L’autocritica repubblicana dopo la vittoria di Obama: riconquistare il voto degli ispanici
«Il risultato di queste elezioni è che dobbiamo impegnarci con ancor più energia e impegno non solo in politica ma nella nostra vita quotidiana per far si che i valori su cui il nostro paese è prosperato possano continuare a vivere». Sono le parole, successive alla vittoria di Obama, di Rick Santorum, il politico repubblicano che rischiava di soffiare il posto a Mitt Romney nella corsa presidenziale.
RIPARTIRE DAL BASSO. Dopo la vittoria di Obama, il dato più commentato è stato quello relativo alla posizione del Gop sull’immigrazione che ha contribuito a spostare a sinistra il voto degli ispanici. Santorum ha chiarito che gli immigrati, anche quelli ispanici vicini per tradizione ai valori della vita e della famiglia, non possono essere dimenticati: «Dobbiamo concentrarci di più sull’educazione (…) invece che aspettare che il governo risolva i nostri problemi, dobbiamo amare i nostri vicini e far leva sull’aiuto reciproco nelle nostre comunità, nelle chiese, nelle scuole e nelle istituzioni locali», perché «questi sono i luoghi attraverso cui ciascuno di noi può influire».
Altri repubblicani si sono resi conto della necessità di guardare alla crescente popolazione ispanica. Ron Kaufman, stratega esperto e consigliere di Romney, ha parlato della necessità di «cambiare toni per spiegare più a fondo l’opposizione a certe istanze senza apparire intolleranti». Altri repubblicani, davanti all’uso che Obama ha saputo fare dei media, si sono chiesti come muoversi in tal senso.
L’ANALISI DI UN’ISPANICA. Ma l’analisi più approfondita sull’ago della bilancia ispanico è quella di Rachel Campos Duffy, ispano-americana madre di sei figli e collaboratrice dell’American Spectator. Secondo la Campos i risultati del voto dei latinos sono la punta di un disagio che «gli ispanici conservatori hanno cercato di spiegare alla leadership per molti anni ottenendo una risposta nulla o minima». E ora che Obama ha aperto le frontiere a più ispanici di quanto abbia mai saputo fare alcun presidente, «pensano che lui sia interessato a loro». Questa convinzione, però, sarebbe dovuta più alla retorica obamiana che alla sostanza. Sia perché gli ispanici sono scappati proprio dallo statalismo che il presidente sta portando in America, sia perché il sistema scolastico pubblico ha fallito nell’educazione dei loro figli. Un sistema mortificato dai programmi introdotti dai sindacati degli insegnanti sostenuti dai democratici. Al contrario, sottolinea la Campos, «il governatore Mitt Romney si è impegnato in una reale riforma scolastica per la libertà di scelta della scuola con la promessa di introdurre il voucher a livello federale, mentre Obama si è opposto».
LE NUOVE GENERAZIONI DEI LATINOS. Molti si sono chiesti come mai un elettorato così legato alle proprie tradizioni abbia potuto sposare un programma radicale come quello del presidente. La Campos spiega che non si deve sottovalutare il fatto che il 70 per cento dei latinos ha votato Obama, anche se meno della metà è andata a votare e in una percentuale minore rispetto alle elezioni precedenti. Se infatti gli ispanici sono «conservatori, pro-life e a favore del matrimonio naturale, sfortunatamente le comunità in cui vivono sono piene di attivisti liberal: i sindacati dei lavoratori del settore agricolo e dei servizi, gli erogatori di servizi sociali e i gruppi latinos più radicali, come La Raza, Lulac e Mecha». Ma la svolta elettorale si giustifica anche guardando alle nuove generazioni: «I loro curriculum scolastici tacciono o sono ostili ai Padri fondatori, alla Costituzione» e hanno tutti «una comune ideologia e affinità verso un governo pesante e centralizzato». Così i figli degli ispanici si starebbero secolarizzando. La Campos spiega che anche i cattolici che frequentano la Chiesa spesso non sono immuni dall’ideologia liberal predicata da molti sacerdoti legati alla teologia della liberazione.
RIFLETTORI SU MARCO RUBIO. Campos sottolinea quindi il vero errore dei repubblicani: «Abbiamo effettivamente ceduto le comunità ispaniche e la cultura che le circonda alla sinistra. Semplicemente non ci siamo». Per l’opinionista la ragione sta nella ricerca di soluzioni a breve termine per cui non si sono mai intrapresi piani efficaci di intervento, come l’apertura delle scuole non pubbliche tramite i voucher, come il rafforzamento economico di certe zone e l’agevolazione delle piccole attività commerciali. Serve quindi «un’educazione sulle libertà americane, sulla libertà economica, implementando i corsi di lingua e costituzionali», come quelli online «che hanno già seguito milioni di persone».
La Campos punta infine l’attenzione sui media in lingua spagnola, fino ad ora lasciati in mano alla cultura socialista, affinché siano legati ai network pro-life che sostengono i principi americani comuni a quelli degli ispanici, perché «nell’intento di promuovere con zelo i vantaggi economici dei nostri principi, non dobbiamo indietreggiare sulle istanze sociali. Quando sottolineiamo la nostra convinzione sull’aborto e la famiglia mettiamo in luce l’agenda radicale della sinistra, sconosciuta e antitetica ai valori ispanici».
Si capisce perché molti nel partito ora guardano con più interesse a Marco Rubio, il 41enne ispanico scartato come vicepresidente di Romney al posto di Paul Ryan. «Nei prossimi anni – ha scritto Rubio – mi assumo l’impegno di stabilire politiche giuste in modo da aiutare chi cerca un lavoro migliore per aiutare la propria famiglia e costruire un futuro. Tutti i repubblicani dovrebbero mettere al centro della loro politica questo punto». Ci vorrà tempo, ha scritto la Campos, «ma non sbagliamoci, possiamo farcela».
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gli ispanici non fuggono solo dallo statalismo ma anche dalla miseria e forse hanno creduto che una sanità per tutti sia il miglior aiuto per una famiglia di immigrati. le diverse etnie portano anche diverse visioni della società.