
Legge Severino. L’assurdità di una norma che subordina la Costituzione alla prima sentenza che capita

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – In Italia un condannato può candidarsi alle elezioni, sì o no? La domanda è semplice, ma la risposta, ahimé, è più complessa. La legge Severino, approvata il 31 dicembre 2012, dice di no: tant’è vero che è stata applicata con durezza, e perfino con valore retroattivo, nei confronti di Silvio Belusconi. Condannato il 1° agosto 2013 in Cassazione per frode fiscale, il quattro volte premier è stato fatto decadere dal Senato malgrado il reato contestato risalisse agli anni tra il 1995 e il 1998.
È evidente che nei suoi confronti il principio fondante del diritto «nullum crimen et nulla poena sine lege» (nessun reato e nessuna pena se non esiste una legge) è stato allegramente violato, tant’è vero che alla Corte europea dei diritti dell’uomo pende dal 2013 un suo ricorso molto circostanziato. Ma lasciamo da parte il caso Berlusconi, che troppo spesso s’è ingarbugliato in anomalie giudiziarie. Pensiamo a Vincenzo De Luca, il candidato del centrosinistra eletto governatore della Campania. Sindaco Pd di Salerno, in gennaio è stato condannato in primo grado a un anno di reclusione per abuso d’ufficio nei lavori di un termovalorizzatore: aveva nominato un project manager là dove la legge sugli appalti lo vieta. La Severino, per gli amministratori locali, prevede che basti una condanna di primo grado per far scattare incandidabilità e decadenze. Quindi, subito dopo la condanna, De Luca è stato sospeso dal prefetto e dichiarato decaduto.
Ma il sindaco, non per nulla detto “’o sceriffo”, è un tipo combattivo: ha subito fatto ricorso al Tar, ha vinto ed è stato reintegrato. Si è quindi candidato alle elezioni del 31 maggio come governatore della Campania. Il problema è che il 26 maggio, a una settimana dal voto, la Cassazione ha sentenziato che la legge Severino non è competenza dei Tar, solo i tribunali ordinari possono valutare i ricorsi. Quindi, come in un assurdo gioco dell’oca, tutto è tornato indietro di tre caselle: De Luca è nuovamente il condannato di prima del ricorso al Tar e in quanto tale «decaduto di diritto per incandidabilità alle liste regionali». Questo perché la Severino stabilisce all’articolo 8 che nei Consigli regionali chi ha una condanna di primo grado per abuso d’ufficio superiore ai sei mesi decada di diritto. E che, per di più, il procedimento di sospensione sia automatico: «I provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione – si legge – sono comunicati al prefetto del capoluogo della Regione che ne dà immediata comunicazione al presidente del Consiglio dei ministri il quale, sentiti il ministro per gli Affari regionali e il ministro dell’Interno, adotta il provvedimento che accerta la sospensione».
Ora si discute molto sul da farsi. C’è chi dice che il governo debba permettere a De Luca di fare la sua giunta, chi sostiene il contrario. Resta il fatto che la legge Severino non è una norma razionale, è anzi una totale assurdità. Lo è perché l’articolo 27 della Costituzione stabilisce che nessuno è colpevole prima di una condanna definitiva. Ma anche perché un Parlamento che attribuisce a una sentenza penale di primo grado il potere di cancellare una giunta comunale o regionale, ben sapendo quanta strumentalità possa esserci nella giustizia italiana, ha compiuto l’ultimo atto di masochismo autodistruttivo. Basta forse ricordare un dato statistico: in questo Paese, tra primo e secondo grado di giudizio, in media le sentenze si rovesciano nel 55-60 per cento dei casi.
Certo, la legge è una follia, ma intanto il governo non potrà non applicarla a De Luca. Perché, come diceva Diderot, «chiunque si arroga il diritto di non rispettare la legge sbagliata autorizza gli altri a non rispettare quelle valide». Nella speranza che sia vero quel che aggiungeva in tempi più recenti Abramo Lincoln: «Il miglior modo per far abrogare una cattiva legge consiste nel farla applicare rigorosamente».
Foto Ansa
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2 commenti
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la corruzione dei politici che oltre a prendere soldi e vitalizi si fanno delle regole per non essere mai giudicati da nessuno ( come quella favoletta che i cittadini giudicano con il voto) sono delle realtà che i garantisti impunitari come voi si sono sempre rifiutati di prendere sul serio.
Approposito di magistratura, papa Francesco all’ ultima udienza con il CSM ha trirato delle belle legnate alla magistratura ideologizzata e strumento della colonizzazione ideologica.
OCCORRE CHE TEMPI CI FACCIA UN BELL’ ARTICOLO !!!
http://www.acistampa.com/story/papa-francesco-al-csm-autorita-richiamino-a-valori-fondamentali-della-convivenza-umana-0792