Lo stato sprecone non si ripaga con la lotta al sommerso. Lo dicono i numeri

Di Massimo Giardina
19 Gennaio 2013
Le tasse aumentano perché la spesa corrente pubblica è molto più alta media europea. Intervista a Edoardo Narduzzi (Milano Finanza)

«La trappola dell’illiquidità» è il modo con cui l’editorialista di MF – Milanofinanza Edoardo Narduzzi ha spiegato ieri sulle colonne del quotidiano la propensione a non consumare e accantonare la propria liquidità per pagare le maggiori imposte future.
Sempre nella giornata di ieri, il direttore del centro studi di Confcommercio, Mariano Bella, ha espresso in un’intervista radiofonica la preoccupazione che il redditometro possa far nascere un freno psicologico ai consumi a causa delle misure di controllo del fisco. Terzo elemento: i dati negativi pubblicati dall’Istat su fatturato e odinativi dell’industria che mostrano uno scenario non fra i più luminosi.
Edoardo Narduzzi spiega a tempi.it la preoccupazione nel vedere un Pil al -2,5 per cento e una pressione fiscale al 45,3 per cento e in particolare come «i consumatori potrebbero essere influenzati da aspettative fiscali negative. Il problema del redditometro è anche riconducibile al breve tempo in cui è stato applicato: ha disorientato ed è probaile che molti consumatori saranno influenzati e rinvieranno scelte di consumo o, in alcuni casi, non le faranno».

Per l’opinione pubblica, però, è l’evasione fiscale il vero problema.
Alcuni dei messaggi che passano acriticamente sul livello di evasione fiscale sono molto populisti. Da una parte, dobbiamo classificare l’evasione come un elemento negativo e da combattere anche se è discutibile far partire attività di questo tipo in un momento di recessione come quello che stiamo attraversando; sarebbe stato meglio attuarlo in una fase di ripresa e di espansione dell’economia. Dall’altra parte, tutta l’esperienza degli studi di settore dimostra che, dalla loro entrata in vigore nel 2001, la capacità di recupero sulla base imponibile è stata significativa e trasversale. Ci sono ancora alcuni settori che vengono considerati ad alto rischio d’evasione per i quali l’Istat e l’Agenzia delle Entrate stimano la quota di sommerso pari al 15 per cento: valore non molto distante dal tasso registrato dal fisco tedesco per gli stessi settori, ovvero all’8 per cento.

Cosa intende dire?
Voglio dire che non è corretto affermare che in Italia non si è fatto nulla negli ultimi 10 anni per comprimere la forchetta tra reddito percepito e dichiarato. Il problema è che non ci si accontenta mai e persiste la convinzione che dall’evasione fiscale si possa spremere ancora molto. Ma il vero nodo da sciogliere è la spesa corrente: tenere invariato qualsiasi livello di spesa dello Stato recuperando, come se fosse un pozzo senza fine, dall’evasione.

La campagna elettorale è piena di questi slogan.
Si sta vendendo agli elettori una cosa in parte non veritiera, perché non è sbagliato affermare che c’è una parte di evasione, ma non ci sono più i margini che c’erano anni fa. Una parte del sommerso dell’ultimo decennio, grazie a tutti gli strumenti di accertamento, è stata recuperata. Questo non viene detto in modo esplicito ma è quello che risulta dai numeri.

Quindi il problema è il solito Stato “sprecone”?
Noi abbiamo più di 4 punti di Pil destinati alla spesa corrente nel paragone con la Germania. Se pensiamo di poter spendere di più dei tedeschi dobbiamo accettare un prelievo fiscale più alto con tutte le conseguenze che esso comporta perché il concetto che queste spese possano essere coperte dal recupero del sommerso non regge. Dobbiamo ridurre le nostre spese allineandole alle medie europee. Negli ultimi dieci anni abbiamo recuperato base imponibile e tasse, ma non abbiamo tagliato le spese, anzi è aumentata a tassi superiori all’inflazione.

@giardser

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