La Corte penale internazionale dell’Aja ha spiccato ieri un mandato d’arresto contro il leader della Libia Muammar Gheddafi. Oltre al Colonnello, i giudici hanno chiesto di arrestare anche il figlio Saif al-Islam e il cognato, nonché capo dei servizi segreti libici, Abdullah al-Senussi, come corresponsabili di crimini contro l’umanità commessi «dal 15 febbraio fino al 28 febbraio almeno».
“Per i giudici dell’Aja, ci sono «motivi ragionevoli» per ritenere che in Libia sia stato «lanciato un attacco contro la popolazione e gli oppositori politici» che ha provocato centinaia di morti e prigionieri, e che «atti inumani» siano stati inflitti ai civili. La brutale repressione ha colpito in particolare Tripoli, Bengasi e Misurata. (…) L’arresto [di Gheddafi] è «necessario» soprattutto per evitare il proseguimento dei crimini” (Avvenire, p. 3).
Saif, anche se non esercita funzioni pubbliche, è stato riconosciuto come «il vero delfino» del rais, la «persona più influente del suo clan», che esercita un controllo importante sull’esercito. Le prove portate dall’accusa sono contenute in un fascicolo di 1.200 pagine raccolte dal procuratore Luis Moreno Ocampo.
”Gheddafi avrebbe ordinato di persona l’uccisione di un numero enorme di civili nelle loro abitazioni o in luoghi pubblici, attraverso bombardamenti con l’artiglieria pesante o l’azione di tiratori scelti. Stragi sarebbero state compiute – ad esempio – nel corso di cerimonie funebri o all’uscita delle moschee. (…) In teoria il Colonnello e i suoi accoliti dovranno ora essere arrestati se si recheranno in uno dei 116 paesi che hanno sottoscritto il Trattato di Roma costitutivo della Cpi (Aja). Il precedente del presidente sudanese Bashir, che più volte si è recato all’estero ed è ancora saldamente al potere a Karthoum, però, non è certo molto incoraggiante” (Avvenire, p. 3).
