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La vignetta al posto della croce

Perché Radio Radicale non capisce Giuliano Ferrara che parla dei limiti della laicità moderna. Cosa ci stiamo perdendo

Emanuele Boffi
10/11/2020 - 4:00
Società
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Rassegna stampa di Radio radicale, lunedì 9 novembre 2020, mattina (quella dei radicali è una delle rassegne migliori, una volta la conduceva Massimo Bordin, voce roca, rumore d’accendino e colpi di tosse a ogni piè sospinto). Ad un certo punto, Carlo Romeo, il giornalista al microfono, dice queste parole: «Oggi abbiamo un Giuliano Ferrara in crisi mistica. Io ve lo segnalo, voi leggetelo ma è piuttosto complesso. Se ce la facciamo a leggerlo… anche se non ce la facciamo a capirlo, vediamo di approfondirlo». Romeo legge titolo e catenaccio dell’articolo di Ferrara sul Foglio: “Il diritto alla blasfemia e il conflitto col correttismo. Non avrai altro Dio al di fuori della libertà di espressione, ma se la usi contro il relativismo culturale sei blasfemo, vai punito. Appunti per la bella gente d’Europa e d’occidente e per Biden”. Quindi Romeo riprende a commentare: «Dio sa come passa la domenica Ferrara, perché se scrive questa roba… che è sempre affascinante, intendiamoci, è una grandissima scrittura, ricorda un po’ Scalfari, vaga un po’ nel misticismo quotidiano, però, comunque… è senz’altro da segnalare».

Imagine in piazza

Che Radio radicale non capisca è significativo, ma non sorprendente. Quel che scrive Ferrara a proposito dei recenti avvenimenti in Francia – la decapitazione di Samuel Paty, il barbaro omicidio di tre persone a Nizza – è quel che, si parva licet, tenta di scrivere Tempi ormai da anni e, con maggior insistenza, da quando un commando islamico entrò nella redazione di Charlie Hebdo e nel supermercato ebraico Hypercacher. Quel che cerchiamo di argomentare è un discorso non facile e non immediato per i tempi moderni e cioè che la risposta del mondo occidentale alla furia dei terroristi è un fiacco balbettio, debole e contraddittorio perché si basa su un’idea monca di libertà e di ragione. È per questo che dopo ogni attentato di matrice islamica sul suo suolo, l’europeo dei nostri giorni si rifugia o nella retorica (“siamo tutti Charlie”) o nel sentimento (ve li ricordate quelli che suonavano in piazza Imagine di John Lennon?) o in una rivendicazione francamente stupida della propria originalità (il «diritto alla blasfemia» predicato da Emmanuel Macron).

Fare ridere della verità

Scrive Ferrara:

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«Con asciuttezza di argomenti, e per la verità con troppa facilità, ci siamo precipitati a dire un’ovvietà che consideriamo assoluta. Esiste nei paesi laici il diritto alla blasfemia, l’irrisione di Dio e della sua profezia. Questo diritto è parte di un altro diritto assoluto, la libertà di espressione. Se uccidi Charlie Hebdo, se decapiti Samuel Paty, allora sei un barbaro, di più, sei un miscredente, uno che non accetta la religione civile della libertà, il suo sistema dei diritti, i diritti dell’uomo. Ragionando così in effetti si dice qualcosa che ti permette di negare anche solo la possibilità di una guerra di religione. Lo scontro non è tra differenti “credo”, è tra tutti i “credo” e l’unico che è ammesso, quello della laicità. Non esiste un tuo Dio a fondamento della tua fede o della tua trasformazione della fede in violenza perché non esiste nemmeno il mio Dio, quello che impone di porgere l’altra guancia, di perdonare, di amare».

Appunto, Radio radicale questo discorso non lo capisce, Macron questo livello della questione non vuole prenderlo in considerazione, i nostri commentatori sono spaesati, al pari, spesso, dei nostri preti e dei nostri pastori, anche loro farfuglianti, abituati così come sono a predicare il catechismo delle buone norme di comportamento. Il santo moderno non ha altro credo che quello professato da Guglielmo da Baskerville: «Il compito di chi ama gli uomini è di far ridere della verità, fare ridere la verità, perché l’unica verità è imparare a liberarci della passione insana della verità».

Altri precetti e altri dogmi

Se negli ultimi anni nessuno capisce – con lodevoli eccezioni: dal discorso di Ratisbona di Benedetto XVI in giù, fino al nostro Ferrara che “passa le domeniche a pensare queste cose strane” – è perché Dio e ciò che ne discende (la libertà, la religiosità, la fede, la ragione) sono state accantonate da secoli (Ferrara scrive dalla Rivoluzione francese in poi) dal panorama delle cose ritenute decisive per la vita. Solo che al loro posto il vuoto è stato riempito da altri dei, da un altro senso della libertà, da una nuova religiosità, da nuovi precetti e dogmi, che sono precetti e dogmi tali e quali quelli che hanno voluto sostituire, solo senza riferimento trascendente e per questo meno umani, più freddi e più spietati.

Seguiamo ancora il ragionamento di Ferrara:

«Io oppongo ai tagliagole dell’islam la Rivoluzione francese, che ha progettato la decristianizzazione del mondo, non il Vangelo o il Cristo; e non combatto il Corano o il Profeta ma l’islamismo politico, il jihadismo, il terrorismo infine. La vignetta prende il posto della croce, il martirio è in nome della libertà di espressione o di insegnamento, il sangue dei vignettisti o del buon professore è semen laicorum, il seme della religione della laicità. In sostanza, a meno di non voler essere idolatrici, visto che una vignetta è il regno del relativo e non certo un “credo” assoluto, io difendo la libertà come fosse un Dio ma solo dopo aver tolto di mezzo il mio Dio, dopo averlo parificato a ogni altro Dio e dopo averlo sostituito con la divinizzazione del relativo».

Hanno occhi e non vedono

Dio non è morto, come profetizzava Nietzsche; Dio è stato sostituito con un altro dio con l’iniziale minuscola. Vecchia storia: la Bibbia li chiama idoli e per il salmista «hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono». Ma poiché non si può vivere senza un orientamento o un’indicazione, gli occhi, le bocche e le orecchie di questi idoli sono diventati l’interpretazione che ne danno i più o una parte dei più, o i più influenti all’interno della magmatica e disorientata società moderna, quella che papa Ratzinger diceva dominata dal relativismo.

«La libertà come divinità – scrive ancora Ferrara – genera dunque anche nelle società che si dicono laiche un suo limite, si annulla secondo procedure che hanno qualcosa di casuale ma chiaro: non avrai altro Dio al di fuori della libertà di espressione, ma se la usi contro il relativismo culturale sei blasfemo, vai punito».

Una grande occasione

Radio radicale continuerà a non capire questi discorsi, la maggioranza delle persone continuerà a non capire queste parole, un sacco di sacerdoti continueranno a vergognarsi di pronunciare queste frasi. È un peccato, anche perché, come mostra il laico Ferrara, ci si può arrivare a capirli anche se non si ha il dono delle fede o anche se non si ha una laurea da catholic influencer all’università di Twitter. È un peccato perché, soprattutto, e qui si pensa in particolare modo ai cattolici, questa potrebbe essere una grande occasione per riscoprire chi è quel «Dio rivelato» in cui diciamo di credere:

«La religione della libertà ha i suoi limiti e le sue contraddizioni, se vogliamo il diritto a difendere la blasfemia possiamo in realtà farlo solo se un Dio rivelato mette l’amore al posto della conquista, non c’è un Dio unico che abbraccia cristianesimo e islam».

Foto Ansa

Tags: charlie hebdoemmanuel macrongiuliano ferrararadio radicale
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