Luca Botturi (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana) reagisce al saggio di Adriano Fabris sull'ecologia degli ambienti digitali pubblicato su "Lisander", il substack nato dalla collaborazione tra Tempi e Ibl
Mi inserisco nella discussione sull’etica degli ambienti virtuali, iniziata con l’intervento di Adriano Fabris e ripresa dall’ottima sintesi di Vincenzo Ambriola. Mi occupo di educazione digitale dei docenti e degli allievi della scuola dell’obbligo e superiore, e non posso che convenire che lo sviluppo di una dimensione etica sia centrale in questo ambito: non si tratta solo di imparare a usare strumenti digitali (come era con la “patente digitale” del European Computer Driving Licence nata a fine anni Novanta), ma di imparare a usarli bene, cioè per un fine buono. La sfida dell’educazione digitale consiste dunque anche nell’identificare e condividere delle finalità buone che possano orientare l’uso del digitale. Fabris declina poi il lavoro che ci aspetta su tre orizzonti: etica dell’ambiente, etica nell’ambiente, etica fra gli ambienti.
Mi scuso in anticipo, perché non sono filosofo, e il mio intervento prende la prospettiva di chi ha familiarità operativa ed educativa con le tecnologie e la comunicazione. Se condivido l’idea di fondo espressa dai colleghi, trovo che fino a questo punto non siano stati presi in considerazione tre elementi fondamentali, la cui assenza non permette agli argomenti esposti di intercettare la realtà. […]
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