
Realismo e centuplo. Il libro di Scola sulla vecchiaia

Ci è stata donata una vera perla dal cardinale Angelo Scola, con il suo ultimo e recentissimo libro Nell’attesa di un nuovo inizio – riflessioni sulla vecchiaia edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Una vera perla, per tanti motivi.
Il primo motivo ci viene offerto dalla prefazione che papa Francesco ha scritto a poco più di due mesi dalla sua morte. Una prefazione intensa ed affettuosa, nella quale traspare, oltre che l’ammirazione di Francesco per la “sensibilità culturale” del cardinale Scola, anche la comunione ecclesiale che legava i due grandi personaggi, accomunati – parole di Francesco – «dalla gratitudine verso Dio amoroso che ci offre vita e speranza in qualunque età del nostro vivere».
Per noi Nonni 2.0, poi, è stato di grande gioia e conforto leggere, sempre nella prefazione, che «la sapienza dei nonni diventa un faro che brilla, rischiara l’incertezza e dà la direzione ai nipoti». Una prefazione per certi versi sorprendente, che ci comunica il vero ”cuore” di chi, nelle varie responsabilità, guida la Chiesa.
Reale significato
Non può non colpire l’estremo realismo con cui l’autore affronta tutti gli aspetti della vita e dell’esperienza dell’anziano. Il cardinale Scola, con l’acume che lo contraddistingue, non tralascia nulla di ciò che caratterizza la “vecchiaia”. Così, viene sottolineato «il plus-valore di una raggiunta maturità umana… il posto centrale dei nonni nell’educazione dei bambini… che l’anziano è colui che sa riparare, rimettere insieme, ridare utilità…».
Prendendo spunto da una bella citazione di san Giovanni Paolo II, il cardinale arriva a scrivere, osando non poco, che «la vecchiaia è davvero un privilegio perché ci dà la possibilità di vedere nel loro reale significato e quindi di intraprendere tutto ciò che la vita continua a offrirci nei diversi ambiti, negli affetti, nelle amicizie, nei giudizi sulla realtà, nello sguardo sul mondo».
Nel contempo, l’autore appare addirittura crudo quando descrive la vecchiaia come un tempo inquieto, caratterizzato dalla «astenia nei rapporti», dalla «in-azione», dalla «caduta del desiderio», dalla «perdita del senso del cosmo e della storia in cui si è immersi», il tutto spesso «nel segno del dolore e della sofferenza». Mi sembra quanto mai necessario questo realismo, su di un tema, quello della vecchiaia, riguardo al quale spesso si sottolinea solo uno dei due aspetti a cui mi sono riferito, cadendo molto facilmente in una sorta di retorica, nella quale si sottolinea solo la persistente capacità di attività dell’anziano oppure, al contrario, solo la sua irrecuperabile fragilità. E quando si fa demagogia non si affrontano mai i veri problemi. Nel nostro caso, invece, siamo aiutati da un sano realismo, tipicamente cattolico.
Essere sinceri con se stessi
C’è un terzo aspetto che mi ha molto colpito e interrogato e anche, in un certo senso, sorpreso nello scritto del cardinale Scola ed è l’estrema sincerità con cui egli esprime il proprio sentire rispetto all’esperienza della vecchiaia e della morte. Arriva a dire, senza mezzi termini, che «la vecchiaia mi è venuta addosso con un’accelerazione improvvisa e per molti aspetti inaspettata» e ci fa capire che la paura della morte non gli è estranea.
Considero un grande dono questa testimonianza di piena autenticità e, ripeto, sincerità nei confronti della propria esperienza personale: un dono perché ci aiuta a capire che il cristianesimo non è una risposta sentimentale alle domande dell’uomo, ma è una proposta che attraversa tutta l’esperienza drammatica che ciascuno di noi vive, qualunque sia la situazione in cui ci troviamo. Pochi hanno il coraggio di partire, nei propri ragionamenti, dalla verità della propria situazione personale. Che l’abbia fatto una persona importante come il cardinale Scola aiuta tutti noi ad essere sinceri innanzi tutto con se stessi e con la situazione che si vive.
Unità tra anima e corpo
Nel libro, infine, possiamo cogliere tutta la vertiginosa profondità del pensiero cattolico sui temi fondamentali e cruciali del dolore, della sofferenza e della morte, che il cardinale Scola guarda in faccia senza veli e, proprio per questo, può indicare nella croce e nella risurrezione di Cristo il senso persuasivo e convincente del loro mistero. Dolore e sofferenza come collaborazione alla redenzione del mondo operata da Gesù e la morte come entrata in un nuovo inizio, dove «non ci aspetta “qualcosa” ma “Qualcuno“» (stupendo finale).
Sincerità per sincerità, devo dire che questo sintetico ma ponderoso libro mi ha aiutato a vedere in modo diverso un aspetto della vita che non mi lascia tranquillo e su cui, ogni tanto, il diavolo cerca di giocarci. Mi riferisco al paragrafo 7, intitolato “Il senso pieno dell’immortalità dell’anima”. Personalmente, non ho problemi su nessuno dei dogmi cattolici, tanto è stata intensa l’esperienza che don Luigi Giussani mi ha invitato a vivere. Il diavolo, ogni tanto, mi tenta sul tema del distacco tra il corpo e l’anima. Ebbene, il libro mi ha aperto una nuova prospettiva, laddove ragiona sul fatto che «esiste un’unità profondissima tra anima e corpo», per cui «quando l’uomo muore svela la natura immortale che gli è propria». Pacificante.
Sia attivi sia fragili
La lettura complessiva del libro è dominata, alla fine, da un richiamo ad una parola centrale dell’intero Vangelo, che è la parola “centuplo”, che Scola definisce come «l’irruzione dell’eterno nel quotidiano». E ciò viene sottolineato nel capitolo intitolato “L’aldilà e il centuplo quaggiù”, nel quale vengono citati il grande don Pigi Bernareggi («Quando invecchiamo il tempo passa più veloce, perché è una caratteristica del tempo essere sostituito dall’eternità») e don Luigi Giussani.
Il percorso effettuato nei 10 capitoli del libro mi ha dato maggiore certezza nel cammino (penso, oramai, breve) che ancora mi è chiesto di percorrere in questo mondo. Mi ha reso ancora più evidente una certezza approfondita nella vita dell’associazione Nonni 2.0 e cioè che fino all’ultimo secondo di vita siamo chiamati a rispondere alla chiamata del Signore, sia che siamo “attivi” sia che siamo “fragili” e ciò ci rende lieti. Anche l’anziano ed il nonno fragili contribuiscono alla salvezza del mondo, offrendo al Signore la propria debolezza. È il grande paradosso del mistero cristiano, che il cardinale Scola ci ripropone senza sconti e con fondata speranza. Infatti, «la domanda di salute è al fondo domanda di salvezza». Un annuncio necessario nel “vecchio” mondo (occidentale) di oggi.

Angelo Scola, Nell’attesa di un nuovo inizio. Riflessioni sulla vecchiaia, Libreria Editrice Vaticana, 80 pagine, 10 euro.
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