Alluvione nelle Marche. «Servono sostegni subito a chi ha perso tutto»
Dopo l’alluvione e la tragedia anche a Ostra è tempo del lutto cittadino proclamato in concomitanza con il funerale delle quattro vittime, celebrato nel campo sportivo della frazione di Pianello.
Mentre in paese si continua a spalare il fango e a contare i danni, il resto d’Italia si interroga su come si sia potuta verificare una seconda alluvione in meno di 10 anni in questo territorio dove già nel 2014 il governo aveva stanziato alcuni fondi per mettere in sicurezza il fiume Misa, responsabile anche di questa calamità. Tempi ne ha parlato con l’imprenditore agricolo Alberto Agarbati che di Ostra è anche assessore comunale all’Ambiente e territorio.
Assessore, com’è la situazione nel vostro Comune?
Qui da noi a livello generale la situazione è migliorata molto negli ultimi giorni: potendo contare su tanti volontari, protezione civile e vigili del fuoco, stiamo sgomberando molto materiale. Poi se andiamo nel singolo caso, da chi ha un’attività come me, siamo ancora agli inizi: dobbiamo ripulire i fondi delle serre, demolire quelle che ci ha divelto la furia dell’acqua e poi, eventualmente, pensare a ripiantare qualcosa. Sarà lunghissima, anche perché dentro le serre non è pensabile entrare con grandi macchinari e molto dev’essere fatto a mano, con pale e carriole.
Avete già iniziato a stimare i danni?
Una stima precisa la vedremo tra un po’: tutti i motori elettrici delle automazioni, ad esempio, sono andati sott’acqua e non sappiamo se saremo in grado di farli ripartire. Il calcolo è veramente sommario, rispetto a quello che è successo nel 2014 quando un’altra più piccola alluvione ci aveva portato via 200 o 300mila piante, quest’anno oltre alle piante ha danneggiato le strutture, moltiplicando per 5 i danni.
La macchina degli aiuti si è messa in moto con prontezza o siete stati lasciati soli?
Come amministratore non mi sono sentito abbandonato, abbiamo avuto persone molto capaci a livello di Protezione Civile che si sono subito messe a disposizione. Ci saranno strascichi nel tempo, ad esempio nel recupero e smaltimento dei materiali dispersi nelle campagne e quello è un lavoro che non può essere lasciato solo agli agricoltori: sul mio terreno ho già trovato compressori, radiatori di macchine, fusti della Coca-Cola che non so da dove sono venuti e non posso essere lasciato da solo a smaltirli. Non è una cosa primaria, si farà in un secondo momento, ma ci dovrà essere una continuità negli interventi.
Che tipo di aiuti chiedete allo Stato?
Qui abbiamo una persona in mezzo al mare che sta chiedendo aiuto: o gli lanciamo subito un salvagente o dobbiamo esser pronti a raccogliere il cadavere. Proprio per questo all’amministrazione pubblica chiedo venga dato subito un sostegno a chi ha intenzione di rimettere in sesto la propria attività, non fra tre anni. Chi ha un’attività investe di continuo, se arriviamo tra un anno con i sostegni non hanno più senso. Io che ho un’azienda storica, iniziata da mio padre e che sta proseguendo con figli e nipoti, da un punto di vista etico mi spiacerebbe che i nostri sforzi venissero vanificati, ho sempre considerato il lavoro un valore superiore al profitto e non voglio che chi lavora con noi da anni rimanesse a casa.
Rimane però il problema della cura dell’ambiente, di cui finiamo col preoccuparci solo in queste circostanze. Come ci si può prendere cura di un territorio come il vostro?
Dobbiamo dare la possibilità a chi può di salvaguardare l’ambiente: se vedo un albero secco in mezzo al fiume, non devo fargli una fotografia, portarla in comune che poi la gira alla Forestale e solo in seguito questa mi autorizza. È un iter troppo lungo! Se una persona ha tempo sabato perché non lavora di togliere un ramo secco, deve poterlo fare: sembrano piccole cose ma son quelle che ci permettono di tutelare un territorio, altrimenti arriviamo nella situazione attuale dove ci sono tronchi sparsi dappertutto che impediscono il passaggio dell’acqua, fermando altro materiale.
Ognuno deve poter fare la sua parte, insomma.
Questa forma di tutela dev’essere lasciata libera, non selvaggia ma neppure complicata dalla burocrazia perché dobbiamo tenere qualcuno occupato negli uffici. Dobbiamo snellire le procedure, è un problema grosso ed ogni volta che ho sentito parlare di semplificazioni mi sono trovato con procedure più complesse, più documenti da produrre. Semplificare vuol dire togliere, non aumentare le autorizzazioni, le scartoffie.
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