Le ombre del sostegno americano all’Ucraina

Di Redazione
07 Ottobre 2022
Due articoli del Times rivelano gli aspetti pericolosi del supporto Usa: da un lato la rabbia dell'amministrazione Biden per l'uccisione di Darya Dugina da parte di Kiev, dall'altro la vendita spesso illegale di armi al governo Zelensky da parte di contractor privati
Un soldato in Ucraina con granate e munizioni

Un soldato in Ucraina con granate e munizioni

Due notizie, entrambe pubblicate dal New York Times, hanno dato negli ultimi giorni un’immagine molto diversa, rispetto a quella veicolata solitamente dai media, del rapporto tra Stati Uniti e Ucraina in merito alla guerra. Washington sostiene politicamente e militarmente Kiev contro Mosca e vuole impedire a Vladimir Putin di ottenere una vittoria calpestando il diritto internazionale. Ma l’amministrazione Biden è spesso scettica, e a tratti irritata, da alcuni comportamenti del governo di Volodymyr Zelensky.

«L’Ucraina ha ucciso Darya Dugina»

Il caso più clamoroso riguarda l’attentato terroristico con cui il 20 agosto è stata assassinata a Mosca Darya Dugina, figlia del filosofo Aleksandr Dugin, fiero sostenitore delle politiche espansioniste del Cremlino. L’omicidio in estate era stato attribuito alla stessa Russia, ma come rivelato al Nyt da alcuni funzionari dell’amministrazione americana l’attentato è stato invece orchestrato da Kiev.

L’operazione «è stata autorizzata da parti del governo ucraino», i quali non avevano informato gli Stati Uniti delle loro intenzioni. Se l’avessero fatto, prosegue la fonte, gli Usa si sarebbero opposti e quando la verità è emersa il governo americano ha protestato con Kiev, intimando all’amministrazione Zelensky di non ripetere più azioni del genere. Non solo infatti, attentati di questo tipo non ottengono alcun vantaggio pratico, spiega Repubblica, ma rischiano di fare infuriare Putin portandolo a prendere decisioni sconsiderate.

Come scrive Fausto Biloslavo sul Giornale, «sembra quasi che le avanzate ucraine sul campo preoccupino gli americani, per un eventuale reazione spropositata, ovvero nucleare di Mosca. Oppure che fossero stati concordati determinati obiettivi, ma che l’esercito di Kiev ringalluzzito dalla vittorie continui ad avanzare esponendosi troppo».

Il mercato nero delle armi a Kiev

La rivelazione del Nyt non mette in alcun modo in dubbio il sostegno americano all’Ucraina: 24 ore prima della pubblicazione dell’articolo Washington ha approvato una nuova fornitura di armi da 625 milioni di dollari. Ma come rivelato ancora dal Times, in alcuni casi il sostegno militare a Kiev da parte dell’amministrazione Biden è stato sconsiderato.

Il riferimento non è alle forniture ufficiali di armi che il governo americano garantisce. Ma a quelle che permette e incoraggia da parte di intermediari privati. Il quotidiano, documenti alla mano, ha svelato in particolare il tentativo da parte di due cittadini privati residenti negli Stati Uniti, Martin Zlatev e Heather Gjorgjievski, di vendere 30 milioni di dollari di razzi, missili, lanciagranate e munizioni a Kiev. Il 7 per cento dell’intera somma, circa due milioni di dollari, sarebbe rimasta in tasca ai due individui.

Le armi, in parte americane, sarebbero state fabbricate per la maggior parte in Bulgaria e Bosnia, paesi che vietano esportazioni di armi in Ucraina, e portate a Kiev attraverso la Polonia. Altre sarebbero transitate invece su camion attraverso Croazia, Slovenia, Austria, Slovacchia e Polonia. Il tutto con il coinvolgimento di numerosi e pericolosi intermediari. Per permettere l’acquisto di armi e il loro transito anche in paesi vietati, i due americani avevano falsificato i documenti riuscendo in ogni caso a farsi approvare la compravendita da Washington.

Il gioco degli Stati Uniti è rischioso

Il rischio, spiegano gli esperti interpellati dal Nyt, è che ciascuno degli intermediari nell’affare possa far sparire parte delle armi per rivenderle a gruppi terroristici o al miglior offerente. Solo nei primi quattro mesi dell’anno, il Dipartimento di Stato a stelle e strisce ha autorizzato 300 milioni di dollari di forniture di armi da parte di privati americani a Kiev, contro i 15 milioni dell’intero 2021. Se normalmente ogni affare di questo tipo richiede settimane o mesi per essere approvato, l’amministrazione Biden ha dato l’ok a contratti come quello di Zlatev e Gjorgjievski nel giro di «poche ore».

«Al Dipartimento di Stato americano dovrebbe risuonare un campanello d’allarme», commenta Jodi Vittori, professore della Georgetown University che studia il commercio di armi. Non solo per il rischio che le armi finiscano nelle mani sbagliate, ma anche perché i prezzi richiesti dai privati sono esorbitanti rispetto al reale valore della fornitura e «a perderci è una nazione nel bel mezzo di una guerra».

Inoltre, una volta terminato il conflitto, l’Ucraina potrebbe diventare un hub per la compravendita illegale di armi: «Come ai tempi della Guerra Fredda Kiev sarebbe un grande mercato nero», spiega Elias Yousif, ricercatore del Stimson Center. E molte di queste armi potrebbero finire nelle mani dei nemici di Europa e Stati Uniti. Anche per questo Biden dovrebbe stare attento al modo in cui fornisce sostegno a Kiev.

Foto Ansa

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