembrare razzista, ora basta»

Di Mauro Zanon
08 Maggio 2023
L'ex Femen Marguerite Stern ammette che molte donne di sinistra si autocensurano quando si tratta di denunciare aggressori musulmani (come al capodanno di Colonia) per non apparire islamofobe
Marguerite Stern razzista
Il tweet con cui Marguerite Stern ha ammesso il silenzio "immorale" delle femministe sugli stupri al capodanno di Colonia nel 2015

Parigi. «Negli ambienti femministi di sinistra, ce lo diciamo in privato: abbiamo naturalmente più problemi per le strade di Barbès (quartiere multietnico a maggioranza musulmana a nord di Parigi, ndr) che nel Sedicesimo arrondissement (zona alto-borghese a maggioranza cattolica a ovest della capitale francese, ndr). Sono stanca di essere ipocrita per preservare l’immagine di certi uomini a discapito della sicurezza delle donne. Ora basta». A pronunciare queste parole non è una “pericolosa” reazionaria che scrive su Valeurs Actuelles o milita per il Rassemblement national di Marine Le Pen, ma Marguerite Stern, 32 anni, femminista ed ex Femen, una delle militanti più estremiste del gruppo di attiviste formato in Ucraina nel 2008 da Oksana Šačko, Hanna Hucol e Inna Ševčenko.

Gli stupri di colonia e l’autocensura delle femministe

Stern, il 1° maggio scorso, ha condiviso un video del Collectif Némesis, gruppo femminista identitario, dove una giovane venticinquenne racconta la trasformazione di Nantes in città preferita dai francesi a città tra le più insicure di Francia a causa delle politiche lassiste in termini di immigrazione della sindaca socialista Johanna Rolland. Poi, in risposta a un utente che le ha ricordato l’autocensura delle femministe sullo stupro di gruppo avvenuto a Colonia il 31 dicembre 2015, ha risposto così: «Ero una di loro. Non ho detto nulla per paura di stigmatizzare una popolazione a discapito delle donne. È stato un errore immenso. Immorale».

La popolazione a cui fa riferimento Marguerite Stern è quella arabo-africana e di confessione musulmana, che quasi otto anni fa, nella città tedesca, fu all’origine delle molestie ai danni di centinaia di donne. Ci furono i video, le testimonianze delle vittime e della polizia, ma niente da fare: all’epoca calò il silenzio sull’identikit degli aggressori e chi osava parlarne apertamente veniva subito tacciato di razzismo e islamofobia. Alice Schwarzer, star del femminismo tedesco, fu una delle poche a denunciare l’ipocrisia delle nuove suffragette che non alzavano la voce contro i fatti di Colonia perché il colpevole era quello sbagliato: non bianco, borghese e cattolico, ma arabo, delle classi popolari e islamico. Fondatrice del magazine Emma, Schwarzer definì le aggressioni del capodanno 2015 «Gang Bang-Party alla stazione centrale di Colonia».

«Sono stufa di essere definita razzista»

In ritardo di anni, anche Marguerite Stern le dà ragione, e fa mea culpa. Va detto che tra le esponenti del femminismo francese la 32enne nata nell’Alvernia si era già fatta notare per il suo disallineamento nel passato, attaccando il velo islamico, un altro dei grandi tabù del femminismo di sinistra: «Ho problema con il velo e non mi vergogno a dirlo», fu il titolo di un articolo pubblicato da Stern nel 2016 sul settimanale progressista L’Obs. Definendosi rappresentante di un femminismo “universalista”, in opposizione al femminismo “essenzialista”, dichiarò che il velo, così come la prostituzione, non è una libera scelta, ma una costrizione.

«Sono stufa di essere sistematicamente tacciata di razzismo ogni volta che mi autorizzo ad affermare questo punto di vista. Come se la religione e il colore della pelle fossero sempre legati. Che vi piaccia o meno, ci sono donne bianche musulmane, e donne nere e arabe atee, ebree, cattoliche o politeiste. La critica di un dogma religioso non va necessariamente a braccetto con un pensiero razzista», scrisse Stern, spiegando che non è razzista criticare il velo, prima di aggiungere: «Si nasce neri o arabi, ma si diventa musulmani. Il colore della pelle fa parte di ciò che viene chiamato l’innato, la religione, invece, è qualcosa che si acquisisce con il tempo, così come la cultura. Ecco perché va accettato il fatto che sia criticata. È lo ‘spirito Charlie’ che invoco in questo testo». Spirito che la maggior parte delle sue colleghe sembra dimenticare, soprattutto con certe popolazioni.

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