Tempi.it ha letto le 268 pagine dell’ordinanza sul cosiddetto “Sistema” che ha portato agli arresti di quattro persone: Ercole Incalza, ex capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture, gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e il collaboratore di Incalza, Sando Pacella. Ducentosessantotto pagine che fanno riferimento a anni di indagine al cui termine il pm aveva chiesto per gli indagati l’associazione a delinquere. Reato che il gip non ha riscontrato, ed è un particolare non da poco di cui tenere conto.
Ebbene, cosa si capisce dopo la lettura? Innanzitutto risulta evidente che al centro degli interessi degli inquirenti vi sia il ministro Lupi. Al di là delle presunte responsabilità di Incalza, tutte da dimostrare, sul ministro di può concludere solo una cosa: non è indagato. Quindi 268 pagine, due anni di indagini, un numero esorbitante di intercettazioni per non raggiungere quello che, almeno come impressione, pare essere l’obiettivo più sensibile dell’inchiesta.
Sui giornali in questi giorni si è parlato di affari con giri di soldi per miliardi di euro («più di 25» scriveva l’altro giorno il Corriere) e di percentuali (cioè tangenti). Ora, dalla lettura dell’ordinanza non si capisce dove sia per Lupi il vantaggio. Le pagine sono piene di intercettazioni tra i collaboratori del ministro il cui tono è, più o meno, questo: «Mi organizzi l’incontro?». Sì, no, dove, come, quando. Quando gli incontri non vanno a buon fine, si ripetono le telefonate. «Allora, quando possiamo vedere il ministro?». Insomma, una cosa emozionante quanto la lettura di un’agenda telefonica. Gli unici momenti che destano dal torpore sono i dialoghi in cui i concorrenti di Perotti si lamentano perché non riescono a ottenere lavori. Lamentele e qualche parolaccia: wow, che “sistema”.
Venendo al dunque la domanda che ci si dovrebbe fare è: ma Lupi che c’entra in tutto questo? Che cosa ci guadagna? Nell’ordinanza emerge una risposta chiara: nulla (e, infatti, non è indagato). Ma soprattutto emerge che, a fronte di un presunto “sistema” di miliardi di euro, di un «sistema di tangenti che infetta il ministero» per dirla con Repubblica, non c’è nulla che riguardi direttamente le tasche del ministro. C’è solo l’ormai famosa storia dell’orologio dato al figlio, un «abito di sartoria» del valore – udite, udite – di 700 euro regalato da tre persone a un collaboratore del ministro, dolci e regali fatti a collaboratori del ministro in prossimità del Natale. Quando, infatti, si arriva al dunque – e siamo a pagina 257 – rispetto ai «favori resi al ministro Lupi e ai suoi familiari» si scopre che tra le presunte utilità per il ministro ci sarebbe anche il fatto che il cosiddetto “uomo di Lupi” avrebbe inoltrato via email il curriculum di un giovane ingegnere ad alcuni imprenditori. Per farvi capire: un neolaureato amico del figlio di Lupi che sogna di andare a fare un’esperienza in Russia chiede un aiuto. Gli invia il suo curriculum. Questi lo inoltra a due imprenditori chiedendo loro se, per caso, possono dargli un’occhiata. Non dice: assumetelo. Dice se, per favore, possono darci un occhio e, se interessati, di valutarlo. L’ordinanza non riporta nemmeno se vi sia stata una risposta, ergo si presume non vi sia stata.
Quindi, riassumendo: un’inchiesta di anni ha portato a scoprire che nel dicastero che gestisce miliardi di euro c’è una “cricca” di persone attorno al ministro che, schifando di mettersi in tasca qualcuno dei milioni di euro che gli passa sotto il naso ogni giorno, a Natale mangia dolci e divide in tre le spese di un abito che si potrebbe acquistare in un supermercato. E che c’è un amico di famiglia che ha fatto un regalo al figlio del ministro in occasione della laurea. Siamo seri, di cosa stiamo parlando?
P.S. Più interessante sarebbe capire come il quotidiano Repubblica abbia potuto scrivere ieri che esistono «due intercettazioni telefoniche che il ministro non conosce ma che fanno parte dell’inchiesta». Perché queste due intercettazioni le conosce Repubblica?
Foto Ansa