Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – La scritta tutta in maiuscolo, “CONFIDENTIAL”, spicca sui sei dispacci inviati via telex tra il 27 luglio 1992 e il 21 aprile 1995. A spedirli a Washington sono Peter Semler, console statunitense a Milano nei primissimi anni Novanta, e l’ambasciatore Reginald Bartholomew. Frutto delle ricerche di Andrea Spiri, docente di Teoria e storia dei movimenti e dei partiti politici alla Luiss di Roma, che li ha recuperati al dipartimento di Stato americano dopo la loro declassificazione, i sei report inediti che Tempi ha potuto consultare sono una goccia nel mare dei resoconti che segretamente correvano tra le due sponde dell’oceano nell’era di Mani pulite, e raccontano quanto minuziosa fosse l’attenzione dei terminali statunitensi in Italia sull’artefice di quella stagione: Antonio Di Pietro.
Interessante anche il documento datato 20 dicembre 1993. Semler riferisce sul trattamento stranamente «soft» riservato da Di Pietro in aula a Bettino Craxi, il segretario del Psi chiamato a testimoniare nel processo milanese sui finanziamenti illeciti versati a tutti i partiti per l’affaire Enimont. Il console sottolinea quanto gli italiani siano rimasti stupiti dalla «gentilezza» usata dal pm con il teste, cui ha riservato un trattamento ben diverso da quello con cui ha accolto il segretario della Dc Arnaldo Forlani. «I nostri contatti – aggiunge Semler – dicono che Di Pietro abbia l’intenzione di usare Craxi in un’indagine ad alto livello sui vertici del Pci-Pds: un’inchiesta che potrebbe avere seri effetti sulla campagna elettorale in cui il Pds avrà un ruolo guida». Conclude Semler: «Se ne ha le prove, siamo certi che Craxi non esiterà a distruggere i suoi vecchi alleati di sinistra».
Infine, il 21 aprile 1995 è Bartholomew a scrivere. L’ambasciatore analizza l’inchiesta aperta a Brescia contro Di Pietro, da quattro mesi uscito dalla magistratura. «Fino a tre settimane fa era un eroe nazionale e sembrava puntare alla leadership politica italiana. Ora l’inchiesta bresciana ha cambiato tutto (…) Tre settimane fa ha detto: “Mi stanno uccidendo con le polemiche”».
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