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La bocciatura europea e «l’errore strategico di Di Maio e Salvini»

La procedura di infrazione ha tempi molto lunghi. Ma, come spiega Giulio Sapelli, il governo ha sbagliato ad andare allo scontro con gli eurocrati

Redazione
23/11/2018 - 2:30
Politica
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Che il governo cominci a traballare non è più un mistero per nessuno, come vi abbiamo spiegato ieri. I giornali hanno già cominciato a illustrarci i movimenti sotterranei di truppe e leader in cerca di nuove maggioranze (Pd più M5s o centrodestra più responsabili? Oppure un governo tecnico?). Staremo a vedere con un certo disincanto, anche perché chi è al potere, difficilmente ci rinuncia. Soprattutto in un momento come questo, dove l’alternativa all’attuale esecutivo (ancora) non c’è.

LA MULTA, IL DEFICIT, IL PIL

Però che la situazione sia in movimento è indubbio. La bocciatura della manovra da parte dell’Europa, sebbene ampiamente attesa, ha mosso le acque. Intanto c’è da chiarire il fatto che la procedura d’infrazione invocata per l’Italia è «per deficit eccessivo in relazione alla regola del debito». Dunque, come spiegava ieri Libero,

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«In base al Fiscal compact esistono due tipi di comportamenti scorretti. Uno riguarda il deficit, che deve essere, fin dall’epoca di Maastricht, sotto il 3% del Pil. L’altro il debito, che non può superare il 60% del Pil. Come è evidente, il nostro problema attiene alla seconda fattispecie, avendo l’Italia un buco di bilancio che si aggira sul 130% del Pil. Ma una procedura solo su questo punto avrebbe creato non poche difficoltà agli euroburocrati. Intanto, il rosso dello Stato è una delle poche voci di bilancio che nella manovra spedita a Bruxelles, seppure leggermente, diminuisce da qui al 2021. Poi, c’è la questione degli altri Stati: sanzionando l’Italia la Commissione dovrebbe mettere nel mirino anche mezza Europa, a partire da Spagna e Francia, che hanno debiti vicini al 100% del Pil, fino alla stessa Germania, che, seppure di pochissimo, supera la soglia del 60%.
Tolto il debito, resterebbe il deficit. Peccato che il nostro Paese dal 2011 sia uno dei più virtuosi del Vecchio Continente, con un indebitamento rimasto sempre sotto la soglia del 3% (a differenza di Spagna e Francia, che negli ultimi dieci anni hanno sforato 9 volte) e un avanzo primario (saldo di finanza pubblica al netto degli interessi sul debito) da fare invidia».

MINACCE E REALTÀ

Quindi Bruxelles s’è dovuta inventare una formula mista su deficit e Pil per “minacciare” l’Italia. Ma la strada per arrivare a sanzionare il nostro paese è ancora lunga. È vero che sulla carta potremmo essere obbligati a pagare multe dai 5 ai 9 miliardi o ridurre il debito del 5 per cento l’anno (60 miliardi di euro), ma non ci crede nessuno. Anche perché, prima che si arrivi alla multa, ci sono passaggi (Consiglio europeo, Ecofin, raccomandazioni, controlli, seconde valutazioni) che, per usare un’espressione vernacolare, “allungheranno il brodo all’infinito”.

TATTICA SBAGLIATA

Ciò non significa che la presa di posizione dell’Europa non abbia ripercussioni immediate. Se le sanzioni possono essere rimandate alle calende greche, così non si può dire dei mercati i quali reagiscono subito. Un po’ di prudenza nelle dichiarazioni da parte dei pentaleghisti sarebbe, quindi, auspicabile. Così la pensa, ad esempio, un economista a loro non certamente ostile come Giulio Sapelli, che ieri in un’intervista a Italia Oggi ha detto parecchie cose interessanti.

Le riportiamo di seguito:

Domanda. Professore, l’Unione Europea ha bocciato la nostra manovra, ora si apre la procedura per deficit eccessivo contro l’Italia. Siamo allo scontro finale?

Risposta. C’è una drammatizzazione di quanto sta avvenendo fuori luogo. Se leggessimo El Pais scopriremmo che la comunicazione di Pierre Moscovici è arrivata pure alla Spagna, che ha annunciato un deficit al 2,7%. E loro mica ci aprono i giornali o i tg, relegano la notizia alle pagine di economica.

D. Sta dicendo che la stampa italiana sta ingigantendo la questione?

R. Non me la prendo con i giornalisti, dico però che sarebbe bene attendere le decisioni del Consiglio europeo prima di evocare la fine del mondo. E intanto guardare quello che accade fuori dai confini. L’Italia non è sola, è stata bocciata pure la Spagna, quasi certamente nella stessa situazione ci sarà la Francia, dove il buon Emmanuel Macron ha annunciato un reddito di cittadinanza che somiglia a quello italiano. E arriverà al solito 3% di deficit/Pil. La verità è che in tutti gli altri paesi c’è un’unità nazionale che da noi manca.

D. Anche i mercati ci stanno punendo.

R. È in atto una guerra economica, noi siamo terra di conquista, più siamo deboli meglio è.

D. La strategia del muro contro muro di Salvini e Di Maio con l’Ue è una buona scelta?

R. È una scelta sbagliata, la negoziazione andava fatta con diplomazia, sotto traccia con i nostri rappresentanti a Bruxelles, se ne abbiamo ancora, facendo lavorare in santa pace Tria, Moavero, Savona, gli sherpa… La negoziazione sempre e comunque, prima segretamente e poi pubblicamente. Consiglierei la lettura delle Memorie del cardinale Richelieu.

D. Il governo Lega-M5s sbaglia per inesperienza o è invece una scelta?

R. No, non è inesperienza, è voluto, pensano di vincere contro l’eurocrazia mettendo sul tappeto il peso dei popoli. Ma in questo modo si crea solo il panico tra gli euroburocrati, e si ottengono come risultato dichiarazioni piene di acrimonia, irrigidimenti ancora più massicci.

D. E dunque zero vantaggi?

R. Andando avanti così l’Italia non ne avrà, sta provocando una reazione di incertezza e angoscia a cui la tecnocrazia risponderà con violenza. Se l’obiettivo è rinegoziare i Trattati europei non è così che lo si raggiunge. Occorre aver ben chiari gli obiettivi, ma serve anche la flessibilità di trattare.

D. Il governo e in particolare la Lega contano in un risultato alle prossime elezioni europee che ribalti gli equilibri e che consenta di ammorbidire i rigori dei tecnocrati contro l’Italia.

R. Togliamoci dalla testa che i sovranisti possano vincere. Gli equilibri potranno anche cambiare, ma non è con il muro contro muro che si cambia l’Unione. Questa, lo ripeto, è una linea tattica sbagliata.

Tags: deficitemmanuel macronEuropafiscal compactgiulio sapelliLegalegge finanziariamanovraMovimento 5 Stellepierre moscoviciUnione Europea
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