
Mangiagalli, Scola: «Attraverso la salute, i malati cercano la salvezza»
[internal_video style=”height: 269px; width: 403px; float: left; margin-right: 10px; margin-top: 5px;” vid=24335]«Il dolore e l’esistenza hanno sempre un senso. Sono quindi inaccettabili certi modi di guardare alla vita, per cui si sopporta, dimenticandosi radicalmente il senso dell’umano, la tragedia dell’aborto e la speculazione sul fine vita». Sono le parole dell’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, durante l’omelia nella cappella della clinica Mangiagalli, dedicata ai Santi Innocenti, la cui festa ricorre il 28, ma che il cardinale ha festeggiato mercoledì 21 dicembre. Visitare i malati prima della celebrazione, ha detto Scola, serve all’arcivescovo per capire «che cosa significhi fino in fondo la sua missione, il suo compito e ultimamente dove stia andando lui stesso, nelle vicende della sua vita e nell’apertura alla prospettiva della sua stessa morte».
Il mistero di questa festa, ha proseguito, rivela che il dolore ha un senso: «Il beato don Gnocchi parla di un’arcana confluenza del sangue dell’uomo nel fiume redentore del sangue di Cristo, che scendendo dal Calvario si diffonde nel mondo beneficamente e attraversa la storia. Questo dolore, anche nella sua forma più radicale, ha quindi un senso, è per qualcuno e per qualcosa». Per questo, ha detto, «è inaccettabile che si speculi su come si debba accompagnare alla morte l’anziano, o comunque chi è gravemente o irreversibilmente segnato dal punto di vista umano». Scola ha quindi sottolineato l’urgenza di «riconoscere il rapporto tra l’uomo e Dio come sostanza di ogni essere umano».
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I cristiani possono «affermare con forza quanto san Palo dice nella lettera ai Romani: tutti siamo potentemente sostenuti, amati e destinati ad essere figli nel figlio. Per questo tutto si fa e si deve fare per sconfiggere il male». Allo stesso modo, nel campo della ricerca «l’unica raccomandazione che la Chiesa fa è di non nascondersi dietro una presunta oggettività, non impegnandosi a essere uomini fino in fondo, cioè capaci di rispettare le cose come sono». Dentro questa premessa, la ricerca deve fare «ogni sforzo perché la sofferenza sia il più possibile eliminata, perché il male sia limitato, perché il dolore sia il più possibile superato e contenuto». Perciò, ha concluso l’arcivescovo, «l’augurio per voi e per i malati è di vivere fino in fondo quello che dice san Paolo: la collaborazione del nostro spirito con quello di Dio. Se siamo figli di Dio siamo eredi di Dio e se ci tocca prendere parte alle Sue sofferenze è per partecipare alla Sua gloria».
Alla fine della Messa Scola ha incontrato i membri del consiglio di amministrazione, il cappellano e alcuni operatori, per dire loro che «dentro alle contraddizioni e davanti alla tragedia dell’aborto avete una grande responsabilità: nella domanda di salute spesso si risveglia la domanda di salvezza e di Dio, siete chiamati a stare davanti a questa. È importante sapere che qui ci possa essere la prospettiva della fede, affinché a Gesù sia permesso di venire per svelarci il volto amoroso del Padre e così dare senso alla sofferenza prendendola su di sé».
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