La supercazzola di Elly Schlein sull’«autonomia strategica dell’Europa nella Nato»

Di Rodolfo Casadei
05 Giugno 2024
Perché su questo pianeta l’ultimo proclama elettorale della segretaria del Pd è puro nonsense. E non è che acquisti consistenza solo perché ne parlano anche Macron o la Von der Leyen
La segretaria del Pd Elly Schlein
La segretaria del Pd Elly Schlein (foto Ansa)

«Adoriamo i ghiaccioli bollenti». «Voglio essere il miglior portiere della serie A, e anche il capocannoniere». «Ebbe una tranquilla vita piena di guai». Nessuna di queste frasi contradditorie e insensate batte l’ultima dichiarazione pubblica di Elly Schlein, abbonata classe premium alle supercazzole: «Vogliamo l’autonomia strategica dell’Unione Europea nella Nato». In campagna elettorale e per di più trovandosi all’opposizione del governo in carica è normale fare demagogia e chiedere cose impossibili, tipo portare per legge la spesa sanitaria pubblica al 7,5 per cento del Pil.

Ha scritto al riguardo Stefano Simonetti sul Sole 24 Ore: «È del tutto ovvio che definire le coperture finanziarie necessarie per arrivare al 7,5 per cento del Pil è impresa colossale e non può che ipotizzare strumenti finanziari tanto generici quanto aleatori. Si devono trovare anno dopo anno fino al 2028 risorse per 4, 8, 12, 16 e 20 miliardi, tenuto conto delle previsioni di crescita del Pil. Nel secondo comma questa criptica affermazione viene spiegata come “a valere sulle maggiori risorse derivanti dalla crescita economica”. Ma, a seguire, si prevede anche lo strumento alternativo qualora la crescita non sia come da previsioni e allora si ricorre a “meccanismi e misure aggiuntive di contrasto dell’evasione ed elusione fiscale e contributiva”: nulla di più generico e, onestamente, irreale».

Il fondamento delle alleanze militari, lo scopo della Nato

Anche l’autonomia strategica dell’Unione Europea entro la Nato è impossibile, ma prima di essere impossibile è intimamente contraddittoria. Un’alleanza militare fra Stati si fonda su un’opzione strategica: i primi tre trattati della Triplice Alleanza fra Germania, Italia e Austria-Ungheria avevano lo scopo di isolare la Francia, il Patto Tripartito fra Germania nazista, Italia fascista e Giappone imperiale stabiliva le rispettive sfere di influenza in Europa e in Asia delle tre potenze, la Nato è stata creata per contenere la minaccia sovietica in Europa.

Sciolti l’Unione Sovietica e il Patto di Varsavia, oggi la Nato continua ad esistere come alleanza politico-militare che mira a ridurre progressivamente l’area di influenza della Federazione Russa in Europa e a contrastare i suoi tentativi di contrattacco. La prima azione è stata condotta fra il 1994 (decisione di allargare la Nato a paesi europei che avevano fatto parte del Patto di Varsavia) e il 2020 (ingresso della Macedonia del Nord nell’alleanza), la seconda fra il 2014 (data delle prime operazioni militare russe nel Donbass e dell’occupazione della Crimea) ed oggi (invasione russa dell’Ucraina). I paesi che partecipano alla Nato condividono, almeno formalmente (quest’ultimo è attualmente il caso di Ungheria e Slovacchia), questi obiettivi strategici e la loro priorità rispetto ad altri.

L’azionista di maggioranza della Nato

Se uno degli attuali 32 paesi facenti parte della Nato rivendicasse la sua “autonomia strategica”, cioè la sua libertà di definire autonomamente le proprie priorità strategiche, creerebbe con ciò stesso uno stato di tensione con la Nato nel suo complesso. A maggior ragione se a farlo fosse l’Unione Europea.

Com’è noto, l’azionista di maggioranza e principale decisore delle scelte strategiche della Nato sono gli Stati Uniti, che da soli rappresentano il 68 per cento di tutta la spesa militare dei paesi dell’alleanza: evidentemente l’orientamento strategico della stessa risponde ai loro interessi. Gli Stati Uniti possono tollerare un’Ungheria o una Slovacchia non perfettamente in linea, affinché non decidano di passare “dall’altra parte”, ma certamente non tollererebbero un’Unione Europea che su un tema importante (Ucraina, Israele/Palestina, Cina) cercasse di spostare l’asse della Nato, in nome della propria autonomia strategica, su politiche diverse da quelle approvate a Washington.

I precedenti di Michel, Von der Leyen, Macron

Certo, non è stata la Schlein a inventare l’espressione “autonomia strategica dell’Europa” (nel senso di Unione Europea): Emmanuel Macron, Ursula von der Leyen, Charles Michel in questi anni se ne sono riempita la bocca. Ciascuno di loro pro domo sua: Michel è belga, e i piccoli paesi come il Belgio vedono nell’Unione Europea un moltiplicatore della loro importanza sul piano internazionale, perciò qualunque slogan che suoni come enfasi del progetto comunitario, per quanto distante dalla realtà, merita di essere promosso. La Germania della Von der Leyen ha usato l’autonomia strategica europea come lo scudo dietro cui proteggere i propri rapporti speciali con la Russia (in materia di energia a buon mercato) e con la Cina (in materia di merci a basso prezzo e flussi finanziari). Macron maneggia l’espressione con grande disinvoltura e con segreta impazienza: è il sesamo che permetterebbe all’industria militare francese di diventare egemone in Europa.

Ricordiamoci sempre quel commento apparso sul Financial Times dopo il discorso alla Sorbona del 25 aprile scorso: «Nel complesso, Macron non ha dissipato la percezione che le sue iniziative siano progettate principalmente per rafforzare gli interessi militar-industriali della Francia e per sostenere l’influenza in declino di una potenza di medie dimensioni in decadenza».

Gli interessi in conflitto degli Stati europei

Commento che introduce una seconda, sostanziosa questione irresolubile: l’autonomia strategica dell’Unione Europea sottintende che esista un forte interesse strategico comune a tutti i 27 paesi che attualmente fanno parte dell’Unione. Anche questo è molto lontano dalla realtà. Si sente spesso dire: “In un mondo di giganti, Cina, America, Russia, i singoli paesi europei non possono competere; per forza bisogna unirsi”. Questo discorso ha qualcosa a che fare con rinnovate velleità di potenza, ma molto poco con l’esistenza di un interesse strategico comune.

Mentre esistono interessi in conflitto fra loro. Basta ricordare l’atteggiamento della Francia in Libia e nel Sahel. Pur di indebolire Italia e Turchia, considerate rivali per l’egemonia nel Mediterraneo, Parigi per lungo tempo ha appoggiato Haftar e le forze di Bengasi contro il governo di Tripoli, che è poi quello riconosciuto da tutti i paesi dell’Unione Europea e dalla comunità internazionale.

Nell’Africa saheliana i francesi hanno invocato più volte la partecipazione dell’Unione Europea o dei singoli paesi membri alle sue operazioni militari antijihadiste e di stabilizzazione dei governi locali, ma sempre in un’ottica di suppletivi dell’esercito francese, di ascari bianchi. Perché il Sahel doveva restare area di influenza della Francia, condizione della sua grandeur come media potenza. In Niger l’Italia dovette sudare le proverbiali sette camicie per poter avviare la sua operazione di assistenza al controllo delle frontiere. Oggi, di fronte alla progressiva russificazione della regione, Parigi piange sul latte versato.

E se la Nato dovesse venire meno?

La Nato, piaccia o non piaccia, resterà l’ambito strategico di riferimento per i paesi della Unione Europa finché gli Stati Uniti avranno la forza per giocare la loro partita egemonica sul piano mondiale; e nell’ipotesi che tale forza dovesse venire meno (per decisione o per crisi sistemica americana), il suo posto verrebbe preso dall’autonomia strategica dei singoli Stati europei o di costellazioni di Stati europei (per esempio la Germania e i paesi frugali), non certo da una fantomatica autonomia strategica europea.

Forse è per questo che il Pd può permettersi di candidare alle elezioni europee esponenti favorevoli alla Nato (Elisabetta Gualmini e Mercedes Bresso), candidati favorevoli alla sua abolizione (Marco Tarquinio e Cecilia Strada) e una segretaria del partito che col rigore logico che ricorda certi personaggi di Alice nel paese delle meraviglie ripete convinta: «Vogliamo l’autonomia strategica dell’Unione Europea nella Nato!».

@RodolfoCasadei

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