Mahatma ma non troppo. In India i liberal riscrivono la storia di Gandhi

Di Daniele Meloni
04 Febbraio 2023
75 anni dopo la sua morte, l'uomo che più di tutti è identificato con la non-violenza e l’indipendenza del Paese da Londra viene messo in discussione in patria. Come succede in Inghilterra al suo "rivale", Winston Churchill
Gandhi
Badge e immagini commemorative per i 75 anni dall'assassinio di Gandhi, in India (foto Ansa)

Tempi grami per il Mahatma. Se il suo eterno rivale nella storia indiana, Winston Churchill, sta subendo un attacco postumo alle sue intenzioni e alle sue azioni, lo stesso destino è riservato a Gandhi, l’uomo che più di tutti è identificato con l’indipendenza dell’India e la non-violenza come fondamento della sua attività politica.

Nazionalisti indù e sinistra indiana contro Gandhi

A Nuova Delhi le cose sembrano essere cambiate. Gandhi potrà anche avere una statua a Londra in Parliament Square, davanti al Parlamento che ha tanto combattuto per avanzare la sua causa, ma nemmeno lui è profeta in patria. Da quando al governo del paese si è insediato il BJP (Bharatiya Janata Party) del Premier Narendra Modi, l’immagine e il pensiero politico dello storico leader sono stati rivisitati. Rivisitazioni che, curiosamente, uniscono sotto lo stesso tetto i nazionalisti indù sostenitori del governo in carica e la sinistra indiana liberal di tendenza democratica e filo anglosassone.

In primis, si è cominciato con la produzione di uno spettacolo teatrale, Il padre e l’assassino, riproposta nella settimana in cui si commemora il 75esimo anniversario dell’omicidio del Mahatma per mano di Godse, raffigurato, quest’ultimo, come un uomo vulnerabile e un nazionalista indù romantico che si è scagliato contro Gandhi per avere tradito gli indiani con la partizione dell’India a favore dei musulmani. In giro per l’India, nelle aree a maggioranza BJP le statue di Godse, un suprematista indù vicino al movimento di Modi, stanno spuntando come funghi, mentre quelle di Gandhi vengono danneggiate o lasciate all’incuria.

L’immagine stereotipata di Gandhi

I liberal indiani non hanno nulla da dire, e, anzi, contribuiscono anch’essi allo sfregio del ricordo storico del leader. Secondo i progressisti l’immagine di Gandhi è stata, per anni, vittima di una stereotipizzazione che non ci ha mostrato il suo vero volto. L’uso di alcuni suoi celebri aforismi e la diffusione delle sue scelte di vita è stato funzionale a creare un’aureola di santità attorno al Mahatma, ma non ha considerato gli aspetti più controversi di un uomo che, seppure dotato di una “Grande Anima”, era tale in carne e ossa.

La vulgata di revisionismo della sinistra indiana ci descrive Gandhi come un uomo dotato di scarso intelletto, sposo a 13 anni, lontano dalle idee democratiche e, seppure anti-colonialista, del tutto privo di empatia nei confronti degli altri popoli in lotta per l’indipendenza, specie quelle dell’Africa nera. Il suo periodo inglese lo vide circondato da personaggi vicini all’esoterismo e da A.F. Hills, il presidente dei vegetariani londinesi, un’influenza, quest’ultima, che gli trasmise l’idea di un futuro in cui la politica e i suoi conflitti si sarebbero magicamente risolti, e una casta di vegetariani illuminati avrebbe guidato un mondo senza più partiti né sindacati. Materiale che, forse, potrebbe piacere ai progressisti occidentali, ma che ha destato le coscienze dei liberal indiani che si sentono custodi della più numerosa democrazia del mondo (e a quanto pare, non manifestano entusiasmo per il vegetarianesimo).

Il rischio di giudicare il passato con gli occhi del presente

Naturalmente, tutte queste critiche postume si basano su fatti (e parole) reali nella vita di Gandhi, ed è pur vero che, nel corso degli anni, specie in Occidente e nel mondo anglosassone, la sua persona è stata divinizzata oltre modo. Il cinismo della storia raramente lascia spazio a eroi senza macchia. Né gli storici e le istituzioni dovrebbero cercarne.

La costruzione di una identità politica e nazionale condivisa è un processo lungo e difficile, così come lo è la sua decostruzione. Che non può essere fatta a colpi di fiction e di statue abbattute o trasportando nella storia contemporanea personaggi che si sono formati tempo addietro. Ecco perché l’ultimo duello tra Churchill e Gandhi sta finendo in parità: tutti e due ridiscussi, tutti e due vittime di una valutazione che, più che cristallizzata dalla storia, pare essere contraddistinta dalla volontà di collocarli nei giochi politici dell’attualità e del presentismo perenne.

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