Martedì Emmanuel Macron ha ricevuto all’Eliseo il cancelliere austriaco Sebastian Kurz e insieme ad Angela Merkel (Germania), Mark Rutte (Olanda) e i vertici di Bruxelles (Ursula von der Leyen e Charles Michel) hanno gettato le basi per realizzare un piano europeo contro il terrorismo islamico. L’Italia non è stata invitata, segno che forse non era Matteo Salvini il problema dell’irrilevanza nostrana in Europa. Il problema però non è lo sgarbo fatto all’Italia, quanto i contenuti e le misure discusse dai responsabili dei paesi più colpiti dalla piaga del jihadismo.
LA DEBOLEZZA DELL’EUROPA
L’Europa, lo abbiamo scritto più volte, si ritrova sempre più debole e impreparata davanti alla minaccia del terrorismo islamico perché non riesce a capirne le ragioni. E alla base di questa incapacità c’è una malintesa laicità o, come la chiamava Giuliano Ferrara in un editoriale uscito sul Foglio pochi giorni fa, «la religione della laicità».
Da anni, nel nome del relativismo culturale tanto in voga, le società europee si rifiutano di criticare l’islam. Non si tratta, non lo ripeteremo mai abbastanza, di accusare tutti i musulmani per le violenze commesse da pochi terroristi, ma di riconoscere e ammettere la problematicità di quei versetti nel Corano e negli Hadith che incitano alla violenza verso i «miscredenti». Da anni, per non farsi accusare di discriminare i musulmani, l’Europa chiude gli occhi e ne paga le conseguenze, salvo poi prendere misure troppo blande o decisamente errate per contrastare il fenomeno.
SOCIAL E POCO ALTRO
Durante l’incontro di martedì all’Eliseo sono state proposte le solite misure che dimostrano la non comprensione del fenomeno terroristico: Parigi, Vienna e Berlino hanno proposto di «prevenire la radicalizzazione» obbligando i social media a cancellare entro un’ora i contenuti che inneggiano a odio e violenza. Se social e internet giocano senza dubbio un ruolo nella radicalizzazione di tanti giovani, illudersi che i contenuti radicali non siano veicolati anche in molte moschee è una pia illusione.
Macron ha poi sottolineato l’importanza di controllare meglio le frontiere per evitare che tra i clandestini, come nel caso dell’attentatore di Nizza, si nascondano dei terroristi. Se la proposta è condivisibile, non bisogna dimenticare che la maggior parte degli attentatori che hanno funestato l’Europa negli ultimi cinque anni hanno passaporti comunitari. Il terrorista di Vienna, ad esempio, era austriaco a tutti gli effetti. Di temi più spinosi, ma certamente più efficaci, come il controllo o la chiusura delle moschee radicali, la richiesta che gli imam predichino nella lingua locale, la possibilità di togliere la cittadinanza alle persone già radicalizzate con il doppio passaporto, all’Eliseo non si è neanche parlato.
A CESARE SOLO QUEL CHE È DI CESARE
Merkel ha invece sottolineato l’importanza che gli imam in Europa vengano formati «in proprio». Il governo tedesco, ad esempio, ha istituito una Conferenza sull’islam che si occupa della loro formazione. La stessa cosa vorrebbe fare Macron in Francia, ma la sola idea che gli Stati europei vogliano insegnare all’islam che cosa dovrebbe essere l’islam è ridicola. Non solo, è sbagliata: lo Stato infatti deve rimanere laico e non può reinventarsi teologo.
Per far nascere un “islam repubblicano”, come si sente dire spesso in Francia, l’unica via è pretendere che i musulmani rispettino le leggi dello Stato come tutti gli altri cittadini, non insegnare loro un’altra religione. Cesare deve continuare a fare il suo lavoro, senza immischiarsi in quello di Dio. Purtroppo, come spiegato più volte dal grande islamologo Samir Khalil Samir, questo non succede per «buonismo» e la mancanza di controlli e di severità alla fine non fa che «danneggiare i musulmani stessi, che vengono tenuti lontani dall’integrazione da discorsi e pratiche pericolosi».
Lo Stato-teologo cade in errore non solo quando abbandona la laicità per rettificare la religione altrui senza averne l’autorità, ma anche quando oppone all’estremismo islamico un altro fanatismo religioso, quello laicista. È ancora il caso della Francia, che rivendica addirittura un inesistente «diritto alla blasfemia». Così, divinizzando la libertà di espressione, il governo di Macron non fa che aumentare la distanza e il disgusto di tanti musulmani per la Francia. Peggio di uno Stato che vuole insegnare a Dio a fare il suo mestiere, c’è solo uno Stato che si sostituisce a Dio fingendosi ossequioso e neutrale. Fino a quando l’Europa non riscoprirà il vero significato di laicità non vincerà la guerra contro il terrorismo.
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